5. Il capriccio del diavolo

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*Qui su trovate un audio che vi consiglio di ascoltare quando vedrete *** per una migliore esperienza :)
Buona lettura!






Marzo, 2017

Edward.

Quella mattina le prove avrebbero cominciato  tardi.
Tuttavia, decisi che sarebbe stato meglio arrivare prima degli altri, per organizzare gli spartiti e vedermi con Ray.

Il direttore dell'orchestra, prima di essere tale era stato mio collega qualche anno prima, poco prima che Alec si trasferisse. Suonava il flauto, motivo per il quale aveva legato subito anche con Freya, che io al tempo non sopportavo. A dire la verità, però, non avevo tanti amici nell'orchestra, così come ora. Non sono una persona molto socievole.

Alle sette e trenta del mattino mi trovavo davanti allo studio di Ray, bussando alla porta del suo ufficio, senza ottenere risposta. Avremmo dovuto parlare dell' organizzazione del concerto che avremmo portato a Vienna: l'intero concerto di Bèla Bartok, Dance Suite e The Miracolous Mandarin in conclusione.

Un complesso sublime.

Avevo ricevuto gli spartiti giusto cinque giorni prima, li avevo analizzati e provati una decina di volte dal momento in cui li avevo stampati. La musica era straordinaria. E soprattutto, adoravo Bartok. Avevo ascoltato tutte le sue composizioni e avevo avuto il piacere di ascoltarne il concerto a teatro  a Milano, quando mi ci recai per fare visita a Alec.

Con mia sfortuna, trovai la porta chiusa a chiave, segno che o io ero in anticipo, o si era dimenticato.

Molto più probabilmente la prima.

Così uscii dall'ala degli uffici e scesi verso  l'auditorium, intenzionato a provare il quinto movimento, il Finale.

Il mio proposito fu però troncato sul nascere dal momento che qualcun altro aveva avuto la mia stessa idea, e stava suonando in auditorium.

Chi è così pazzo da suonare alle sette di mattina?

Spinsi la porta di ingresso destinata al pubblico,anche se solitamente i musicisti entravano dal retro, e mi incamminai verso il palco.

L'Auditorium in cui facevamo le prove e, solitamente, ci esibivamo, era prevalentemente di colore rosso. Abbastanza tipico, come scelta cromatica, che si rispecchiava su poltrone, tende,sipario,luci e decorazioni. Gli ornamenti, in particolare le balconate superiori, erano di color oro, intagliate rigorosamente a mano in ogni singolo particolare. Queste erano circondate da archetti a tutto sesto beige, in legno, decorati da colonne corinzie non troppo alte. Sulla facciata , tende di velluto rosso con decorazioni dorate.
La platea, invece, era più semplice. Il pavimento di parquet, liscio e lucido, le poltrone di velluto rosso scuro.
Adoravo perdermi nei dettagli di quella sala, accorgendomi sempre di particolari nuovi e elementi a cui non avevo mai prestato attenzione.
Il soffitto, per esempio, lo avevo guardato raramente. Quel giorno gli dedicai qualche secondo di ammirazione. Il tetto dell'ambiente era a cupola, e portava il peso di un affresco dorato e una gemma al centro di esso, che pendeva giù, fungendo da lampadario per l'intera sala.
Quando i miei occhi tornarono bassi sui miei piedi, e poi sulla direzione in cui essi stavano andando, per poco non svenni in quell'istante.

Davanti a me, Charlie Davis in persona concentrato a suonare, in particolare il Capriccio N.24 di Paganini, in mezzo al palco, come se fosse suo. 

Rimasi immobile a metà della sala, con il mio strumento in orizzontale, tenuto stretto dalla mia mano destra per i manici laterali.

Notai il mio respiro rallentare, farsi più profondo, mentre le mie orecchie rimasero incantate dalla melodia suonata dal figlio del violinista del diavolo.*

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