Verità che scotta

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"Niall, io mi sono innamorata"

Finalmente sono riuscita a sputare via queste parole, che mi ingombravano l'anima.

Non avrei mai creduto di riuscirlo a dire a qualcun altro diverso da Eloise.

Rimango a guardare l'espressione esterrefatta del mio nuovo amico, qui di fronte a me.

E' come se non riuscisse a credere alle mie parole, ha la bocca spalancata e sembra essersi imbambolato, come pietrificato.

"Niall?" Lo richiamo, cercando di trascinarlo mentalmente nell'abitacolo, per farlo tornare a parlare.

Sembra riscuotersi, deglutendo e sbattendo le palpebre, mettendo in bella mostra i suoi splendidi occhi.

"Di chi, Alyssa?" Domanda fissandomi, senza abbandonare per un attimo il contatto visivo.

"Liam" Rispondo senza esitazione, stanca di portare dentro quel peso e felice di riuscire ad aprirmi con lui, che ormai considero un amico importante.

Niall si passa una mano tra i capelli e guarda fuori il finestrone anteriore.

"Che casino" Decreta, appoggiando le mani sul volante.

Proprio così Niall, è un gran casino.

Non c'è miglior parola, che possa descrivere al meglio la situazione.

Ci sono troppi fattori che giocano contro di noi: Sophia, la fama di Liam, l'impossibilità di una relazione e non meno importante, il mio inferno.

Se non è questo un pasticcio, sfido chiunque a trovare di peggio.

"Già" Sussurro io, guardando l'entrata di casa.

"Cosa hai intenzione di fare?" Domanda poi lui, posando nuovamente il suo sguardo cristallino su di me.

"Io... Non lo so Niall. Lui non sa i miei sentimenti e non trovo giusto farglielo sapere. Per favore non dirgli nulla"

Niall allunga il braccio sinistro e mi afferra una mano, stringendola.

"Non dirò nulla. Non preoccuparti Aly. Ne uscirai in qualche modo, da questa situazione. Ti aiuterò. Ok?"

E mi ci aggrappo a questa speranza, a questo aiuto. Perché finalmente, qualcuno mi tenderà una mano, non per buttarmi giù, ma per farmi risalire.

Quando apro gli occhi, la sveglia segna le 10.30 del mattino.

Mi meraviglio di me stessa, dato il fatto che certi orari li facevo solo tanti anni fa, quando il sabato sera lo passavo con i miei genitori sul divano in salotto, con una pizza, un film e tante risate.

Ricordo che non volevo mai addormentarmi, avrei preferito rimanere la, in mezzo a quei due e non staccarmi mai.

La mattina dopo, poi, mia madre mi lasciava dormire fin quando non scoccava l'ora del pranzo, con quel fastidiosissimo solletico ai fianchi per farmi lasciare il letto. Lo odiavo tanto, ma ora ne provo nostalgia.

Ovviamente poi le cose sono cambiate.

Quei sabati sera non ci sono più stati, come quelle pizze, quei film e quelle risate.

Siamo rimasti io e mio padre e dopo solamente me stessa, che vede la tv da sola e guarda il vuoto accanto a se.

Sbuffando, per la piega dei pensieri, scosto il lenzuolo e scendo dal letto, per dirigermi in cucina per il mio bicchierone quotidiano di latte e caffè.

Quando torno in camera, appoggi la tazza contenete quel liquido senza il quale la mattina non riuscirei a fare due più due, sulla scrivania e apro le imposte, facendo entrare un sole timido che si lascia coprire dai nuvoloni grigi.

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