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«Grazie, signorina French.»

Henry tese il libro verso la bibliotecaria che lo posò sul bancone e gli sorrise.

«Grazie a te, Henry. Ti è piaciuto?»

«Oh sì, tantissimo! Soprattutto la parte del duello!»

La bibliotecaria rise e picchiettò con le dita smaltate sulla copertina rigida del tomo.

«Hai ragione, è molto divertente. Penso che me lo rileggerò, è passato tanto tempo dall'ultima volta. Hai già scelto il prossimo?»

Henry annuì con vigore.

«Artù e i cavalieri della tavola rotonda! C'è una spada in copertina!»

La donna rise ed Emma emise uno sbuffo divertito. Passò un braccio attorno alle spalle del figlio.

«Parla piano» lo redarguì. «Adesso andiamo, la signora deve lavorare.» Alzò gli occhi sulla bibliotecaria. «Grazie. A presto.»

La donna sorrise.

«Figuratevi, è un piacere. Buona giornata.»

La biblioteca non distava poi molto dal parco, ed era mercoledì.

Henry corse a giocare con i suoi amici mentre Emma si sedeva sotto al solito albero. Lo guardò sfoggiare la sua nuova (e unica) maglietta da calcio, che era riuscita a comprargli in saldo per venti dollari con i soldi che le aveva dato Regina. Una spesa che non avrebbe dovuto fare, ma appena l'aveva vista nella vetrina Henry era impazzito e non aveva potuto dirgli di no, per una volta.

Si distrasse per un momento, portò lo sguardo a vagare per il resto del parco e fu allora che la vide. Regina era seduta su una panchina all'ombra di un acero, un tupperware dal tappo rosso accanto e gli occhi su di lei. Le sue labbra scurite dal rossetto si incurvarono in un piccolo sorriso. Emma rimase a guardarla. Sorrise appena, poi lo sguardo le cadde sui suoi vestiti, sulla borsa, e lo distolse arrossendo appena. Si spazzolò via con una mano del fango dall'orlo dei jeans consumati sulle ginocchia. Tornò a controllare Henry, che si contendeva la palla con Matthew, ridendo.

«Ti dispiace?»

Emma sussultò e si voltò di scatto. Il profumo di Regina le invase i sensi. Una stretta allo stomaco fece quasi fuggire il suo sguardo, ma resistette e continuò a guardarla negli occhi.

«Sicura?» mormorò.

«Se per te va bene.»

Aggrottò appena la fronte, come se la domanda le sembrasse assurda.

«Ehm... a me sì, ma è sporco e...» Spostò lo sguardo sulle madri degli amici di Henry, sedute sulle panchine dall'altro lato del campo. «Ti vedranno.»

«E allora?» Regina lanciò un'occhiata di sfida a quelle donne. «Ti vergogni a farti vedere con un avvocato? Lo capisco, non abbiamo una bella reputazione.»

Le sfuggì un vero sorriso e persino una specie di risata. La guardò con un misto di gratitudine, stupore e divertimento negli occhi chiari mentre Regina si adoperava, nonostante i tacchi, per sedersi sul prato accanto a lei. Poi tornò a guardare il figlio.

«La macchina funziona?»

«Sì, funziona perfettamente. Grazie. Tu... voi come state?»

Emma la guardò, di nuovo quell'aria stupita sul viso.

«Bene. Tu, ehm... tu stai bene?» Si sentì stupida a chiederlo, per qualche motivo, perciò arrossì di nuovo. Ma Regina sorrise con i denti candidi in contrasto col rossetto scuro.

«Bene, grazie. Sei poi andata da Cal come ti ha suggerito Mal?»

Emma annuì distogliendo lo sguardo; i suoi lineamenti si contrassero, passò un'ombra di delusione e rabbia sul suo viso.

La strada verso casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora