Parte II
Hyunjin non era mai stato così tanto in ansia prima. Non era la prima mostra a cui prendeva parte, certo, ma quella volta era completamente diverso. Prima JYP a stento gli aveva dato la possibilità di esporre uno o due quadri, quella volta aveva una sala
completamente sua. Quella volta gli aveva dato la possibilità di creare un'installazione e farla nel modo che più preferiva, liberando completamente la propria mente attorno a quell'unico quadro che aveva dato il nome alla sua mostra: locked. Rinchiuso. Come era stato lui per troppo tempo. Come tante persone lì fuori si sentivano ogni giorno ad indossare sorrisi falsi che non erano i loro.
Sorrise all'ennesima persona che gli stringeva una mano regalandogli un complimento compiaciuto e lui fingeva di apprezzare, chiedendosi se davvero qualcuna delle persone che fermava lo sguardo anche solo un secondo su uno dei suoi dipinti riusciva a capire davvero cosa stesse urlando loro.
"Sono fiero di te" gli aveva detto JYP ad un certo punto quel mattino, quando hyungjin aveva spento la luce nella sala piccola dove aveva esposto locked, e aveva deglutito un groppo di lacrime pensando a quello che gli aveva chiesto Mr Sunshine la prima volta che aveva avuto il coraggio di scrivergli: quand'è stata l'ultima volta che ti sei complimentato con te stesso. Quando era stata posta la domanda non aveva potuto rispondere, ma in quel momento mentre decine di persone si aggiravano tra i corridoi di marmo della sala, aveva la risposta pronta.
You make me shine: la prima volta che ho avuto il coraggio di scriverti ci stavi chiedendo quando ci fossimo complimentasti con noi stessi l'ultima volta. La mia risposta è: ora.
Scrisse e poi spense il cellulare, non poteva sopportare l'idea di non ottenere risposta da Mr Sunshine. Dopo così tante volte che si erano scritti, avrebbe anche potuto sentirsi più tranquillo e certo di ricevere una risposta, ma con quell'uomo non riusciva a sentirsi sereno. A volte si chiedeva persino se non fosse unicamente un'invenzione della sua mente per farlo andare avanti in qualche modo.
E alla fine, nonostante le continue lamentele, Felix era stato letteralmente costretto da Minho a seguirlo alla mostra dell'amico di Jisung; si era lamentato e aveva odiato la sua incapacità di dire no per tutto il mattino – quella giornata sarebbe stata devastante tra la mostra, il montaggio del video che avrebbe dovuto caricare lunedì e la solita diretta delle 20.30 del venerdì – eppure non appena aveva messo piede nell'enorme locale di marmo bianco, si era subito sentito a suo agio. Prima dell'asmr, quando aveva infinito tempo libero, lo passava quasi tutto tra una mostra d'arte e un corso di danza; da quando aveva iniziato aveva così poco tempo per fare tutte le altre cose che amava, che quasi quasi si chiedeva se non fosse giusto abbandonare il mondo dell'asmr per ritornare a fare tutto quello che amava e riprendersi un po' della vita che sembrava aver perso. E così, nonostante le lamentele che il povero Minho si era dovuto sopportare, aveva abbandonato il fianco dell'amico e aveva iniziato a vagare tra i corridoi, alla scoperta di tutte le opere d'arte che lo circondavano.
A volte si chiedeva se non avesse una Stendhal mai diagnosticata: com'era possibile che avanti a quadri come quello che stava osservando in quel momento si perdeva completamente, ritrovandosi immerso nei colori, nelle sensazioni, nei pensieri che salivano a galla solo guardando l'arte.
Stava passando avanti alla parete degli studenti del secondo anno dell'accademia quando sentì quasi il pavimento di marmo crollare sotto i suoi piedi: lì, avanti ai suoi occhi, prendeva posto l'opera più semplice e contorta, bella e brutta, triste e felice che avesse mai visto, ma la cosa che maggiormente lo colpì, andando oltre l'immagine stessa che i suoi occhi vedevano, era lo stile delle pennellate: secche e decise, forti ed impressive, scure e materiche. Gli venne quasi da piangere. Quelle erano le pennellate di Hyun, ne era quasi del tutto sicuro, non poteva essere altrimenti. Anche se lo stile e il soggetto erano diversi da quelli generalmente scelti dal suo Hyun, quelle pennellate erano le sue, quello non poteva che essere suo.
Si abbassò a leggere il nome della targhetta, già quasi immaginando la scena: Hyun il nome scritto, Hyun volto sconosciuta ma anima conosciuta che gli si avvicinava e gli chiedeva se aveva apprezzato la sua opera e cose suscitava in lui, un sorriso, un bicchiere di prosecco e poi la serata assieme e dopo la confessione e dopo – dopo si rese conto di essere ancora una volta deluso dalle sue stesse illusioni.
Hyunjin, era il nome sulla targhetta e ad avvicinarsi non fu l'uomo dei suoi sogni ma Minho che lo trascinò a conoscere il fantomatico amico di Jisung, l'uomo dalle pennellate magiche.
"Non avevo dubbi" sentì la voce di Chan a le proprie spalle e si girò, il sorriso ad illuminargli il viso come ogni volta che vedeva i suoi amici, unico punto di luce costante dal suo arrivo a Melbourne.
"Il nostro Hyunjinnie è sempre certezza" confermò Bin dandogli una pacca sulla spalla alla quale lui fece finta di piegarsi, troppo da sopportare era il peso delle braccia di changbin.
"Qual è quello dedicato a noi?" chiese ridendo Han e lo mandò affanculo, come ormai faceva spesso, poi si intromise Minho, non che non si aspettasse di vederlo dal momento che ormai era praticamente l'ombra di Han, ma di sicuro non si aspettava di vederlo sorridere come stava facendo – era un tipo serioso all'inizio. Tutto sguardi cupi e seriosi – "Quando il quokka qui mi ha detto che aveva amici talentosi non ci ho creduto più di tanto ma devo pentirmi e dargli ragione, voglio il quadro con lo squarcio di luce viola in camera mia prima di subito". Era la prima volta che lo sentiva parlare così tanto da quando si erano conosciuti, in genere era in un angolino a limonare con il suo amico, ma in quel momento non gli interessavano molto le sue parole quanto il ragazzo biondo al suo fianco. Lo aveva già incontrato, ne era certo. Eppure forse non lo aveva visto davvero fino a quel momento, il suo petto gli stava urlando qualcosa ma lui non riusciva a capire cosa. Sapeva solo che era un minuto buono che se ne stava lì, a guardargli le labbra mentre il resto del mondo scompariva attorno a loro. Quelle labbra. Quelle labbra erano praticamente identiche a quelle di Mr Sunshine. Ma non poteva essere. Forse si somigliavano ma non erano quelle. Fece lo sforzo di distogliere lo sguardo dalle sue labbra per rendersi conto che non riusciva a distoglierlo del tutto dalla figura longilinea del piccolo folletto dagli occhi nocciola e il viso costellato di stelle che gli stava sorridendo.
Minho seguì il suo sguardo e gli sorrise – di nuovo! Jisung doveva proprio aver lavorato bene prima di portarlo alla mostra! –.
"Non credo che ci siamo presentati?" chiese allungando una mano verso il ragazzo biondo che la colse senza esitazione, sorridendogli "Felix", Minho fece per dire che in realtà li aveva presentati una sera al locale un po' di tempo prima, ma ad un certo punto si sentì di troppo. Tirò la manica di Han e si allontanarono.
Lì, al centro della sala nera esistevano solo loro due: Hyunjin e Felix che si guardavano per la prima volta come se già si conoscessero da un'eternità. Come se nella vita precedente fossero stati già qualcosa. Come se in quella vita fossero destinati.
L'uomo dalle pennellate magiche risultava essere, guarda casa, anche l'uomo più bello che avesse mai visto.
Alto, i capelli biondi tirati indietro, pantaloni neri morbidi a delineare delle gambe infinite, camicia nera a mettere in risalto il bianco porcellana del suo collo, maniche tirate su a mostrare braccia forti quanto delicate e mani ancora vagamente sporche di colore. Il ragazzo mandò affanculo Jisung, ridendo, poi si voltò verso Minho che gli stava dicendo cosa, ma non avrebbe saputo dire cosa perché nell'esatto momento in cui gli occhi neri dell'altro si scontrarono con i suoi, il suo mondo sembrò andare a fuoco, il suo cervello sembrò cadere sotto l'incantesimo di quel mago nero che lo stava osservando dall'alto della sua statuaria bellezza e gli stava sorridendo con quelle labbra rosee gonfie e morbide piegate su un sorriso perfetto.
"Hyunjin" gli disse e Felix gli sorrise, sentendosi sciogliere sotto la sua mano quando la strinse alla sua.
"Il quadro fuori..." cercò di formulare dei pensieri sensati ma non era la cosa più facile da fare mentre quei due occhi lo guardavano in quel modo, facendolo sentire l'unica luce ancora accesa al mondo.
"Light in the dark" riprese distogliendo lo sguardo dal suo "è ipnotico- io non ho – è reale. Mentre lo guardavo era come se mi sentissi lo spettatore di quello squarcio di luce, come se in tutto quel buio ci fossi anche io, quella luce mi ha aperto gli occhi ma mi ha anche ferito, come se mi fossi abituato al buio e- " Hyunjin continuava a guardarlo, un sorriso dipinto sulle labbra. E lui si sentì confuso e stupido e imbarazzato. Non era mai stato così tanto imbarazzato prima "Scusa io-".
"Grazie" rispose invece l'altro, distogliendo per la prima volta finalmente lo sguardo "è così che mi sono sentito mentre lo dipingevo, era questo che volevo dire. C'è speranza, quella luce è speranza per chi vive nel buio, ma molto spesso la speranza ferisce, così come un raggio improvviso di luce per chi è abituato ad esistere solo nell'oscurità".
Bello. Bello lui. Bella la sua arte. Belle le sue parole. Quell'uomo era un essere umano bellissimo.
"Hai già visto locked? È il quadro che dà il nome alla mostra".
Scosse la testa.
"Ti va di guardarlo assieme? Voglio sapere cosa ne pensi e la mostra sta per concludersi, non puoi perdertelo". Si incamminò e Felix lo seguì, un "Ma la mostra sta per – non devi salutare tutti gli spettatori?" e Hyunnjin scosse la testa "L'unico che mi interessa al momento sei tu" e di nuovo lo lasciò senza parole.
Eppure non aveva ancora visto quello che lo avrebbe lasciato davvero senza parole: locked.
La camera completamente nera – la testa di quel bellissimo ragazzo doveva proprio essere un buco nero, capace di cose incredibili, ma anche incredibilmente oscuro e pesante per chi ci stava dentro – un unico punto di luce, quello sopra il quadro. Quattro sbarre grandi così realistiche da fargli sentire quasi il bisogno di afferrarle per provare ad aprire la gabbia, una camera nera che grazie all'ambientazione, grazie alla prospettiva, grazie alle sbarre, grazie a chissà cosa sembrava reale, poi un muro completamente squarciato e fuori il mare, un mare così azzurro da fargli sentire quasi le onde abbattersi sulla sabbia.
Felix era lì, al centro della mostra. Ma era anche lì, chiuso in quella gabbia con il mare che lo guardava da fuori ricordandogli che lui non poteva avere la libertà che tanto desiderava.
"wow" mormorò e quando tutte le luci si spensero, lasciandolo cadere davvero nel buio, si rese conto di essere rimasto ad osservare locked – che lo aveva davvero fatto sentire in gabbia – per un tempo troppo lungo per essere davvero nella realtà.
Sentì Hyunjin sorridere al suo fianco, non lo conosceva eppure in quel momento gli sembrava l'unica persona che conosceva al mondo – "Ti va di restare all'after party?" gli chiese e anche se avesse voluto Felix non avrebbe potuto mai trovare la forza di dirgli di no.
La mostra era finita, Hyunjin si era perso la chiusura, si era accorto della fine dell'esibizione solo quando tutte le luci, così come concordato, si erano spente. Non aveva ringraziato gli spettatori, non si era presentato alla maggior parte delle persone che erano andate lì per conoscere lui, non aveva parlato più sul palco come aveva detto a JYP che avrebbe fatto, ma non gli interessava. Era lì, ad osservare locked un attimo prima e un attimo dopo invece osservava Felix, l'uomo che aveva appena conosciuto ma che già sentiva sotto la pelle più di qualsiasi persona avesse frequentato prima. Felix aveva visto davvero light in the dark e in quel momento, mentre lo guardava osservare locked, era sicuro che stesse vedendo davvero anche quello, che stesse vivendo la sofferenza di sentirsi chiuso con l'infinito avanti che ti beffeggia perché non puoi assaporarlo. E poi senza rendersene conto lo aveva invitato all'after e come se non esistesse nessun altro oltre loro lo aveva accompagnato con un calice di prosecco nel giardino pensile e lo aveva sentito parlare, parlare, parlare, aveva analizzato e visto ogni sua opera e non c'era un'unica opera che non aveva compreso appieno. Come fosse possibile che esistesse un'anima così affine alla sua, mai lo avrebbe capito.
Cosa gli stava succedendo lo aveva appena conosciuto, cos'era quella voglia di vomitare che aveva nello stomaco e perché gli girava così tanto la testa – di sicuro non poteva essere unicamente colpa del secondo bicchiere di prosecco che aveva buttato giù a stomaco vuoto, né solo delle infinite emozioni da cui era stato investito quella sera, giusto?
"Dove sei stato fino ad oggi..." mormorò, più a sé stesso che a Felix, ma l'altro lo sentì e sorrise, un sorriso imbarazzato, dolce, timido. Un sorriso che gli faceva venire voglia di abbracciarlo.
"A guardare dipinti e ballare" rispose, ridacchiando "Ma non credo di aver mai visto qualcosa come locked" confessò e Hyunjin smise di guardarlo, aveva bisogno di concentrarsi sulle sue parole più che sulla sua voce profonda, sulle piccole mani che gesticolavano, sulle labbra che si inarcavano ogni volta che sorrideva.
"non so cosa tu provassi mentre lo dipingevi, non sto assumendo nulla, sto semplicemente parlando di quello che ho provato io, e – wow mi è venuto seriamente da frignare, come se fossi un bambino a cui è stata strappata l'unica cosa che desiderava. Ero lì, mi sentivo costretto in gabbia, potevo quasi sentire il freddo delle sbarre contro la fronte e il rumore delle onde al di là, lì dove non potevo arrivare. Così vicino e così lontano. La libertà. Una parola così innalzata, così amata, così desiderata. Così lontana. Non so quale fosse la tua gabbia, mi chiedo spesso quale sia la mia – non lo avevo ancora capito. So solo che c'è e che mi impedisce di raggiungere quel mare che tanto desidero e tu, senza conoscermi, mi hai fatto capire che la mia gabbia sono io. Sono le limitazioni che mi impongo, la paura che mi dico di provare, l'incapacità che sento di avere, l'ansia che mi attanaglia lo stomaco ogni volta che penso anche solo lontanamente di fare qualcosa di diverso, che mi porti fuori dalla mia routine. Il mio corpo è la mia gabbia ogni volta che mi guardo lo specchio e non ci vedo dentro qualcosa che mi piace ma solo un corpo piccolo, esile, diverso da quello che vorrei. Solo un viso sporco da questi puntini che strapperei via con la forza. Solo degli occhi marroni, senza colore alcuno e" finalmente Hyunjin si prese nuovamente la libertà di guardarlo, di vederlo mentre Felix vomitava i suoi pensieri avanti ad una persona che non aveva mai visto prima senza vergogna né timore alcuno, e si chiese perché, per chi o per cosa Felix aveva iniziato ad avere quei pensieri su sé stesso, quelle ansie che lo divoravano, quella paura che ragionava al posto suo. Non poteva saperlo, non aveva neanche la pretesa di capire quelle stesse identiche cose di sé stesso. Sapeva, però, che avanti ai suoi occhi c'era una persona completamente diversa rispetto a quella che Felix vedeva allo specchio: i suoi occhi non erano marroni senza colore, ma caldo e colante miele in grado di bruciarlo tutto; quei puntini che lui considerava sporco erano, in realtà, parte di una galassia che avrebbe voluto esplorare più di ogni altra cosa e – e Felix lo stava guardando di nuovo in quel modo, gli occhi leggermente socchiusi come ad indagare i suoi pensieri, le labbra dischiuse su un sorriso timido, le gote rosse e lui non poteva mettere a tacere i suoi pensieri.
"Scusa io – sto divagando e-" fece per dire, ma Hyunjin lo bloccò sul colpo, senza pensarci. In realtà senza neanche comandare la sua mano che si era posata delicatamente sulle sue labbra, come a volerle tenere ferme. Non poteva concedergli neanche un altro "scusa" dopo avergli sentito dire quello che aveva esattamente dentro.
"Non ti conosco e tu non conosci me, ma mi hai detto di me stesso più di quanto a volte riesca a fare io" confessò Hyunjin "Non stavi cercando di supporre, stavi parlando di te. Eppure hai parlato anche di me. Anche dei miei timori e di tutto quello che mi tormenta nella testa da dentro" non volle dire altro, non ne avrebbe avuto le forze. Restarono solo lì, immobili, a guardarsi.
Mentre i loro amici di sotto continuavano a bere e ballare su note sconosciute, mentre JYP tesseva le sue lodi ai migliori professori ed esperti d'arte, mentre nel resto del mondo si faceva la guerra e l'amore, mentre qualcuno moriva e qualcuno nasceva. Il mondo continuava a girare, ma loro erano lì, esistevano solo loro due.
"Hai delle labbra bellissime" mormorò Hyunjin, finalmente liberando la sua testa da quel pensiero che continuava ad ostruire la sua mente.
Felix sorrise "Detto da te..".
"Non so se mi piacciano più le tue labbra o le tue parole" lo guardava, Felix continuava a guardarlo, fisso. Con quegli occhi ardenti capaci di sciogliere i suoi pensieri. E sorrideva. Inarcava le labbra e Hyunjin sentiva l'impellente bisogno di sapere che sapore avessero.
"Se ti piacciono le mie parole ti piace il mio cervello, però, non le mie labbra" rispose con un'alzatina di spalle e prese un altro sorso di prosecco. Osservò il liquido scendere dal calice alle sue labbra, poi giù nella sua gola, il pomo d'Adamo visibile che saliva e scendeva mentre deglutiva, le labbra dischiuse dalla lingua che tirava via l'ultima goccia di prosecco persa per la strada.
Stava impazzendo? Decisamente sì.
"Il tuo cervello non posso baciarlo, però" disse serio.
"Con il mio cervello ci hai fottuto pesantemente stasera in realtà, Hyunjin" Felix gli sorrise di nuovo e Hyunjin avrebbe voluto urlargli contro che in quel modo non lo stava aiutando a calmarsi, che non poteva usare parole come "fottere" e "pesantemente" assieme mentre lui, inebriato dall'alcool e da tutto l'eutress che lo aveva tormentato quella giornata, guardava quelle labbra e pensava che gli sarebbe piaciuto fotterle davvero.
"Posso anche baciare le tue labbra, allora?".
Felix non rispose. Che senso aveva dare una risposta quando lo aveva lì, così vicino e sentiva il suo fiato sulla sua pelle sensibile che rabbrividiva alla sola idea di essere sfiorata da quelle labbra. Gonfie, rosee, morbide, erano lì a sua disposizione e lui ci stava ancora pensando su, davvero?
Si spostò verso di lui e annullò quel po' di distanza che c'era ancora tra loro.
E se poche ore avanti ai suoi quadri si era perso completamente e aveva pensato che Hyunjin avesse qualcosa di angelico, in grado di farlo sentire in paradiso, in quel momento mentre le loro labbra si sfioravano e le sue mani lunghe gli accarezzavano la guancia accaldata e i loro occhi si fondevano l'uno nell'altro facendo l'amore prima di quanto sarebbero riusciti a farlo loro, si ritrovò. Hyunjin, quello che stava infilando la lingua nella sua bocca e lo stava tirando verso di sé -fregandosene completamente di essere all'after party della sua mostra, di essere in un luogo pubblico in cui chiunque avrebbe potuto vederli, di star praticamente baciando uno sconosciuto – era tutto tranne che qualcosa di angelico. Hyunjin era un diavolo e lo stava lentamente trascinando tra le fiamme dell'inferno e lui, quando avrebbe avuto la forza di staccarsi da quel bacio, gli avrebbe anche detto: grazie.
Grazie per aver fottuto con il suo cervello? Grazie per avergli fatto sentire qualcosa? Grazie perché era la prima persona reale che baciava in vita sua? Grazie per – semplicemente per avergli fatto perdere quell'ultimo briciolo di sanità mentale.
Hyunjin lo tirò di nuovo e Felix, senza mai staccarsi dalle sue labbra si sporse, finendo in ginocchio sotto di lui, seduto comodamente sulla sua sedia mentre lo faceva impazzire con una mano aggrappata al colletto della sua camicia e l'altra infilata nei suoi capelli, mentre mugugnava qualcosa come un "mhm asp-aspetta" e Felix si allontanò, non conscio davvero delle sue azioni.
Si guardarono, un muto sorriso d'assenso: scusa avevo solo bisogno di respirare, sì ho bisogno di baciarti di nuovo, sì devo sentirti sotto la mia pelle. Ed eccolo di nuovo, quella volta fu Hyunjin a sporsi verso di lui – ancora in ginocchio come a pregarlo di non fermarsi, di non privarlo di nulla, di continuare fino alla fine dei tempi perché del mondo che li circondava non gli interessava più minimamente nulla – e baciarlo, quella volta ancora più sicuro ed imponente, come un incantatore che suona la sua migliore canzone ed incanta il pericoloso cobra che per quell'incantatore farebbe di tutto. Felix si sentiva nudo. Era stato messo a nudo delle sue paure, dei suoi dubbi e in quel momento anche di tutto il resto. Era lì, avanti a lui e si sentiva come l'unico essere al mondo poi il suo cellulare squillò e rovinò tutto- si allontanò senza pensarci un attimo, mal volentieri lo tirò fuori e si rese conto che erano le 19:30, se fosse andato via in quel preciso momento sarebbe riuscito ad arrivare a casa in tempo per la diretta del venerdì e avrebbe potuto rispondere in diretta a You make me shine che gli aveva scritto un messaggio mentre era alla mostra e – guardo Hyunjin, lo guardava con gli occhi lucidi e le labbra rosse quasi chiedendogli un altro bacio e Felix per la prima volta in quella lunga infinita giornata si sentì spossato. Aveva saputo esattamente cosa fare dal primo momento in cui aveva visto il fantastico uomo che lo stava guardando, ma in quel momento non sapeva cosa fare: mettere da parte le proprie responsabilità e lasciare andare qualcosa di sconosciuto e forse inesistente per qualcosa che esisteva in quel momento? Lì, in quel preciso momento.
"Io-" mormorò, la voce roca "Mi dispiace".
Per cosa esattamente gli dispiaceva? Per averlo baciato? Felix non aveva colpe, era stato lui a chiedergli di baciarlo, in fondo. Era stato lui a volerlo. Forse Felix neanche lo voleva, no? Era stato così incerto all'inizio che ora ripensandoci si sentiva in colpa. Forse felix lo aveva baciato solo perché era stato insistente? Solo perché lo aveva obbligato e- scosse la testa, sorrise e si alzò dalla poltrona, allontanandosi da lui. Sentiva il bisogno fisico di mettere dello spazio tra loro, spazio che nessuno dei due avrebbe dovuto dividere.
Non si era mai sentito così prima, non era il tipo che va in giro a baciare il primo che gli capita ma con lui era stato diverso. Lui gli ricordava Mr Sunshine. Era per questo che lo aveva baciato? O perché le sue parole gli erano entrate dentro e lo avevano fatto a pezzi come una lama appena affilata?
"Non volevo" rispose Hyunjin "Di solito non vado in giro a baciare il primo che capita".
Il primo che capita arrivò allo stomaco di Felix mirato e preciso, come uno di quei pugni che da giovane aveva ricevuto tante volte dall'unico ragazzo che gli era piaciuto prima di Hyunjin – perché Hyunjin gli piaceva, che senso aveva dirsi bugie e pensare il contrario? Stava pensando nella sua testa, confidando i suoi pensieri solo a sé stesso, non valeva la pena mentire -. Lo guardò, lì di spalle mentre guardava il vuoto. Lui lì ancora in ginocchio a pregare un Dio che già si era allontanato di poter avere una seconda chance.
Il suo cellulare squillò di nuovo. Lo spense. Si alzò. Voleva dirgli qualcosa. Qualsiasi cosa. Un: possiamo vederci di nuovo? Hai altre opere da mostrarmi? Ti va di riprendere domani da dove abbiamo finiti oggi?
Ma riuscì solo a mormorare un "Mi dispiace- io devo- devo andare" e correre via.
Era sempre stato bravo a correre via.
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Of whispers and colors
FanfictionTutto era iniziato lì, quando Chan gli aveva inviato un link, scherzando sul fatto che Mr. Sunshine lo avesse aiutato nei momenti peggiori e continuava a farlo, facendogli praticamente riscoprire il sonno. Non gli aveva creduto lì, sul momento, ma a...