Capitolo 4

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Sentii questo suono di apertura e chiusura velocissima di una porta con annessa mandata di chiave e mi prese un colpo. E se mi avessero chiusa lì per sempre? E se le mie amiche non si fossero accorte della mia assenza? Avrei dovuto aspettare fino al giorno dopo…seri? Fino alle 15 del giorno dopo?

Così, mi presi coraggio ed esclamai “Chi va là?”

“Nessuno” mi rispose una voce (...un po’ familiare)
Dentro di me mi tranquillizzai un attimo perché almeno non ero sola, ma non più di tanto. Si trattava di un ragazzo... speriamo non dia problemi pensai…Così cercai di smorzare la situazione continuando a parlare…

“Chi è Nessuno?” mi venne in mente di dire
“Nessuno è Nessuno” mi rispose la voce con un tono simpatico
… e sentii che questo “Nessuno”, iniziò a muoversi (si sentivano i rumori dei passi) e credo si mise con le spalle opposte alle mie dietro al muretto...anche lui seduto per terra.

Da lì a poco, iniziammo a parlare. D’altronde senza nessuna luce accesa e senza nemmeno conoscerci e con una serata dall’altra parte del locale, cosa potevamo fare?

Continuammo a scherzare sulla parola “Nessuno” e poi iniziammo a parlare del più e del meno senza mai accendere una luce, senza mai presentarci. Era piacevole parlare con lui, sembrava ci conoscessimo da anni per i pensieri in comune... era interessante e divertente parlarci.

Parlammo per tutto il tempo spalla a spalla con un solo muro (di cartongesso) a dividerci.

La cosa strana è che paradossalmente ci sfogammo ognuno delle proprie cose, ognuno della sua vita. Tutto iniziò dal perché ci trovavamo in quella stanza…

A me ci volle poco per spiegarlo... ma a lui ci volle un po’ di più… parlava sempre vago senza andare troppo nei dettagli e poi l’accento della sua parlata, più andava avanti e più mi era sempre più familiare, ma non riuscivo a capire perché.

Alla fine, mi spiegò che era lì per sponsorizzare il locale (non immaginavo in quale senso, perciò non feci troppe domande), ma dato che era un po’ esausto della gente, faceva il suo dovere e poi desiderava godersi un po’ di pace.

Così gli dissi che se avesse voluto potevamo stare anche in silenzio, ma disse di NO...che, anzi, gli stava sembrando di vivere finalmente un po’ di sana normalità e che gli stava facendo piacere parlare con me.

Non potevo non essere lusingata da quelle parole, ma erano solo parole di uno sconosciuto…

“e a te?” mi disse dopo un po’ di sano silenzio… “… a te fa piacere stare qui con me piuttosto che con le tue amiche a divertirti di là?”
“SI certo” risposi... “per carità, mi piace divertirmi, ballare, ma non così…, non mando a puttane tutto il nostro viaggio solo per dei ragazzi di cui neanche ti ricorderai una volta terminato il viaggio. Mi piace godermi il momento e credimi, anche se non ti conosco, sono contenta di essere qui con te a parlare piuttosto che a fare baldoria con tutti”.

Non so perché, ma mi immagino che quel “Nessuno” abbia accennato ad un sorriso dopo questa mia frase:

“…stai per caso ridendo? Ho detto qualcosa che non va?” dissi
“nono assolutamente…” (immagino sorridendo perché il tono era ironico)
Dopo aver continuato a parlare, ci fu un momento, dopo, in cui ognuno di noi due rimase immerso nel suo mondo in silenzio.

Dopo un po’, lui mi chiese se mi andasse di fare un gioco. Io gli dissi “dipende da che tipo di gioco hai in mente” (non si può mai sapere!!).

Iniziò a spiegarmi che siccome non ci eravamo ancora presentati, era giunto il momento delle presentazioni, ma che lo avremmo fatto in un modo un poco diverso dal solito sfruttando l’assenza della luce.

Mi disse che avremmo dovuto trovare delle bende per coprirci gli occhi, ma senza mai voltarci per vedere l’altro quindi ognuno nel suo spazio e che appena trovate ce le saremmo dovute mettere agli occhi.

Così facemmo. Il problema è che io trovai solo delle sciarpe a piume e lui disse di aver trovato una maglietta tipo…

Così ci bendammo gli occhi e finalmente, dopo ore, eravamo uno di fronte all’altro (certo, affinché fossimo uno di fronte all’altro c’è stato un momento di contatto in cui abbiamo preso entrambi la scossa ahahah).

Iniziò a dettare delle regole dicendo che a turno avremmo dovuto “toccare” (si! Disse proprio così) una parte del viso o del corpo dell’altro, al netto delle parti delicate per avere un’idea dell’altro utilizzando i sensi e poi provare a dare una sentenza.

Volevo morire…io, complessata come sono con il mio corpo mi vergognavo a morte…non ero proprio sicura di quello che stavo andando a fare, ma aggiunsi che lo scopo era solo quello di capire il tipo di persona e lui confermò.

Certo, se solo qualcuno ci avesse fotografato in quel momento, avremmo fatto il giro delle comiche perché io per come ero conciata con la sciarpa a piume e lui con quella maglietta sugli occhi c’era da farsi due risate belle grosse.

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