Cercai di capirlo stando in silenzio. Senza parole, provai a comprenderlo. Non sapevo niente di lui e niente di lui volevo sapere se non fosse stato Valentín a parlare di tutto. Non gli avrei chiesto neanche una virgola finché le nostre anime non si fossero connesse bene l'una all'altra. Poteva sembrare stupido da dire, ma avevo bisogno di costruire un legame decente. Sentivo di poterlo fare con Valentín, per questo non volevo correre né essere avventata, come era stato lui. Ma quel giorno non penso di scordarmelo mai. Per quanto non fosse stato nel mio stile, mi fece piacere provare determinate sensazioni. Mi ci voleva qualcosa del genere per sbloccarmi. 
Lo vidi far girare i pancakes nella padella e abbassare la fiamma del fornello. Mi accarezzavo il braccio cercando di smettere di fissarlo, ma era difficile distogliere lo sguardo su di lui. Il freddo della mattina iniziava ad affievolirsi sempre di più e tra non molto si sarebbe trasformato in un fresco estivo. Non sono mai stata amante del mare e del caldo, ma forse questa volta poteva andare meglio. Voltai di scatto il viso quando Valentín si girò per porgermi il piatto con tre pancakes alla nutella e un succo di frutta. Lo ringraziai e inarcai le sopracciglia curiosa di dove avesse preso la cioccolata che non avevo nella villa. Erano le sei di mattina e non fui mai così contenta di essermi alzata presto per fare colazione. Valentín  si sedette davanti a me e con le posate già alle mani, mi dedicò un sorriso ed aspettò che fui io la prima a prendere il primo boccone. Per fargli capire che erano squisiti, sorrisi e lui sembrò illuminarsi. Era vero, non mi vedeva sorridere molto, era già una cosa che provavo a cambiare da tempo ma che non riuscii mai. Per lui invece ci stavo riuscendo, anche se con difficoltà e un po' di imbarazzo. Calò un silenzio che neanche gli uccellini riuscivano a colmare, allora decisi di prendere parola per prima:
<<Come mai sai cucinare così bene?>> Domandai buttando giù un altro boccone dei pancakes alla nutella. L'impasto non era pesante e nauseante come quello dei bar, anzi. Era leggero e non pesava, perfetto per una colazione dolce ma delicata. 
<<Ho sempre avuto una sorta di passione per la cucina, in particolare per i dolci. A mia sorella fanno impazzire quindi per me era quasi d'obbligo saperli cucinare. Mi diverto, lo trovo un hobby rilassate e soddisfacente>> ed io come facevo a non cadere ai piedi di un uomo che sapeva mettere mano in cucina?
Sbattei varie volte le palpebre nascondendo la mia incapacità ai fornelli e bevvi dell'acqua per buttare giù l'imbarazzo.
<<Tu come mai hai avuto la passione per la scrittura? Cos'è che ti ha spinto a scrivere?>> Nonostante fosse una domanda lecita e assolutamente prevedibile, non seppi dare una risposta immediata. Mi dovetti prendere del tempo a pensare. Giocherellai con la cioccolata fuoriuscita dall'impasto e lo guardai sorridendo. 
<<Avevo bisogno di qualcosa che mi intrattenesse. La scrittura era riuscita a riempirmi il tempo, così continuai. Non è una storia formidabile ne commovente come la tua, ma esiste>> ridacchiai per spezzare il disagio che provavo nei miei confronti e leccai il dolciume sulla forchetta. 
<<Invece a me sembra un'ottima storia. Mi piaci>> sollevai lo sguardo sentendo il cuore palpitare velocemente e lì capii che c'era qualcosa che non andava. Con lo sguardo pieno di speranza gli domandai di ripetere e lui mi sorrise dicendo:
<<Mi piace la storia. Non la trovo superficiale.>>
<<Questo hai detto prima?>>
<<Si certo, perché? Non mi stavi ascoltando?>>
<<Ti ascoltavo, ho capito solo male>> posai forchetta e coltello e finii l'acqua sperando di spegnere il fuoco che avevo nello stomaco. Una parte di me si era pentita di aver parlato, mentre l'altra era ritornata coi piedi a terra, smettendo di sperare in qualcosa di incerto. Mi alzai posando il piatto sporco e me ne andai senza rivolgere sguardo a Valentín che mi seguii da dietro.
<<Tutto bene?>> Mi chiese mettendo una mano sulla spalla che tolsi velocemente. Annuii e salii le scale a chiocciola. 
<<Dove vai?>> 
<<Sopra.>>
<<Posso venire con te?>> Lì per lì non seppi cosa dirgli, una domanda del genere mi spiazzò ma poi, con un po' di fantasia parlai:
<<Non sei un cane che devi seguirmi dappertutto>> dissi continuando a salire le scale. Raggiunsi la mia camera senza sentire nessun passo avvicinarsi e capii che lui era rimasto al piano di sotto. Chiusi a chiave la porta e mi stesi sotto le coperte ripensando a come fosse possibile che io abbia fatto rimanere per la terza o quarta volta, Valentín a casa mia. Nessun uomo, a parte Hideo, si era mai avvicinato così tanto e non seppi se preoccuparmi o esserne felice. Improvvisamente ripensai ad un bar dove mi recavo quando ero ragazzina, che mi offriva alcol gratis e anche tante risate. Ci andai due volte con Jake, ma la voglia di ritornarci era sempre rimasta lì. Pensai di vestirmi decentemente e andarmi a fare una passeggiata prima di recarmi al bar. Erano le sette di mattina e sicuramente era aperto per chi viaggiava la notte per lavoro, ma non era il turno del mio amico. Lui iniziava alle nove e mezza e finiva alle tre di notte. In tutte quelle ore si riposava, il bar non era mai strapieno durante la settimana, la clientela si faceva vedere la notte dove quel semplice ed apparentemente innocuo bar, si trasformava in un vero e proprio sexy club. Nulla da dire che lì imparai la polo dance e anche a ballare sul cubo, ovviamente a pagamento. Speravo di racimolare una degna somma per poi scomparire nel nulla, lontano dalla famiglia, ma il piano non riuscì mai. Finii di pensare ai ricordi e mi tirai giù dal letto, mi vestii e preparai a pennello. Pettinai i capelli e mi truccai pure, tutto solo per vedere il mio vecchio amico. Qualche rintocco alla porta si fece sentire e non aprii per oltre trenta secondi buoni sentendo un colpetto sospetto al cuore.
<<Seira?>> Valentín era al capolino tra la mia stanza ed il corridoio, mi appoggiai alla porta di legno e parlammo attraverso essa.
<<Cosa?>>
<<Non mi fai entrare?>>
<<No.>>
<<Perché?>>
<<Sono nuda>> mentii. 
<<Io non lo sono ma non ci metto niente a togliermi i vestiti. Se mi denudo posso entrare?>> nascosi un sorriso che poi lasciai andare. Non seppi per quale motivo il cuore cominciò a farsi sentire nelle orecchie e dovetti reggermi sentendo un mancamento improvviso. 
<<Seira?>> Mi sedetti a terra e poggiai la testa all'indietro. Una nausea mi prese in pieno e fui costretta a fare dei respiri profondi per non perdere il controllo. Massaggiai le tempie e con l'altra mano il cuore. Provai a ripetermi che andava tutto bene e che non c'era bisogno di star male adesso, ma più parlavo e più il cuore continuava a battere e più batteva più mi agitavo. 
<<Seira, perché non mi rispondi? I pancakes ti hanno fatto male?>>
<<Va tutto bene Valentín, mi sto vestendo>> dissi per calmarlo. Il panico nella sua voce provocò il mio e cacciai indietro le lacrime. Dei rintocchi risuonarono nella stanza ma feci di tutto pur di non lasciarmi andare. 
<<Non è vero, non mentirmi. Ti conosco Seira, cosa succede?>> Tu non mi conosci  Valentín. Non sai chi sono, non sai il mio passato e i miei traumi. Tutto la spazzatura che mi porto dietro, non la sai. 
<<Niente ho detto, ho quasi finito di prepararmi e ci sono.>>
<<Ma la tua voce è così vicina a me. Sei dietro la porta?>> Mi dispiace Valentín, mi dispiace tanto. Questa è stata l'ennesima prova che non può funzionare. Non riesco a fidarmi.
<<Scusami per prima, se ti ho messo in imbarazzo. Non lo farò più ma adesso aprimi>> non è colpa tua. Non è stato quello, ma come devo dirtelo?
<<Seira, non farmi tremare. Aprimi>> sentivo la voce rotta e singhiozzante, come sentivo il fischio all'orecchio farsi sempre più forte. 
<<So che stai male. Ma se mi fai entrare, staremo male insieme.  Se mi apri, potrò confortarti>> lì il cuore non fece più rumore, la sua voce dolce mi calmò il tremolio. Non conobbi nessuna cura così potente in tutta la mia vita che era in grado di domare un attacco di panico improvviso. E piansi. Non perché fui contenta di aver smesso di stare male, ma perché finalmente trovai qualcuno in grado di capirmi. Piansi perché non importava come conoscevi una persona, importava come la sapevi mantenere, ed io Valentín, non sapevo mantenerlo. 

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