DISCLAIMER: Inizio obbligatoriamente così questa OS per diversi motivi.
Questa storia usa un linguaggio forte, scurrile, volgare, sboccato, disturbante, molto offensivo. Non tratta di una relazione normale e tranquilla.
Se non amate scene di sangue non leggete, se non tollerate il linguaggio osceno non leggete, se non vi piacciono le scene di sesso descritte nei particolari non leggete.
Le parti protagoniste sono adulte e consenzienti, non c'è alcuna violenza senza consenso. I protagonisti non hanno disturbi mentali, né traumi sessuali e sanno perfettamente quello che stanno facendo.
La storia è un'opera di pura fantasia.
1.
"Odora di passione; come il desiderio irresistibile e la tentazione. Si eclissa di giorno e risplende di notte. Odora di nudità, anche quando è vestita in modo caldo. Ha gli occhi selvaggi. Odora di seduzione; lei è sia una mela che un serpente. Profuma di grandi aspettative; come il successo; come la gloria secolare. È come l'ultimo rifugio. Puzza come un ultimo desiderio. Profuma di un nuovo inizio."- Damiano Corvio
Le streghe.
Quelle puttane nere, dal cuore di lapide, che corrodono l'anima fino a ridurla in tossica bragia corvina. Ti deteriorano un cencio dopo l'altro, ingozzano crudeli l'umanità, esecrano le innocenze e strascicano all'inferno in una perdizione che non ha espiazione alcuna.
Le odio.
Le streghe.
Una volta che lo sguardo oscuro si poggia su di te, puoi solo ficcarti una rivoltella in bocca e premere il grilletto, auspicando che ti lascino defunto. C'è di peggio oltre la morte, una condanna che ha vincolato la libertà e trecento anni di sevizie, dove l'unica via d'uscita è il sangue, ma devo chiedere per morire e la fine è ben lontana dal giungere.
Una maledizione infrangibile, e passo da un letto immorale all'altro, da una depravata fattucchiera famelica del mio corpo a quella dopo. Divento un giocattolo erotico in mani viziose e mente scellerate, la mia volontà annullata per il diletto lussurioso di chi non conosce indulgenze e pietà.
Odio le streghe, quelle puttane nere, che baloccano con la morte e rovinano per delizia. Le odio sì, cazzo. Divorerei le loro carni fino a vomitare.
A parte una.
Un notturno bocciolo niveo, carnalità voluttuosa, provvista di un'ascendenza incondizionata su di me, dal mielato profumo procace, intensa creatura, selvaggia da ogni dettame.
Una storia come tante la mia: chi disprezza compra. Ed io ho così tanto disprezzato da essere finito nella tagliola micidiale dei sentimenti, quelli che ti fanno abbassare la guardia per ucciderti.
La disprezzo tanto è l'amore che ha soffiato nel sangue, anelo farle un male indecente, metterla in ginocchio al cospetto dell'ira procace, farle saggiare la smania malsana che ha infervorato nei lombi, un tizzone febbrile che non sarà mai saziato. Brucio nella pira a cui sono aggrappato con ogni fibra di me, è un dolore erotico che mi tiene assoggettato a lei.
Ho atteso spasmodico anni prima di divenire suo schiavo di sesso e adesso che sono un'offerta deliberata nella regnatela dell'aracnide, lei non si decide a prendere ciò che le offro.
Si stringe a me ignara, lei, la giovane strega, colei il cui corpo vorrei profanare fino alla perdizione, non sarei mai pieno della tenera carne, delle rotondità femminili e segretezze inesplorate. La mia piccola fior di loto, che non si accorge di come spasimo entrarle dentro con ferocia o finge di non vedere, tiene in sospeso la mia erezione per lei sin da quando sono finito tra le sue braccia delicate.
Non ha mai fatto del male lei, è un giglio bianco tra rose nere appassite, estranea a chi l'ha preceduta, ben lontana da depravazioni e ferocia, ma più pericolosa di tutte le altre: non s'è infilata nel mio letto, s'è insinuata nel mio cuore. E me l'ha sfondato.
L'incantesimo più riuscito per colei che pratica a stenti l'antica arte occulta, le è bastato guardarmi una sola volta per condannare eternamente.
Osserva concentrata il film che procede in un tedio soporifero sullo schermo del televisore, mentre di sottecchi la contemplo, una lascivia immorale anima i miei occhi affamati, che si tormentano su ogni centimetro morbido, e ciò che non vedo lo immagino in numerose turpi fantasie erotiche. La pelle è velluto di pallida pesca, reclama imperiosa la mia attenzione a gran voce, esige nel silenzio di essere sconsacrata nel peccato del piacere più sfrenato, ed io non chiedo che passare ogni anelito a mia disposizione tra le gambe oscenamente spalancate alla mia lingua navigata, ebbro del suo sapore, pazzo d'amore, mi farei maledire altre mille volte pur di stare con lei per sempre. Continuerei fin quando le mie subdole membra cadrebbero, ed anche allora, con l'ultimo respiro in corpo, la condurrei nella corruzione del godimento più violento, solo io che le dono quel che di più importante ho: me stesso.
Voglio essere il primo.
L'ultimo.
L'unico.
Ma le streghe non intrattengono rapporti d'amore con gli schiavi di sesso, specialmente se quest'ultimi sono delle bestie immonde come i licantropi, tipo me.
Schermo il cuore, i frantumi indugiati, vi è così poco spazio per la luce, solo le tenebre dominano brutali, tutto il resto non ha alcuna importanza. Lei, l'ardore palpitante nel bel mezzo dell'oblio.
L'affusolata mano scivola ignara dal mio torace ampio, indugia sullo stomaco contratto e sembra provvista di un oscuro potere che la collega diretta all'eccitazione. Sono duro, pronto, irrefrenabile, la pretendo così tanto che le membra vacillano, un'elettricità cupa m'impedisce di stare fermo. Un animale selvaggio, vissuto in cattività, che freme di sciogliere le catene, ma che le anela più di tutto.
È così piccola accanto a me, fragile, potrei spezzarla per puro capriccio, però è lei che mi spezza e lo fa senza alcuna necessità di toccarmi. Sorride e mi spezza, mi guarda e sono un servo privo di volontà, divengo un mare di frammenti sparsi nella sua vita, dovunque c'è lei, ci sono io. Ce l'ho dentro, penetrata in una radice malsana che ha attecchito rapida ed ha infettato la mia stessa essenza.
Proseguo a contemplare la Venere di Distruzione, deglutisco bolle d'aria che non giungono ai polmoni, non riesco a respirare, devo andare, sfogare i bassi impulsi, schiarire lei idee e poi tornare. Torno sempre, schiavitù o meno: non posso fare altrimenti.
Mi sottraggo brusco dall'abbraccio, faccio per alzarmi sbrigativo dal divano, ma lei mi ferma confusa. Deve usare tutta la debole forza per arrestare i vorticosi intenti di fuga.
<< Dove vai? >>, interroga allarmata, la voce è leziosità tossica che s'attacca all'anima e mi tiene legato a sé. Le è chiaro un istante dopo quale sia la meta viziosa di questa notte e la dolorosa consapevolezza svigorisce i tratti delicati, è un tradimento insopportabile che si ricama negli occhi di ghiaccio. << Per favore Dave, non andare. >>. È la prima volta che mi prega, le streghe non lo fanno mai, loro ordinano, sottomettono, non si abbassano a pregare, non un licantropo poi. Il mio nome ha un suono così peccaminoso su labbra carnose, indugia sul palato per poi incunearsi in una dolce carezza di velluto in gola, e non è solo il mio nome che vorrei conoscesse quella bocca. Vedo la mia carne penetrare spasmodica nella sua, fondermi con i gemiti sfumati nell'oscurità, fino ad annullarmi di lei, dentro di lei, per lei, in una notte di perversioni impronunciabili, insieme nel girone scellerato degli amanti infernali.
Le scene impetuose scoppiano nel cervello e rendono impossibile il semplice intento di andarmene.
<< Devo. >>, taglio corto sbrigativo, burbero. Mi alzo di slancio, se la guardo di nuovo non farò nemmeno un metro, getto distanze fisiche per impedirle di mettermi in ginocchio. Letteralmente.
Avverto uno scompiglio, i piedi nudi sul pavimento freddo: stavolta sarà più difficile lasciarla. È diverso stanotte.
<< Resta con me. >>, implora di getto, senza capire effettivamente cos'è che mi sta chiedendo. << Non deve essere per forza così. >>. La gelosia la divora viva, la percepisco nel tono disperato della voce argentina.
Una risata cavernosa risale dalle gabbia toracica, volto la testa sopra la spalla, percepisco solo la minuta sagoma in mezzo alla stanza.
<< Perché non sei come le altre puttane nere? >>, sbotto feroce, malvagio, spietato, sono un fascio di nervi irrequieti che viaggiano su una tetra frequenza di sesso e morte. << Come tutte quelle che ti hanno preceduta? Era facile con loro dopotutto, volevano solo una cosa da me. >>. Sono di profilo, punto lo sguardo gelido dritto davanti a me, riempio volgare la mano con la forma massiccia e sproporzionata dei genitali voluminosi, per trasformare le parole in sospeso in concretezza. Un fuoco cupo divampa nel baricentro del petto, miro a farle male con ogni arma a mia disposizione, la voglio per me con il dolore, legata dalla sofferenza di essere qui e non potermi avere. << Non si trova facilmente questa merce negli umani maschi, nessuna di loro s'è lasciata scappare l'occasione di montarmi... in fondo è questo che sono dopotutto, no? Uno schiavo di sesso. >>. Proseguo senza concederle alcun garbo, un carro armato in discesa dai freni rotti che s'abbatte spietato su di lei.
<< Perché mi parli così? >>. Un sussurro rotto da un singhiozzo inaspettato esplode letale nelle orecchie, si apre un varco imprevisto nelle mura della finta indifferenza. È questo che si prova dunque a morire? << Non sei mai stato uno schiavo di sesso per me. >>.
Schiocco la lingua al palato, riacquisto la maschera distaccata, la furia non si ferma.
<< È perché sei una fottuta figa di legno, Lily! >>, abbaio sgradevole con scherno, come se non essere mai stata a letto con qualcuno fosse una realtà di cui imbarazzarsi ed è esattamente ciò che scateno in lei: la vergogna.
Indietreggia turbata nemmeno l'avessi schiaffeggiata in pieno volto, tradita da una delle persone di cui si fida maggiormente.
La lingua sciolta non s'arresta, c'è una forza ancestrale vorace di sangue che agisce per me. Più la amo e più le faccio del male.
<< Vuoi che resti? >>, la provoco spudorato, porto le mani alla cerniera dei pantaloni, fingo di sbottonare la patta, mentre con passo di carica bluffo nella sua direzione. Conosco già l'epilogo di quel che sto facendo. << Allora avanti, ce l'ho duro proprio ora, fammi vedere cosa sai fare con quella bocca: convincimi a restare. >>. Mi fermo immantinente, non appena arretra spaventata da me, gli occhi arrossati sul punto di piangere: sono io il nemico.
Inarco entrambe le sopracciglia, perfettamente conscio della reazione alla mia richiesta, la sminuisco con una sola occhiata derisoria.
<< Dio Lily! Mi vuoi, ma non mi vuoi. >>. Alzo le mani a mezz'aria, in segno di resa. Non avevo alcuna finalità di fare nulla contro la sua volontà. << Non intendo toccarti stai tranquilla, che non la voglio carpire la tua preziosa purezza da santa immacolata... ma a me piace scopare, non ho fatto altro negli ultimi trecento anni e non smetterò perché sei tu a chiedermelo! Non sei come le altre e a questo punto non mi interessa neppure che tu lo sia. >>. Non sono mai stato così scurrile ed atroce con lei. Mai.
L'unica che mi ha sempre trattato da essere umano e non da animale, sto infierendo su di lei come un empio assassino su un corpo già morto. Mi accanisco perché pretendo da lei l'uguale impeto passionale che le rovescio addosso.
Stringe i pugni serrati sul cuore, le nocche diventano violacee, prende a tremare visibilmente e nella violenza condensata dell'atmosfera indigesta, lacrime mute sfuggono alla frangibile tenacia. Nel silenzio del suo dolore smarrisco la foga incontrollabile di ferirla: l'ho già fatto.
Ed è quando torno in me, che mi rendo conto del terribile crimine appena compiuto. Il peggiore commesso fino ad oggi, non si può imporre ad un giglio di avere le spine di una rosa.
<< È perché ti amo, scimmione testa di cazzo! >>, urla così forte da divenire livida in volto. Scoppia a piangere in una tempesta travolgente, vibra d'energia vorticosa, un miscuglio di passione straziata che la rende una creatura di rara bellezza. << Io non posso usare il tuo corpo come un oggetto, solo perché è questo che hanno fatto tutte le altre con te! Mi dispiace non essere all'altezza delle tue elevate aspettative sessuali, se provo disagio quando mi tocchi è perché so che tu cerchi l'appagamento del corpo, mentre io cerco la tua anima! E mi dispiace di essermi innamorata di te! Davvero! Se è così terribile stare con me, sei libero, puoi scegliere un'altra strega, puoi scegliere di andartene e non sopportare più il peso della mia presenza! >>. È l'unica cosa che può fare, non spetta a lei spezzare l'anatema che mi assoggetta alle streghe come giocattolo sessuale. Il colpevole della mia condizione sono esclusivamente io.
Un silenzio inusitato approda opprimente, s'aggrappa alla gola e strangola con dita d'acciaio, nel vano tentativo di produrre a livello fisico quel dolore che s'alligna nel petto. In sottofondo, i protagonisti del film che stavamo guardando, coronano il loro sogno d'amore con un bacio melenso sotto la pioggia. È così facile sulla cellulosa, e così impossibile nella realtà.
<< È proibito. >>, è l'unica stupidaggine che sussurro, sconvolto. La confessione ha spiazzato, deposto le armi, tolto l'armatura, sono nudo al cospetto della Venere di Distruzione, può razziarmi l'esistenza, fracassare il cuore, rendermi un verme che striscia ai piedi dell'unica vera padrona. << Non puoi. >>. La metto alla prova, tasto di nuovo se ha davvero la temerarietà che avvalora con le parole.
Inarca un sopracciglio, tira su poco aggraziata con il naso e lancia un'occhiata di pura sfida.
<< Ah sì? E sei tu a vietarmelo? O le tue puttane nere? Le chiami così, no? Siamo tutte puttane per te! Anche io lo sarò presto, è per questo che ti accanisci in questo modo, è questione di tempo e poi avrai la prova che siamo tutte uguali, che vogliamo solo scoparti e ti sentirai in pace, vittorioso, tronfio delle tue verità. Perché potrai raccontarti la favola di come il mio amore fosse solo una scusa per finire a letto! >>. Una smunta ilarità priva di allegria le acuisce i lineamenti furibondi. << Io amo chi cazzo mi pare, faccio il cazzo che mi pare e vivo come cazzo pare a me, ricordatelo bene! Non sottostò alle regole di nessuno, né le tue, né di altri! Esisto con le mie regole, appartengo solo a me! Ficcatelo in quella testa vuota che ti ritrovi. Sei una montagna di muscoli con zero cervello, proprio come tutti i schifosi cani bastardi della tua specie di merda... vai Dave, cosa fai ancora qui? Vai a fotterti chi cazzo vuoi, togliti dalla mia vista e non tornare stasera, né domani, né mai più! >>. Le iridi di ghiaccio sono un uragano che non hanno più tregua, la fierezza conduce le nostre azioni su tragitti errati, nessuno dei due intende mollare la presa per far vincere l'altro. Permettiamo all'orgoglio di spalancare una voragine tra di noi.
Si volta di spalle, legiferando terminata l'animata discussione folle, taglia di netto ogni replica e non posso far altro che sobbarcarmi le conseguenze delle mie stronzate.
Un passo pesante dopo l'altro mi spingono fuori dalla stanza dall'aria irrespirabile, ci sto lasciando il cuore impigliato lì dentro, sono una marionetta disfatta che se ne va; richiudo la porta alle spalle e sono svuotato. Mi accascio su di essa, serro gli occhi ed odo lo sfarfallio convulso del suo cuore rompersi, i singhiozzi strozzati per non concedermi l'egemonia sulla sofferenza, l'ira con cui asciuga le lacrime per non essere debole. Il suo dolore ha l'odore di una fresca pioggia estiva notturna, quelle che sanno di brezza marina, spengono l'arsura e riempiono di leggerezza la vita.
Non è mai stata come le altre streghe, glielo hanno ripetuto in così tante persone, sminuendola, per beffeggiare, svalutando il valore della sue capacità. Ha dovuto sempre faticare il quadruplo per essere accettata nel suo stesso mondo, così diversa da chi ha fatto della malvagità un tratto distintivo, lei che non è in grado di fare del male a nessuno, soprattutto al sottoscritto... ed ho giocato l'unica carta che non dovevo, passando dall'altra parte del fossato, dove di solito ci sono gli antagonisti.
Devo scusarmi.
Devo.
Il corpo è un macigno inamovibile che non intende collaborare, nella testa le parole fluiscono sincere, facili, semplici, tuttavia la bocca resta sigillata, questo fottuto orgoglio mi porterà alla tomba.
La porta si spalanca d'improvviso, Lily è il ritratto della vendetta, è differente ora, una furia cieca, straripante della medesima malvagità che ho discernito nelle altre streghe, ma è più di questo, è ornata da una collera a lungo domata, spronata a galla dallo strazio impietoso a cui l'ho costretta.
Pungola l'athame con il quale pratica le arti occulte, preme bieca lo stiletto affilato dall'elsa fregiata di nero sulla carotide. Le basta un gesto secco per trafiggere con la lama.
<< Dimmi perché non dovrei farlo? Sei come tutti gli altri, anzi, forse sei nettamente peggio di tutti gli altri! Avanti Dave, un solo motivo! >>, replica il tono sarcastico che ho usato io poc'anzi.
È una lotta taciturna di occhi virulenti, smania corrotta, esaltazione dell'oscurità nel suo cardine più insidioso. Le tenebre si attorcigliano serpeggianti in un nodo di velluto bordeaux, ci siamo solo noi ed una frenesia nefanda di carne e sangue che rimbalza esagitata dal suo corpo al mio.
Con uno strattone deciso lacero il tessuto bianco della camicia che si apre sul petto ampio, i bottoni trillano ritmati sul pavimento. L'indice guida la punta della lama dalla gola fin lì, proprio dove sotto strati di carne, muscoli ed ossa giace un cuore che martella convulso.
<< È qui che devi colpire, Lily... non pensarci poi troppo. È facile dopotutto: usa quella rabbia. Usala tutta su di me, se non puoi darmi quello che desidero, allora dammi il dolore. >>.
Scruta in cagnesco, annega nei miei occhi, è spaccata a metà dal bisogno spasmodico tra il vendicarsi e l'amarmi. I pensieri fluiscono come un torrente in piena, si ridesta dalla malia di livore, i lineamenti smarriscono nerbo, il fiele è un boccone amaro che manda giù, perché lei è solo miele, è composta da dolcezze e bontà, non è fatta per tutta questa violenza. È per questo che afferro secco la sua mano e la obbligo a pugnalare contro volontà, non può opporsi alla forza dirompente, ed interrompo il gesto riprovevole quando lei caccia un grido atterrito, divincolandosi.
L'athame cade a terra con un sordo rumore ferroso, ho il torace striato di denso sangue rosso vivo, macchia la pelle dorata, la camicia non più molto pulita, è sul pavimento, sulle sue mani. La ferita non è profonda, ma tanto basta per gettarla nel panico.
<< Sei impazzito?! Perché? >>, boccheggia sconvolta, fissa scombussolata il frutto dei nostri squilibrati comportamenti combinati.
<< Uno schiavo di sesso lo sono già, uno schiavo di sangue ancora no. >>. La richiesta è implicita, ma incisiva. Mi lego a lei in una congiunzione eterna fino all'ultimo respiro, nessun'altra donna, non sarò la proprietà di altre streghe, solo lei: pena la morte. << Avvicinati Lily... toccami. >>. E nella cognizione del suo calore, sento la pelle febbrile ed un bisogno di morte abissale scarnificarmi dall'interno, la frenesia sfiora un apice mai saggiato in precedenza.
La preghiera le cagiona un brivido, che sia di terrore o di eccitazione non avrò mai modo di saperlo con certezza.
Un istante catartico dove transitano miliardi di futuri diversi, sono in ognuno di loro, non vi è più un frammento dove non esisto: i prossimi respiri sono decisivi.
Prendere o lasciare.
Tutto niente.
Odio o amore? Quanto è sottile stanotte la linea che separa queste due pulsioni? Cammino goffo e maldestro su quella linea, un passo falso e cadrò nella perdizione più convulsa o nello strazio infinito.
Deglutisce a stenti, una coscienza nuova si diffonde in quegli occhi di zaffiro tenue, un'avidità voluttuosa, fuoco sotto la cenere, un vulcano addormentato che esplode nella penombra. Ora è una strega indisciplinata, sconosciuta, ribelle, è sempre lei, ma sono stato troppo cieco per vedere.
Avanza ineluttabile, non v'è impronta di sgomento o incertezza, è libera da inquietudini e pentimenti, niente potrà farla recedere dalla scelta presa. Le dita affusolate ghermiscono tiranniche la cintola dei miei pantaloni e con uno strattone autoritario mi avvicina a sé. L' odore è una zaffata erotica che si imbastisce addosso, discerno umidità segrete che si animano per me, arrogano perentorie scatenate e non si soddisferanno fin quando non le riempirò con la mia carne dura.
Mantiene saldo lo sguardo felino fino all'ultimo e poi lo fa.
Lo fa davvero.
Corrompo il giglio, lo affresco di peccato e velluto, deterioro la luce con le ombre rapaci dell'empio vizio peccaminoso... no, non è come le altre. Lei è mia.
Poggia le tenere labbra sulla ferita vessata ed assetata di me beve il denso liquido cremisi, sigillando il patto di sangue tra la padrona che ho prediletto e il suo schiavo volontario, non vi sarà altra donna dopo di lei. Scelgo di morire che infrangere il giuramento.
Una bollente contrazione sgorga dalle viscere e divampa un rogo caliginoso nei lombi, risale penetrante valicando la spina dorsale e smorza l'intelletto. Getto la testa all'indietro, un gemito cavernoso prorompe diretto dalla gola, congiungo d'istinto il suo corpo all'erezione prominente in un'urgenza lancinante di avvertirla fin dentro ogni cellula che mi compone.
<< Mi appartieni. >>, rivendica intensa, la bocca sporca di rosso, le iridi due tizzoni ardenti che ustionano. E lo patisco il marchio di proprietà esularmi dalla maledezione che ho scatenato, m'investe ora, infuria durevole, è coercitivo, autocratico, più lo guerreggio e più rischia di trucidare empio, squarcia fuori il cuore dalla gabbia toracica e lo stringe fino a farne polvere. I nodi dell'anima vengono falciati uno ad uno, le priorità sradicate, il mio odio per le puttane nere perde d'importanza, le sofferenze smarriscono consistenza, non rammento neppure perché tutto questo ha avuto inizio, che senso ha ogni cosa attorno a me o chi sono. Dal cumulo reciso tuttavia, perviene un filo scintillante spoglio da legature, si distacca dalla mia oscurità per imbattersi a metà strada con il filo scaturito dal petto della mia padrona, concependo infine un vincolo indissolubile.
Non sono più una bestia da monta, un animale bastardo, un giocattolo erotico, divengo uno schiavo sì, ma uno schiavo d'amore.
Vorrei ancora avere la facoltà di arguire, rallentare l'insana corsa della passione, invece sono un nervo scoperto pulsante, in balia di un oceano di ossessione che mi tira a fondo negli abissi, in acque inesplorate dove approdo per la prima volta.
<< Hai detto di volermi? >>. È una domanda retorica, voluttuosa, dai toni sensuali. L'alterco è nato proprio perché la voglio più dell'ossigeno stesso, il desiderio m'acceca e confonde. Prende la mia mano, la conduce provocante alla bocca e con un'indecenza abbacinante succhia avida l'indice ed il medio che la riempiono per intero. << Allora perché aspetti? >>, mormora accattivante, intanto che guida sicura le dita bagnate in giù, oltre l'elastico morbido dei pantaloni, al di là dell'intimo, calca energica sul bocciolo di carne calda che vibra al mio tocco, si dischiude a me come un fiore proibito che mi esige dentro di sé. Trattiene il respiro, colta da un profondo tremito irrequieto che l'attraversa per intero.
Cerca anelante il mio sesso, ne traccia i contorni massicci, massaggia con dissimulata impreparazione, segue l'istinto senza sapere bene cosa fare, vuole presentarsi valente ai miei occhi, non deludere più le aspettative. L'inesperienza fa ribollire il sangue nelle vene e triplica la mia fame.
La bacio con spudorata veemenza, è un incontro ingordo di lingue e saliva, non sarò dolce, non sarò amorevole, sarò come la natura mi ha creato: un animale. Sfilo la mano dal suo calore e ne assaporo volgare la dolcezza, d'impeto la isso tra le braccia, il fine è il letto, la dannazione, l'inferno: ho atteso anche troppo per essere delicato. Non vi saranno preamboli o indulgenze, solo sesso crudo, feroce, osceno. Violare ogni genuinità, per renderla totalmente mia sotto queste esecrabili spoglie disumane.
Le sono sopra scalmanato, tra le lenzuola ancora sfatte, appare così fragile ed indifesa mentre mi strappo quasi di dosso ciò che resta della camicia, è innocente, candida, resta in timida attesa, divorando con gli occhi rifulgenti ogni centimetro nudo del mio corpo.
<< Sarò come le tue puttane nere? >>, interroga indecifrabile, è come se volesse essere considerata come loro, come se volesse aspirare a capeggiarle, ad avere la corona da regina nera su chi ha giocato con la mia vita. Vuole cancellare l'odore delle altre, per imprimermi il suo a fuoco per l'eternità.
Le copro la bocca per impedirle di oltraggiarsi, quella parola non è per lei, deturpa l'immagine che io ho di lei... lei che è tutto.
<< È così che vuoi che ti veda? Come una puttana? >>. Adesso la mano lambisce carezzevole un lato del viso di donna, paleso delle accortezze mai avute in precedenza. E con un'agghiacciante consapevolezza prendo realmente cognizione di quanto sia sconfinato l'amore scellerato che alimento. Quasi mi viene di morire dinanzi a tale violenza terribile.
Annuisce risoluta, si issa seduta e mi lecca procace le labbra schiuse.
<< Sì: la tua. Non ci sarà altro uomo, Dave. L'ho capito dal primo momento. Voglio essere la tua puttana, la tua schiava, la tua padrona... fammi essere tutto ciò che vuoi, non risparmiarmi niente. Dammi quello che dai alle altre. >>. Le mani curiose percorrono insicure il torace nerboruto, i polpastrelli s'attardano tra le pieghe definite, aggirano la ferita aperta, giungono esitanti alla cinta per sfibbiarla. << Cosa avresti fatto alle altre? Non avere paura di farmi male, io ti voglio così come sei, per quello che sei. Niente di meno. >>. Slaccia il bottone, abbassa la cerniera e con un'occhiata incandescente cala i calzoni sulle cosce floride e con essi anche i boxer.
Ha un momento di défaillance davanti al sesso che balza fuori massiccio, tumido, gonfio di vene in rilievo, un'arma per il godimento lacerante... non scherzavo di certo quando dicevo che ho qualcosa che i maschi della razza umana non hanno.
Cancella in fretta il turbamento, si sforza ad apparire smaliziata, esperta, consumata. Insiste a voler essere come le altre, però lei non sarà mai come le altre, non potrà mai essere un viso che dimentico dopo una notte di sesso, ma l'unica che ricorderò prima di morire.
Crea una scia di baci dallo stomaco, scende verso il fulcro vivido dei suoi interessi, giunge a conoscere il membro turgido, lo fa come meglio le riesce, le saturo la bocca, riesce a stenti a contenere la mole smisurata; deve aver visto qualche porno scadente di seconda categoria credendo che sia la maniera giusta. Addenta, graffia, raschia: sono in visibilio.
Si ferma un istante prima che perda la ragione, si sdraia a cosce spalancate, le labbra gonfie, le iridi dei diamante che mi perforano l'anima. Frenetico la spoglio, m'impossesso di ciò che è sempre stato mio, conquisto la morbida carne di seta pallida, la grana delle pelle perfetta, le abbondanti rotondità. La lingua impazzita è stordita dal sapore, del miele di cui non berrò mai a sazietà, m'immergo ottenebrato tra pieghe femminili ed aneliti trattenuti.
Il primo orgasmo invocato giunge annunciato da un vigoroso sussulto scombussolante, inarca il bacino contro di me, ed esplode letteralmente nella mia bocca insoddisfatta: ne voglio ancora, di più, tutto. Potrei andare avanti per ore, fino al supplicarmi di fermarmi.
È consumata dai flutti del godimento, una strana paura mista ad emotività mi abbranca le interiora, mentre la contemplo ammaliato da un incantesimo di follia d'amore. Le scivolo sopra come un avvoltoio solerte sulla carcassa.
<< Hai detto di voler essere trattata come le altre. >>, le rammento in un baritonale sussurro al gusto di intimidazione. Non le lascio il tempo materiale di ragionare sulle torbide parole, entro inesorabile dentro di lei, strappo l'ultima vestigia di candore e diviene totalmente mia. Il giglio bianco è ora rosso cremisi, come il sangue che sancisce per sempre la fine dell'innocenza e la trasforma nella mia puttana.
Si aggrappa alle spalle possenti in cerca di un'ancora di salvataggio per la fitta bruciante, si lascia sfuggire solo un lamento flebile, non aggiunge altro, sopporta stoicamente senza mai venire meno alla preghiera fatta.
<< Sì, come le altre. >>, risponde con le lacrime agli occhi, riaffiorando dall'incavo del mio collo. << Ma l'unica che ti ama. >>.
Naufrago nelle iridi luminose, posso quasi vedere riflesso il mio volto, sembro così diverso attraverso di lei, meno bestiale, più uomo, quasi umano. Accarezzo i lunghi capelli di mogano caldo allargati a ventaglio sul cuscino, indugio che si adatti alla virulenta incursione.
Colto da un senso di terribile sopraffazione per aver trattato la donna che amo con tale furia, sto per fare un passo indietro, anche se è troppo tardi.
<< Lily io... >>.
<< No! >>, sbotta lei, agitata dal ripiegare inaspettato. Incrocia le gambe dietro il mio sedere per impedire di sfilarmi via. << Non pretendo che per te sia lo stesso, non voglio la tua pietà. Voglio te, qualsiasi sia il modo in cui vuoi stare con me. Vuoi il mio corpo? Eccomi dunque, il mio corpo, il mio cuore, la mia anima, sono già tuoi. Puoi avere tutto di me, non ti negherò mai nulla! >>. È annebbiata d'amore, il sentimento le offusca il discernimento, non le importa più se miro solo al piacere, le importa che quel piacere sia con lei. Ci saranno conseguenze amare per la scelta folle, in un mondo in cui ha faticato stare a galla, le streghe non lasceranno correre il suo tradimento. Ed ho un bisogno spasmodico, quasi fisico, di trascinarla via di peso per condurla al sicuro con me, anche in capo al mondo.
Non ha capito, crede che per me non sia lo stesso e forse no, forse non è lo stesso, forse è di più, un di più che non può trovare spiegazione a voce. Mi sono incatenato a lei, dopo ci sarà solo la Triste Mietitrice, e per un licantropo un legame è per sempre.
Dimena i fianchi straziata contro la mia erezione, non vuole una risposta, preferisce che io continui senza aggiungere null'altro.
<< Scopami Dave. Scopami ora! >>.
Colto da una slancio inesauribile ricomincio da dove mi ero fermato, faccio come supplica, lascio che l'insania abbia luogo, la prendo con stoccate potenti, totalitarie, vado fin oltre il limite e ancora più in là. Divento sfrenato, una belva scatenata, penetro rapido, rabbioso, arrivo in fretta all'apice e mi riverso in lei in caldi getti spasmodici, con un ringhio gutturale che cede il posto ad una silenziosa bonaccia, dopo la più virulenta delle tormente. Anche lei è venuta di nuovo, trema ancora frattanto che torno alla ragione e non smette più di sussultare tra le mie braccia.
È mia cazzo, è mia!
<< Sei viva Lily, sei viva. >>, mormoro sconclusionato, per calmare la mareggiata. << Fai le valige ora: ti porto via. >>.
<< Perché? >>. Coglie al volo a cosa mi riferisco, non intendo lasciarla pagare da sola una colpa che non è tale, non senza che io prima abbia lottato fino alla morte per la sua vita. Ciò che non comprende è la mia preoccupazione per lei.
Respiro forte, deglutisco più volte e quando ritrovo la voce so che sto per confessare l'unica verità concreta della mia realtà.
<< Perché ti amo. >>.
Note:
BENE! ALLORA *coff coff* inizio col dire che questa storia m'è uscita cringe! Ne sono perfettamente conscia, ma purtroppo non tutte le ciambelle mi escono col buco e questa OS m'è venuta fuori un po' MEH. E siccome sono sincera con me stessa, so che è cringe e vabbé, accetterò i commenti negativi (fatti con educazione e senza offese) con piacere, così da aiutarmi a crescere nella scrittura.
L'ho pubblicata comunque, perché, nonostante il cringe, mi piaceva lo stesso e quindi ve la beccate così com'è!
Col senno di poi capisco che non ha nemmeno una trama, quindi niente è uno spezzone buttato a casaccio di due che trombano come ricci.
Magari se l'avessi distribuita in una long sarebbe venuta fuori meglio. O forse no, non lo so!Abbiate pietà di questa pikkola anciela che scrive minchiate!
Ringrazio chiunque leggerà e commenterà.
La storia può presentare errori ortografici.
Un abbraccio.
DarkYuna.
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La Venere di Distruzione
Fantasy[Completa] ...non si può imporre ad un giglio di avere le spine di una rosa...