1° CAPITOLO-UN NUOVO INIZIO.

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Guardai le stelle.
Amavo il cielo notturno, l'ho sempre amato.
Anche se per me il motivo fosse inspiegabile, lo trovavo davvero affascinante, unico ai miei occhi.
La fascia più distante da me era accompagnata da un paesaggio nero dove si potevano scorgere solo le sagome delle montagne.
A volte uscivo da casa per recarmi in giardino e guardare quello spettacolo solo per pensare, per avere un po' di spazio personale, o ancora meglio per estraniarmi dal mondo in cui vivevo.
Sedevo sull'erba bagnata per colpa dell'umidità notturna,  chiusi gli occhi e mi concentrai sulla dolce quiete della natura  che mi circondava; l'acqua del fiume vicino che scorreva, sentivo il fruscio del vento che però si faceva pian piano più forte scompigliandomi i capelli.
Riaprii lentamente gli occhi, e per come li riapro, il vento si fece ancora più forte e il rumore del fiume diventò sempre più fastidioso.
Provai ad allontanarmi, ma non riuscii a muovere un singolo muscolo e bastò solo quello a farmi capire che mi trovavo in un altro di quegli orribili incubi.
Il paesaggio notturno, ormai spento dalle nuvole che oscuravano ancora di più il cielo e i forti rumori, era diventato un vero e proprio terrore...
Provai a concentrarmi e a pensare che tutti quei fatti erano un brutto scherzo giocato dal mio subconscio e che possa svegliarmi.
Ad un certo punto, in lontananza, notai una figura che mi lasciò addosso una sensazione pessima, dato che non potevo scorgere il volto di essa.
Il terrore che mi opprimeva il petto di certo non aiutò quando la guardai meglio e notai che i suoi occhi brillavano giallo acceso.
«Vieni con me...» sussurrò  la figura con tono calmo ma penetrante.
Era la prima volta che sentivo una voce del genere, infatti, mi venne la pelle d'oca e i brividi mi percorsero la schiena.
La figura si avvicinò sempre di più, nonostante lo spazio tra noi si riducesse trovai alquanto strano e agghiacciante che ancora il suo viso fosse oscurato ed infine alzò una mano fino a sfiorare la mia guancia destra.
In quel momento mi svegliai di colpo  per la forte botta procurata dalla porta che si era appena spalancata e, quando spalancai gli occhi, un animale selvatico mi saltò addosso con entusiasmo cominciando ad urlare: «Eeeeriiis! Faremo tardi!»
I miei timpani si andarono a farsi  benedire dopo la strillata feroce della mia coinquilina, poi mi rigirai nel letto e la buttai per terra. 
«Che vuoi Sidney?» dissi con voce ancora impastata dal sonno portandomi la coperta fin sopra la testa.
«Per caso ti sei dimenticata che giorno è oggi?» rispose. 
«Mh...» mugugnai.
In quell'esatto  momento mi ricordai che fosse il primo giorno di scuola e automaticamente mi alzai di scatto; vidi lo sguardo beffardo della mia amica quando realizzai la piccola catastrofe.
Ero in ritardo, decisamente troppo in ritardo.
In fretta e furia mi recai davanti all'armadio, presi i primi indumenti che mi capitarono a vista e, mentre mi dirigevo in bagno per truccarmi, mi spogliavo e vestivo rapidamente.
Mi maledii mentalmente per non essermi svegliata prima. Sono una stupida!
Giuro, e ripeto giuro, che da domani mi alzerò presto per avere il tempo necessario per prepararmi.
Infine mi recai in cucina per fare colazione, anch'essa con fretta, un pezzo di toast e un bicchiere di latte e via.
Scesi dall'appartamento seguita dalla mia amica che rideva sotto i baffi.
«Che hai da ridere?» le chiesi, lei mi guardò e abbassò lo sguardo.
«Oh no...» iniziai guardandomi i piedi.
«Le scarpe!»
E così risalii le scale recuperando le scarpe.
Sono davvero un'idiota a dimenticarmi così degli oggetti indispensabili per la vita quotidiana.
Tralasciando questo; durante il viaggio di andata con il treno, Sidney mi parlò della città di Deadwood che, nonostante si fosse trasferita anche lei, era lì da due mesi abbastanza da visitare un po' di cose.
La strada  per arrivare a scuola durò si e no quindici minuti dove poi, io e Sidney, ci ritrovammo davanti ad essa.
Ci separammo subito all'entrata, dato che lei doveva entrare in classe e io, essendo nuova, dovevo recarmi nell'ufficio del preside.
Nuova scuola superiore. Quel posto in cui nessuno vuole stare ma allo stesso tempo devi frequentarla perché poi nel futuro non potrai fare niente.
La vicepreside mi aveva fatto girare la scuola, era bella sì, ma troppo noiosa: muri bianchi e azzurri con banchi da uno tutti allineati e poi solite cattedre con lavagne dietro, era così in tutte le aule. A parte ovviamente la biblioteca, i laboratori vari e l'anfiteatro.
Dopo un vasto giro, mi trovai davanti alla porta della mia nuova classe dove Sidney mi stava già aspettando all'interno, l'ansia continuava a salire e le mie mani erano completamente sudate.
Quando la vicepreside aprii la porta gli sguardi di tutti i presenti erano fissi su di me.
«Ragazzi... questa è la vostra nuova compagna, Eris Grayson.»
Ci fu una breve pausa prima che la donna che mi aveva accompagnata parlasse di nuovo: «Avanti presentati alla classe e quello...»
Indicò un banco vicino a un ragazzo con i capelli neri e ricci con gli occhi di un verde smeraldo.
«...è il tuo banco, puoi andarti a sedere accanto a Julian.»
Così facendo mi avvicinai al tavolino e, sempre mantenendo una postura adeguata, mi presentai alla classe: «Ciao a tutti, sono Eris Grayson, ho sedici anni e vengo da Chicago...»
Non sapevo che altro aggiungere così dopo la presentazione, ancora un po' rossa in faccia per la vergogna, mi sedetti e incominciai a tirare fuori il necessario per iniziare le lezioni.
Sidney mi guardò alzando un pollice all'insù e mi fece un occhiolino come per dirmi "perfetto, continua così",  io ricambiai il sorriso.
Così il prof di filosofia iniziò a spiegare i vari argomenti.
Da lì in poi sarebbe incominciata la mia nuova vita ma non mi sarei mai aspettata che sarebbe stata piena di avventure disastrose.

The Monster Behind Dawn 💫Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora