1. Fabio

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Alle ventitré in punto, il campanello dell'appartamento di Bond Street suonò.

Fabio indugiò una volta in più davanti allo specchio. Era uno sguardo di approvazione quello con cui passò in rassegna le spalle e i pettorali allenati, e che poi lasciò scivolare su quel corpo scolpito che ancora faticava a sentire suo.

Già, perché nella sua mente talvolta, anzi, spesso – quasi sempre, per dirla tutta – era ancora il ragazzino pelle e ossa di tanti anni prima. Il tipico ragazzino di un piccolo paese di provincia del Nord Italia, che andava a scuola la mattina e giocava a pallone il pomeriggio, e che non temeva il futuro, ma lo attendeva con ansia, l'ansia di chi si sente imprigionato in un presente troppo stretto.

Non aveva un'idea chiara riguardo a cosa avrebbe fatto da grande allora, però quel futuro incerto lo rassicurava. Incertezza significava infinite possibilità, possibilità che nel suo piccolo paese di provincia non avrebbe potuto nemmeno immaginare. Solo una cosa gli era certa allora: appena sarebbe stato abbastanza grande, se ne sarebbe andato.

Non gli mancava niente al paese. Il padre aveva un'attività avviata che gli avrebbe assicurato un futuro tranquillo. Era amato da tutti. Non gli mancava niente, eppure gli mancava l'aria.

Il futuro non lo spaventava perché sapeva che il suo futuro non era lì. E così odiava la scuola. Quelle ore infinite seduto al banco non conciliavano la sua angoscia di crescere il più in fretta possibile. Lui amava correre, tanto dietro al pallone quanto dietro ai sogni.

Ma ora quel ragazzino non esisteva più.

Ora c'era Fabio.

Il nome gli era ancora più estraneo del corpo.

Aveva deciso che si sarebbe chiamato Fabio un paio di settimane prima, quando aveva iniziato ad architettare la sua nuova vita.

L'idea gli era venuta dopo che era stato licenziato dal pub dove lavorava come cuoco. Era stata un'esperienza durata solo pochi mesi, però quel lavoro gli piaceva, considerava il suo capo un amico. Gli era bruciato, eccome, quel licenziamento ingiustificato! Solo a pensarci gli si chiudeva lo stomaco. Questa volta la morsa si sciolse in un sorriso compiacente, mentre girandosi un poco di fianco accarezzava con lo sguardo la linea definita degli addominali.

Non gli sarebbe stato difficile trovare un nuovo impiego in una cucina a Londra, ma l'idea di ricominciare in un altro posto uguale a tutti quelli che lo avevano lasciato insoddisfatto gli toglieva l'energia di alzarsi dal letto la mattina. Aveva quasi ventun anni, e si sentiva nauseato dal lavoro come un impiegato prossimo alla pensione.

Per poche sterline si era fatto scattare alcune foto fetish in un dungeon situato nell'est di Londra da un aspirante fotografo. Era stato facile immedesimarsi in quei ruoli che non gli appartenevano, si era quasi divertito.

Rimettersi in gioco non lo spaventava. Cominciare da zero non era mai stato un problema per lui.

Era andata così con la ristorazione: non aveva fatto alcun corso particolare, era arrivato a Londra con un diploma alberghiero. Aveva iniziato come lavapiatti, e in meno di un anno era diventato cuoco. Fare il prostituto sarebbe stata solo una sfida in più. E un occasione per diventare di nuovo padrone del suo tempo, della sua vita. Avrebbe scelto lui quando, quanto e per chi lavorare; a Londra la domanda di certo non mancava.

Il campanello suonò una seconda volta.

Fabio trasalì. Non era il momento per perdersi in questi pensieri, non voleva certo lasciarsi scappare il suo primo cliente.

Incontrò brevemente i suoi stessi occhi nel grande specchio a parete dell'atrio. I riflessi dei faretti a soffitto brillavano nei sui iridi e lo facevano assomigliare al personaggio di un cartone animato giapponese.

L'Appartamento di Bond StreetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora