Prologo

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Cammina per quello stretto vicoletto senza un punto di riferimento, i suoni le arrivano ovattati alle orecchie. Ha gli occhi pieni di lacrime e le mani appiccicose che spinge forte sul collo. Respira forte e si appoggia alla parete di cemento, come a voler riprendersi da una corsa folle, nonostante abbia camminato solo per una decina di metri, quelli che separano il portoncino di casa sua dall'imbocco sulla via principale. Il via vai di gente sul corso quella mattina sembra essersi moltiplicato rispetto al solito. Ad Anna pare mancare il fiato ma forse è la ferita al collo, il dolore misto al panico, che le impediscono di respirare regolarmente. Ricomincia a camminare, nella speranza che qualcuno la noti, e così succede.

Anna, poche ore prima dell'arresto.

Quella mattina si sveglia con un brivido lungo la schiena. Si stropiccia gli occhi e si rende conto di aver dimenticato nuovamente le finestre aperte. Le persiane chiuse impediscono alla luce di entrare nella sua stanzetta ma sa già che quella sarà una giornata umida e nuvolosa.

Si alza stiracchiandosi un po e cercando con una mano di cancellare dal suo volto stanco il sonno ed i segni del cuscino. La macchinetta del caffè è sul fuoco ed il suo profumo aleggia già per la casa quando sente un paio di colpi sulla porta. Afferra la vestaglia dalla sedia in cucina e si dirige verso la porta. Sbricia dallo spioncino e sospira. Un'angoscia l'assale. Potrebbe silenziosamente tornare in cucina, far finta di non essere in casa, o di star ancora dormendo. Chi è dietro quella porta conosce però le sue abitudini, conosce il suo passo leggero e sa che Anna non avrebbe mai il coraggio di lasciarla chiusa, di farsi aspettare. Non da lui. La ragazza, sospira flebilmente e con timore abbassa la maniglia. Davanti a lei c'è Carlo, in divisa e con un cipiglio infastidito sul volto. Anna sorride flebilmente e si scosta di lato per farlo entrare. "Perché c'hai messo così tanto? Nun teng tiemp a perdr.." Dice con tono scocciato alla ragazza. Le afferra il volto fra le mani con possessione e le stampa un bacio. Raggiunge la cucina lasciandola lì sulla porta che lei chiude silenziosamente.

Anna e Carlo si erano conosciuti ad una serata fuori i baretti. Lui in borghese, si era avvicinato a lei ed alle sue amiche. Avevano iniziato a chiacchierare, lui pareva essere più interessato a Chiara, una sua cara amica, piuttosto che a lei. Infondo, pensava all'epoca, uno come lui cosa avrebbe mai potuto volere da una come lei?! Si era sempre sentita inferiore, mai all'altezza. Questo la spingeva ad allontanare le persone, per paura che queste prima o poi l'avrebbero abbandonata. L'abbandono, quello che nella sua vita era stato costante, sin dal suo concepimento. Una storia forse un po come le altre, la sua. La madre, abbandonata dal fidanzato per quella gravidanza così inaspettata e non voluta, l'aveva cresciuta per quel che poteva. Poi una sera, quando la bambina aveva da poco compiuto i 6 anni, l'aveva lasciata con sua nonna, vedova e sola, e non era più tornata. Nonna Carmela era morta qualche anno prima e nessuno si era mai preoccupato di Anna, completamente sola e senza alcun familiare intorno. Alle sue compagne di scuola, con cui usciva qualche volta la sera, aveva raccontato che sua madre viaggiava per lavoro, che raggiungeva spesso suo padre a Milano. Ne raccontava così tante di bugie, pure a se stessa, che a volte dimenticava persino quale fosse la verità. Quando il sabato sera successivo al primo incontro, lei e le sue amiche si erano dirette nuovamente nei quartieri e poi ai baretti, avevano ritrovato il poliziotto in compagnia di un altro paio di ragazzi. Qualche chiacchiera, un paio di drink e poi lo scambio dei numeri di cellulare. Quella sera era iniziato tutto. La loro amicizia si era presto tramutata in qualcosa di più. Anna aveva imparato ad apprezzare ed amare quelle attenzioni spesso un pò eccessive ma che la facevano sentire speciale. Si conoscevano da poco ma Carlo si era infilato nella sua vita, nella sua quotidianità e sembrava ci si fosse messo comodo. I baci e le carezze si erano velocemente tramutate in schiaffati dati inizialmente come gioco, ma poi diventati spintoni e insulti. Anna non aveva mai avuto alcun tipo di relazione, con lui si sentiva in un qualche modo, probabilmente malato, al sicuro. Pensava, nessuno l'aveva mai valuta prima di lui e come lui la desiderava, e nessuno, se non lui, l'avrebbe fatto. Giustificava quella violenza, affibbiandone il nome di passione e questo suo negare l'evidenza, l'aveva allontanata anche da quelle poche amicizie che negli anni aveva riuscito a costruire. Un pò per la paura che queste potessero farle domande sui segni che Carlo aveva cominciato a lasciarle sulla pelle, un po perché questi aveva cominciato un gioco sadico che consisteva nell'umiliarla e ripeterle continuamente che quelle ragazze uscivano con lei per pietà e che alle sue spalle la deridevano continuamente. Anna si era trovata completamente isolata dal mondo.

Un'altra possibilità - Mare FuoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora