Capitolo 1

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Quattro del mattino, corsa in autostrada verso l'ospedale piú vicino. Reparto terapia intensiva, poi stanza numerata 6, prima a destra. Sul letto mio padre, il viso sudaticcio mostra lo sforzo e la resistenza post-infarto; è piuttosto malconcio ed è la prima volta che lo vedo cosí esausto, stanco, senza forze.
Nella stanza, in quella stanza, c'è un silenzio tombale come se la sua ora si fosse anticipata ma, non è il momento, non ancora. C'è solo una finestrella che dà sul parcheggio, il panorama non serba nulla di entusiasmante, solo un paesaggio rurale e il fumo di scarico delle industrie nei paragi. Il cielo è ricoperto da un manto grigio, è molto triste, mi rattrista; come se stesse per finire il mondo, eppure non è il momento, non ancora. Sul comodino di fianco a mio padre, tra flebo, lacci emustatici, bende e quant'altro, notavo un bouquet di fiori gialli, di cui non riconoscevo la famiglia e delle rose, di un colorito vivo che andava in netto contrasto con quello che mostrava in viso mio padre e le pareti anguste di questo posto così poco invitante, come l'aspetto di quel cibo insipido, incolore e insapore in vaschetta che l'ospedale fornisce ai suoi "clienti", gli stessi futuri clienti della cara amica Morte.
C'era un via vai nelle altre stanze ma non in questa, solo un letto vuoto e una persona dall'aspetto cadaverico, prossimo tra le braccia della Signora ma, non è il momento, non ancora.
Lo guardai negli occhi al suo risveglio, ricambiò la sguardo, mi sorrise, gli sorrisi. Mi sforzai, sì sforzò. Passammo la giornata quasi nella totale indifferenza, io tra riviste e romanzi, lui tra telefilm e soap-popera. Non c'era un legame, nemmeno ora, tra quelle quattro mura che soffocavano lo stesso ossigeno, eravamo cosí lontani, così distanti.
Erano passate oramai ventiquattrore dall' ultima corsa e all'arrivo in ospedale, gli infermieri di turno mi rivolsero un cenno di smentita, le lastre e le analisi non avevano dato molte possibilitá di scampo a mio padre per il suo incurabile tumore al lobo sinistro del cervello. Capivo quel gesto, quel cenno, ero pronto, sì, ad accettare ma non a lasciarlo. Non era il momento, non ancora.
Sono passati giorni oramai, mio padre, in seguito, fu spostato in sala operatoria ma non ci fu molto da fare, in fin dei conti la vita gli aveva sempre fruttato alla grande ma anche i colossi, prima o poi, stramazzano a terra. Era un pezzo duro.
C'era qualcosa a cui pensavo dopo la sua scomparsa, qualcosa a cui attingevo: il brillante. Quel pensiero si insediò in me, fu mio padre a rivelarmi quel segreto, quello tenuto all'oscuro ad esterni che rendeva complici solo padri e primogeniti maschi da oltre cinque generazioni. Altri giorni e non ne potevo più, a pochi passi da quel santuario di pietre, m'apprestavo ad emergerne il
tesoro. Non ho mai avuto l'opportunitá di sapere cosa fosse l'infanzia. Sono stato sradicato dalla mia fanciullezza, impiantato in me il senso di responsabilitá, dovendo coltivare una subdola maturitá fin da bambino. Come potevo non odiarlo? Ero un bambino adulto, un pargolo in giacca e cravatta. Serbavo solo rancore verso costui. E poi, e poi. -No, devo smetterla- rammentai, mio padre non era solo il mostro che mi si presentava davanti, la sua imponenza era la sua presenza ai miei occhi, -Finiscila.- pensai, è stato anche un padre, anche nelle cose più semplici, -No, basta- ricordai, mille e più ricordi s'apprestavano a pararsi di fronte a me, offuscandone la mente, bagnando i miei stremati ed assonati occhi, è stato anche un buon padre. -Perché?!- imprecai, -Perchè solo ora? Perchè solo adesso? Perchè chiedi scusa così tardi?- parlavo da solo, in preda all'ira, colmando la mia frustazione tra lacrime e urla. Non gli ho mai detto grazie, mai, nemmeno per il gesto più significativo, mai. Troppo preso ad odiarlo che a considerarlo una colonna portante della mia vita.
Un tonfo, mi riprendo, immerso tra i miei ricordi iniziavo a divagare, cavolo, quella stupida porta la riparerò prima o poi, non vorrei sentire altre lamentele da mio padre, mi dirá -Ripara quella porta per una buona volta!-. Sorrisi. Tra le mani avevo quel brillante, non era più la stessa stupida pietra che avevo considerato tempo addietro, era importante, almeno per mio padre, per i ricordi che portava con sè, per quel legame padre-figlio che da sconsiderato ho teso ad ignorare. Me la caveró, un giorno qualcuno ne fará un uso migliore del mio, ma non io, non potevo separarmi da quella pietra preziosa, l'avrebbe fatto qualcun altro, ma non è il momento, non ancora.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 28, 2015 ⏰

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