Capitolo 8 - Meglio così

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Nonostante gli avessi detto che non ce ne fosse alcun bisogno, Carlisle insistette nel portarmi a mangiare qualcosa al Diner di Joe. Il locale era vuoto, c'erano una manciata di clienti, l'ora di punta era passata da un pezzo. Appena entrammo gli occhi si puntarono tutti su di noi, non avevo bisogno di leggere nel pensiero per capire che stessero tutti morendo di curiosità. Cosa ci faceva "la nuova" con il fascinoso Dottor Cullen? A quella domanda davvero non sapevo dare risposta, se non. Puro Culo. Non potevo in altro modo descrivere la fortuna sfacciata che mi aveva baciata.

Ci sedemmo in un piccolo tavolo, infondo al locale, al riparo il più possibile da tutti gli sguardi

-Cosa prendi?-

-La scelta è ardua... ma penso che andrò per caffellatte e pancakes... con le fragole... ah, anche la panna!- Lo vidi trattenere a fatica una risatina divertita, lo guardai con un sopracciglio alzato, fingendomi quasi offesa. Lui si affrettò a scusarsi: -Perdonami, non intendevo ridere, ma è passato tanto tempo dall'ultima volta che ho visto qualcuno così... buongustaio-

-Amo il cibo e non me ne vergogno- annunciai alzando le mani, con l'accenno di un sorriso.

-Non c'è ragione per vergognarsi, lo trovo adorabile- Sotto il suo sguardo caldo mi sentii sciogliere. Mi aveva definita "adorabile". E' un enorme passo avanti dal sembrare un clown.

-Tu cosa prendi?- gli chiesi incuriosita, ma lui scosse la testa.

-Non faccio colazione-

-Inconcepibile- mormorai portandomi una mano alla bocca, per esagerare il mio sbigottimento.

-Il mio animo da nonnina italiana non può concepire un tale scempio, dovresti sempre fare colazione! E' il pasto più importante della giornata!-

Lui rise di nuovo, mi sentii benedetta da quella risata, dentro di me mi dissi che avrei dovuto cercare di farlo ridere più spesso, mi sarei resa ridicola per vedere il suo viso illuminarsi così ancora una volta.

-Ti manca l'Italia? La tua famiglia è rimasta lì?- Non potevo non sentirmi lusingata dal suo interesse nei miei confronti. Mi passai distrattamente una mano nei capelli e abbassai lo sguardo, indecisa su come rispondere.

-Oh, sì, decisamente, è come un primo amore, non si scorda mai. Ma la mia vita è qui ormai, anche se mia madre pochi anni fa è tornata in Italia con il suo nuovo marito americano.-

-Tuo padre...- Carlisle non completò la frase, scosse la testa e cambiò argomento. -Ho passato alcuni anni a studiare in Italia, il mio italiano è un po' arrugginito...-

-Mio padre- Lo fermai, avevo trovato incredibilmente dolce il fatto che avesse deciso di non chiedermi di mio padre, ma ci tenevo ad avvicinarmi a lui. Ero disposta a contrattare qualche segreto, in cambio di maggiore intimità.

-E' sparito dopo il divorzio con mia madre, avrò avuto sì e no sei anni. E' come una meteora, una volta ogni dieci anni può essere avvistato passare nella mia vita. Non credo che abbia mai capito cosa significasse essere un genitore, è un eterno ragazzino.- Sapevo che nonostante il mio impegno per mantenere la conversazione leggera, dalla mia voce si tradiva una certa amarezza.

-Mi dispiace...- Mormorò mentre le due dita sfiorarono delicatamente il dorso della mia mano. -Neanche mio padre è mai stato un esempio di amore paterno... Era un uomo molto severo, ligio al dovere e autoritario- Aveva abbassato lo sguardo, le labbra erano contratte, qualsiasi ricordo stesse riaffiorando, doveva essere doloroso.

-E' per questo che hai deciso di adottare?- Ora era la mia mano ad accarezzare la sua, lui alzò lo sguardo per qualche secondo, ma tornò di nuovo a fissare il tavolo in finto legno.

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