<<Scrittrice Gold! La prego, ci faccia qualche spoiler sul suo prossimo libro.>> 
<<Scrittrice Gold, sono vere le notizie che girano su di lei riguardo cinque anni fa? Può confermare la sua foto?>>
<<Ma perché si ostina a rimanere in silenzio?>>
Voci su voci sovrastavano la mia pace interiore e la pazienza che preservavo con tanta cura stava per finire. Da quando litigai con Valentín non ebbi un giorno di pace. Era come se la vita mi avesse punito per avergli fatto del male. Continuai a scrivere anche se molto difficilmente. Le idee c'erano ma la concentrazione era su un altro mondo. Dei paparazzi mi spinsero come una palla durante la partita di calcio e feci un respiro profondo per mantenere un profilo basso e non dare di matto. Cercai di non far cadere il caffè nella mano mentre provavo a farmi spazio fra la gente. Mi diressi verso la macchina del mio manager e quando vide la situazione che si era creata, scese immediatamente e venne in mio soccorso. Mi cinse la spalla con il braccio e mi strinse al petto. Il profumo mi colpii direttamente al cervello e questo mi provocò una smorfia di fastidio. Odiavo quel profumo eppure continuava a metterselo. Tra vari battibecchi e altro, finalmente arrivai alla macchina sana e salva. Buttai giù del caffè e passai una mano fra i capelli scompigliati. Quando Hideo mise in moto, si creò un sentiero di persone. Chi spingeva l altro indietro, chi invece urlava di fermarci. 
<<Parti>> bevvi ancora e provai a calmare i battiti del cuore impazziti.
<<Ti lascio a casa?>> Annuii. 
<<Perché hai gli occhiali da sole?>>
<<Sono stata sveglia tutta la notte per scrivere. Ho gli occhi rossi e non voglio che la gente si faccia paranoie strane.>>
<<Ok. Il tuo amico?>>
<<Chi?>>
<<Lui.>>
<<Lui chi?>> Hideo girò lo sguardo ed io strinsi tra le dita il cartone del bicchiere.
<<Valentín>> feci spallucce.
<<Non lo sai?>> Scossi il capo.
<<Se n'è andato la settimana scorsa?>> Annuii. 
<<Perché non parli?>> 
<<Perché non ho niente da dire.>>
<<Lui ti piaceva?>>
<<Lo odiavo.>> Se lo avessi odiato veramente lo avrei fatto dormire sul marmo del salone. Hideo si voltò nuovamente, questa volta più accigliato di prima. Ricambiai uno sguardo carico di fastidio e lui mi capii al volo. 
<<Ricevuto, niente più domande.>>
Poco dopo arrivai a casa e la prima cosa che feci fu una bella doccia. Il meteo portava pioggia e la tecnologia avanzata del mio smartphone mi aveva avvertito che tra non meno di un'ora sarebbe scoppiato un temporale. Per evitare che si manifestassero eventi spiacevoli, chiusi tutte le finestre e tapparelle incluse, quelle che si chiudevano. Sigillai le porte d'entrata e mi preparai qualcosa di sostanzioso con cui cenare. In questi giorni stavo provando a prendere peso ma il mangiare non era il mio forte. Monique diceva sempre che bisognava rimanere in forma sennò nessuno mi avrebbe considerato. Mi ricordo che feci quasi trenta provini per fare la fotomodella in un anno, ma nessuno mi prese mai. Essendo l'unica figlia femmina che le era rimasta voleva un bel futuro per me. Improvvisamente mi abbracciava traboccante di amore nel mentre che la malattia le corrodeva i neuroni del cervello. Lucas era troppo impegnato col conservatorio e Philip era in terapia intensiva. L'unica che mi dava un po' di conforto era Jacqueline. Mi chiesi sempre quale fosse il motivo della sua assenza da casa. Come mai non dormiva tutte le notti nella cameretta che condividevamo e perché il suo letto era sparito. Jacqueline aveva i capelli ramati e gli occhi neri. Il fisico asciutto e qualche ruga di espressione che veniva in superficie se rideva per troppo tempo. Monique non si era mai interessata a lei nonostante fosse cagionevole di salute. Le davo i miei medicinali e le spazzolavo quei bei capelli lunghi che aveva, anche se erano la maggior parte spezzati o sfibrati. Mi prendevo cura di lei ventiquattro ore al giorno e se Monique scopriva che andavo da mia sorella, dava di matto. La considerava un peccato che l'ha logorata, qualcosa che non voleva riconoscere come frutto del suo grembo. Jacqueline morì silenziosamente durante la notte. Un tuono fece tremare la casa e mia sorella esalò l'ultimo fatale respiro. Con l'aiuto di Lucas e Philip le dedicammo una degna sepoltura e la sua foto aveva il posto principale nel nostro portafoglio, insieme a quella di Davide e Kate. Passarono otto anni dalla sua morte ma comunque rimaneva una cicatrice aperta che non riuscivo a ricucire. Tutt'ora, l'unica cosa che provai a ricucire fu la mia fame. Mi preparai un panino imbottito di cibo e provai a finirlo tutto. Accesi il laptop e continuai il libro. Ormai ero al capitolo venti, altri sei e la storia della mia vita giungeva al termine. Lola avrebbe trovato un finale felice, diverso dal mio. Avrebbe vissuto una vita migliore e senza rimpianti. L'unico dubbio che rimaneva persistente era il personaggio di Valentín. Parlare di lui mi provocava un vuoto allo stomaco che non ero sicura di poter riempire da sola. Anche se avevo appena iniziato, decisi già di smettere e prendermi una boccata d'aria. Nonostante fossimo in pieno inverno, il freddo era come se mi cullasse e l'aria dell'imminente pioggia mi rendeva inquieta. Pareva come se in qualche modo appagasse i problemi. Non tutti, almeno. 
<<Che castello>> Jake Montgomery mi parlava dall'altro lato del giardino, appoggiato al cancello ormai scolorito e malfunzionante. Mi prese un colpo nel vederlo lì. Aveva scoperto la famosa casa dell'incendio, adesso non avrei avuto scampo alle sue pungenti domande. 
<<Che fai nel mio territorio?>> Gli chiesi avvicinandomi. Qualsiasi cosa avrebbe detto o fatto, sarebbe rimasto fuori dalla mia casa. Aldilà del cancello. Jake aveva ancora la barba. Ma indosso vestiva uno smoking pregiato. La seta di qualità si riconosceva ad un miglio e chissà se si era vestito così bene per incontrarmi. 
<<Anche se è solo la prima facciata, scommetto che l'altra parte della villa è completamente bruciata>> bingo.
<<E se così fosse?>>
<<Mi sentirei morire>>occhi blu come il mare. Sguardo acceso, illuminato di qualcosa di oscuro. Erano proprio gli occhi di Jake. 
<<In realtà sono venuto a portarti una cosa.>>
<<Onorata>> Il mio ex migliore amico ritornò in macchina e dai sedili posteriori prese una busta gigante. Chiuse la porteria e il tonfo emesso fece tremare la terra. Venne da me con in mano un oggetto quadrato e lo fece passare attraverso gli spazi che il cancello lasciava. Fui restia se prenderlo o meno. 
<<Non c'è nessun tipo di veleno sopra. Accettalo e basta.>>
<<Che cos'è?>>
<<Sei tu>> quando aprii la busta, allora capii. Quel famoso quadro, a casa sua. Accennai un sorriso ironico ricordando ancora la brutta sensazione provata.
<<La mia anima morta. Quale gioia più grande se non ricevere un quadro tanto macabro. Senza offesa, ovviamente>> lo rimisi nella busta e credo proprio che ci sarebbe restato per un bel po'. 
<<Più lo guarderai e più sembrerà di vederti all'interno. Fidati Seira, questo quadro diventerà il tuo incubo più grande.>>
<<O forse solo uno fra tanti.>>
 

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