𝐏𝐑𝐎𝐅𝐎𝐍𝐃𝐎, 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐈𝐋 𝐌𝐀𝐑𝐄

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Molti dicono che l'adolescenza sia una fase unica ed irripetibile della nostra vita: la fine della scuola media e l'inizio del liceo, i timori e le aspettative di nuove amicizie, le ansie prima delle verifiche o delle interrogazioni, le feste, le cazzate che contraddistinguono la spensieratezza e un po' anche la superficialità di quest'età ─ come saltare scuola oppure prendere e andare chissà dove con gli amici senza dire niente a nessuno ─, i primi amori e ovviamente le tante, troppe, insicurezze.
Dovrei vivere questa mia età in modo spensierato e leggero, eppure...

Mi capita spesso di incontrare, anche casualmente, diverse persone, amici e colleghi di lavoro dei miei genitori, vecchi compagni delle medie o semplici conoscenti, e ognuno di loro, nel vedermi, butta lì quella solita, banale domanda di circostanza "Come stai? Stai bene?", oppure, guardandomi con aria falsamente interessata, mi ha detto: ─ Non ti fai sentire più! Ma è successo qualcosa?

Sono sempre stata una ragazza difficile, secondo molti ─ che, in fondo, un po' di ragione ce l'hanno ─ un tantino sgangherata, problematica e facilmente insofferente e, così, già a quella prima domanda, apparentemente innocente, inizio subito a sbottare, ad abbassare gli occhi o a guardare altrove. In realtà, lo so bene, mi sembra che anche solo da una semplice risposta, data magari con voce un po' incrinata o con un tono incerto, si possano intuire le mie debolezze. E allora, mi viene in aiuto quella maschera di indifferenza che così bene riesce a proteggermi. Eppure, certe volte, vorrei davvero dire la verità, vorrei buttare fuori tutto. Alla fine, però. . . alla fine mi fermo e penso.

Penso che, se dovessi mai aprirmi veramente con qualcuno, quel qualcuno potrebbe prendermi per pazza oppure non credermi. E, poi, chi avrebbe mai il tempo e la voglia di ascoltare quel che ho da raccontare?

Alla fine mi chiudo in me stessa perché no, non va bene nulla e a volte mi chiedo se mai andrà bene qualcosa nella mia vita.
Mi sembra che, da qualche anno, tutto vada per il verso sbagliato, facendo sentire me sbagliata.

Certo, all'esterno, ho sorriso come ho non mai fatto, ho riso come non ho mai fatto, tanto da farmi venire le lacrime agli occhi e i crampi alla pancia, ma, dentro di me, chiusa nel silenzio opprimente della vera me stessa, mi sentivo e mi sento solo un peso morto e inutile.

È, ormai, da tempo che mi chiedo cosa io abbia fatto di male per meritarmi tutta questa maledetta infelicità che mi trascina in un baratro di solitudine. Sono quelle cavolo di voci nella mia testa a non darmi tregua e a togliermi il respiro: sembrano crescere ogni giorno di più, diventare sempre più presenti, insistenti, assordanti, ansiogene, reali. Sì reali, al punto che ho, persino, pensato di dar loro un nome: Chimera.

E alla fine con Chimera ho iniziato a parlare e a litigare anche, quando riesco a tirar fuori un po' di coraggio. Alla fine vince sempre lei, facendomi sentire ogni minuto della giornata insignificante, inadeguata e. . . sbagliata.
Cerco di nascondere il mio dolore dietro a sorrisi, risate e sarcasmo ma sto letteralmente scoppiando.

Non ce la faccio più! Non ce la faccio più a far finta che tutto vada bene, non ce la faccio a mentire ad ogni "come stai?" con il solito "Bene, come sempre, no?". Dicono che parlare fa bene perché così ti liberi.

Okay, ma dopo? Dopo che hai buttato tutto fuori, cosa impedisce al dolore di ritornare? Niente, perché alla fine il dolore è sempre lì, in attesa di tornare, devastante, come e più di prima. Persiste e trova sempre il momento adatto per attaccarti di nuovo.

Io non voglio sembrare debole, non io che consolo sempre, non io che, per gli altri, trovo sempre una soluzione a tutto, ma non ce la faccio più a tenermi tutto dentro, voglio buttare tutto fuori, ma, allo stesso tempo, ho paura di farlo. Ha provato tante volte senza mai riuscirci. E così ho pianto, urlato, mi sono morsa le unghie, mi sono fatta del male e ho, persino, cercato di vomitare. Vomitare, certo, perché vomitare il cibo era come vomitare fuori tutto il mio strazio. Non sono mai riuscita a raccontare.

Profondo, Come Il Mare ✸ one shot Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora