Capitolo 33.

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Austin pov

"Cosa cazzo ti dice il cervello?"
"Sei impazzito?"
"Dovrei prenderti a sberle, amico."
"Sei un idiota."
"È nostra cugina, stronzo."

Me ne avevano dette di tutti i colori Liam e Chris. Si erano incazzati parecchio ma si erano contenuti con le ragazze presenti.
Quando andarono via, finalmente esplosero. La verità è che avevano ragione. Ero stato davvero un cretino e avevo rischiato di allontanarla ancora di più, costringendola a baciarmi.
Ma non ne potevo più, ne avevo un gran bisogno. Erano anni che non baciavo le sue labbra e mi erano mancate.

Lei aveva ricambiato, eccome! Per un attimo sentii che anche lei ardeva con la mia stessa intensità. Quando mi aveva messo le braccia intorno al collo avrei voluto solo sollevarla di peso e portarmela in camera. Invece, fui spinto via. Ma dentro di me sapevo che le mie fantasie erano le sue. Lo sentivo sotto pelle, lo sentivo fluire nella stanza come un'onda d'energia che gravitava attorno a noi.

"Amico, ora tu ti siedi e ci spieghi cosa cazzo ti passa per la testa. E non accetto cazzate. Siamo amici fin dalle pance delle nostre madri, cazzo."

Tirai un grosso sospiro e buttai giù diversi sorsi di liquore. L'alcol mi aiutava a parlare anche se la voglia di farlo non c'era.

"Sono innamorato di Ella fin da bambini."

"Cosa? Ma sei scemo? Perché non siete stati insieme? Perché sei partito?" Mi sputò contro Chris, puntandomi l'indice contro.

"Perché sono stato una grande testa di cazzo, ecco perché. Siamo stati insieme per qualche anno, di nascosto a voi ovviamente. Sono stato un cretino, l'ho tenuta in panchina come fosse una seconda scelta."

"Austin, sei proprio un coglione amico. Ti spaccherei la faccia."

"Fallo."

"Non mi sfidare, continua."

Io ci speravo davvero che mi prendessero a pugni, me lo meritavo e anche se non avrebbe esorcizzato il passato, di sicuro mi avrebbe dato sollievo al momento.

"Io la amavo e non mi è mai passata, cercavo solo di proteggerla."

"Scopandotela senza impegno? Che modo di merda di proteggere."

"Lo so, ora lo so. Ero troppo imprevedibile, una testa di cazzo. Credevo che le cose serie non facessero per me, che avrei rovinato tutto, che avrei rovinato lei. E l'ho persa, non mi perdonerà mai."

I gemelli, che fino a quel momento marciavano come soldatini nella stanza, si fermarono e presero posto accanto a me.
A rompere il silenzio fu Liam.

"Beh amico, sei nella merda lo sai, vero? Devi farti da parte, lei sta con Blake adesso e lui ci piace e si vede che tiene molto a lei. Poi ci siamo anche intrecciati lavorativamente, non puoi creare casini. E non merita di soffrire di nuovo per te. Sei stato cretino in passato, la ami e lo capisco, ma devi lasciarla andare."

Le sue parole furono dolorose, come tanti spilli infuocati che mi si conficcavano nella carne. Dannazione, aveva ragione da vendere. Ma potevo farlo? Potevo rinunciare a lei di nuovo?
Cinque anni erano stati un inferno, come avrei passato altri cinque o dieci o venti, senza di lei?
Direte, trovati una ragazza. Beh, non avrei avuto problemi a farlo, ma era giusto far soffrire un'altra persona?
L'unico che doveva soffrire ero io e se farmi da parte era la soluzione giusta, l'avrei fatto.
Ma prima di farlo, avrei almeno tentato il tutto per tutto. Mi sarei messo l'anima in pace ma solo se avessi fallito.

"Liam, lo so. So cosa sarebbe più giusto, ma non sono sicuro sia davvero giusto. Io l'ho sentita....ho sentito che prova le stesse cose, ma mi odia. Non posso lasciarla andare senza almeno provare di tutto per farmi perdonare."

"Amico, devi farlo. Se la ami, non farle perdere Blake, lui tiene davvero a Ella."

"Cosa cazzo stai dicendo, che io non tengo davvero a lei?" Alzai il tono della voce, con rabbia. Loro non capivano, non capivano un cazzo.
"Non è un fottuto capriccio, lei è l'unica cazzo di persona che voglio. Sono anni che non coinvolgo più nessuno nella mia vita, sono mesi che non riesco nemmeno più a scopare. Volete parlare di giusto, di sbagliato, ma non sapete un cazzo!
Non sapete niente di noi, niente di quello che provo, cazzo!
Cosa avrei dovuto fare? Mettermi con lei a 16 anni, rimanere in quel paesino a fare cosa? Cosa avrei potuto offrirle oltre il mio amore? Come credete sarebbe finita? Io dovevo prima realizzarmi per poterle offrire una storia d'amore, l'amore da ragazzini è forte, fortissimo, ma se si perdono di vista gli obiettivi si finisce a fare un lavoro sottopagato che ti rende infelice e quell'infelicità rovina poi l'amore.
Non sapete un cazzo di quanto ho sofferto a lasciarla andare. Non volevo rimanesse attaccata a una persona che pur amandola, doveva ancora trovare se stessa. "

"Beh, calma amico, calma."

"Calma un cazzo Liam, tu non hai minimamente idea di quello che provo."
Mi abbracciò, nonostante opponessi resistenza. I muscoli sembrarono sciogliersi e mi ritrovai con gli occhi lucidi.

"Me ne vado a dormire." Mi spostai bruscamente e salii nella mia stanza, portandomi dietro la bottiglia di liquore. Non potevo e non dovevo piangere, non più. Era il momento di agire, non di piangere, non di nascondersi. Avrei fatto di tutto per farmi perdonare, per farmi amare di nuovo. Perderla per sempre non era contemplato, non più.

Presi una sigaretta dal pacchetto delle emergenze (fumavo solo quando ero tanto nervoso) e aprii la finestra del bagno, sporgendomi leggermente in fuori per non far entrare il fumo nella stanza.
New York era bella, dal nostro settimo piano riuscivamo a vedere poco più lontano Central Park e la sera l'atmosfera era ancora più magica. Le luci calde dei lampioni, creavano un cielo stellato sotto di noi.
Senza nemmeno accorgermi, lasciai scendere le lacrime che avevo tanto faticato a trattenere. Che idiota. Ero l'unico motivo del mio malessere, l'unico colpevole.
Mentre stavo per buttare la sigaretta ormai consumata, un rumore alla mia destra mi fece voltare di colpo.
Il tempo si fermò, i rumori si attutirono. Vedevo solo lei. Affacciata alla finestra come Giulietta. Mi guardava con un'espressione indecifrabile. Mi scavava dentro al petto, nella testa.

Mi ricordai che stavo piangendo quando ormai era troppo tardi. Mi pulii con la manica della maglia, buttai la sigaretta e rientrai chiudendo la finestra. Mi privai della vista di lei, per ricompormi.
Mi finii di scolare tutto il liquore poi mi buttai sul letto, lasciando che Morfeo facesse il suo dovere. Nel mondo dei sogni, potevo avere ciò che volevo, o ciò che più temevo. Speravo solo che quello di questa notte, non fosse un incubo.
Lasciandomi cullare dal ricordo delle sue labbra, crollai in un sonno profondo e senza sogni.

Dreaming In New York CityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora