Capitolo Diciotto

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La settimana mi aveva stremata, ma mancavano solo pochi giorni alle gare di preselezione e non avevo alcuna intenzione di mollare la presa.

Come sempre ero rimasta da sola negli spogliatoi e stavo facendo una doccia lunga e rilassante. Lasciavo che l'acqua calda scorresse sui miei muscoli doloranti.

Quando chiusi l'acqua sentii un rumore e un sorriso sornione apparve sulle mie labbra, insieme a esso una fitta al basso ventre. Avevo immaginato tante di quelle cose da fare con Damiano in quello spogliatoio, in quelle docce, che non ci sarebbe bastato un solo giorno per realizzarle tutte.

Uscii prendendo l'accappatoio e lo indossai, alzando il cappuccio sopra i capelli bagnati, ma non mi affrettai a chiuderlo con la cintura, lo lasciai aperto, mettendo in bella mostra il mio corpo nudo.

Con passi lenti e sinuosi percorsi i pochi metri che dividevano le docce dagli armadietti. Quando finalmente arrivai, alzai lo sguardo sempre con il sorrisetto stampato in faccia.

Capelli troppo biondi, niente tatuaggi, niente anelli. E così il sorriso morì sulle labbra mentre Nicolò mi osservava appoggiato con la schiena al mio armadietto, le braccia incrociate sul petto ampio, sul viso un'espressione da cane bastonato.

Cosa cazzo di fa qui?

Osservò tutto il mio corpo e poi, fingendosi casto e puro, distolse lo sguardo. «Scusami...» si affrettò a dire.

«Avrei notato che sei nello spogliatoio delle donne, come credevi di trovarmi?» Mi affrettai a chiudere l'accappatoio e cercai di mostrare in ogni parola tutto il mio fastidio. «Con il collo alto e la gonna sotto le ginocchia?»

Lui non rispose alla provocazione. «Volevo parlarti.»

E sai cosa cazzo me ne frega?

Mi avvicinai di qualche passo. «Credevo di averti detto di non incrociare neanche più il mio sguardo.» Anche io incrociai le braccia al petto, mentre lui sciolse le sue e le fece ricadere lungo i fianchi. Avanzò di un passo e rimasi ferma anche se una vocina nella mia testa mi suggerì di indietreggiare.

«Mi dispiace...» tentennò e fece un altro passo, non riusciva neanche a guardarmi negli occhi. «Non volevo che tra di noi finisse così, avevo dei progetti per noi e io...» ancora un pausa a effetto, come un grande attore. «Non avrei dovuto colpirti, non so cosa mi abbia preso.»

Lo osservai per alcuni istanti rimanendo in silenzio. Nulla di quello che aveva detto e che avrebbe potuto dire avrebbe cambiato la mia opinione su di lui. Era uno di quei ragazzi che aveva tutto dalla vita, mai nessun problema vero, ma nonostante ciò aveva una rabbia dentro che nascondeva fin troppo bene, ed era quella che doveva accendere i capannelli d'allarme. Non si perdona uno schiaffo, non si perdona la violenza. Mai. Sapevo che non era così semplice, ma io avevo una grande fortuna in quel caso: non provavo nulla per Nicolò. Per questo allontanarlo era stato così facile.

«Se hai finito, dovrei cambiarmi e andare a casa.» Avanzai verso il mio borsone, cercando di ignorarlo, magari così si sarebbe tolto dalle palle.

«Perché non hai detto alla tua migliore amica che ci eravamo lasciati?» chiese all'improvviso avvicinandosi di più a me.

Pochi metri ci dividevano, riuscivo a sentire il calore del suo corpo e ancora il mio istinto mi suggerì di allontanarmi, ma rimasi ferma a rovistare nel borsone alla ricerca dei miei vestiti.

«Ti posso assicurare che Arianna sa che non stiamo più insieme, e ringrazia il Calderone che non ti sia venuta a prendere a pugni anche lei.»

«Il calderone?» domandò confuso.

Sorrisi tra me e me, ogni tanto dovevo ricordare a me stessa che non tutto l'universo, aimè, aveva letto Sarah J Mass.

«Lascia perdere.» Feci un gesto stizzito con la mano e lui mi afferrò il polso.

Coraline Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora