Non so quante volte ho voluto avere un rimedio alla tristezza, un qualcosa che mi potesse far dimenticare e risollevare il morale. Tutti abbiamo quei momenti in cui vorremmo sentire qualcosa di totalmente opposto alle nostre emozioni attuali. Una cura che fino ad adesso non sapevo esistesse. Tutto ciò fino alla scoperta dell'alcool.
Cioè, non è la prima volta che bevo, ho sempre avuto un cocktail alla sera, un bicchierino a Capodanno - nonostante non abbia ancora l'età legale per bere - ma non avevo mai bevuto troppo. Forse quel vino non era tanto leggero quanto sembrava. Ad ogni sorso diventava più buono, però per colpa sua ad ogni giro dimenticavo le parole del gioco e sono finita a bere più di tutti.
Però non è male essere ubriaca. Mi sento leggera, senza pensieri. Potrei fare di tutto in questo momento. Potrei mettermi a ballare senza provare vergogna, potrei baciare uno sconosciuto, potrei dire ai miei genitori che non so neanche se ci voglio andare al college. O forse no, quello non posso più farlo, ma vorrei potergli urlare contro e dirgli quanto sono stati stupidi per morire in un modo del genere, mi hanno lasciato sola, a cavarmela da sola, ma io non ho neanche diciotto anni, non voglio cavarmela da sola, voglio esser sgridata da mia madre quando faccio una cosa stupida, voglio sentire le stesse solite raccomandazioni di mio padre quando esco, voglio sentirli litigare. Voglio sapere che sono ancora nella mia vita, ma non è così.
Qualcosa mi bagna la guancia. Alzo lo sguardo sul tetto della macchina, ma è tutto a posto. Subito dopo sento altre gocce sul viso, arrivano fino alla bocca, scendono sul mento per cadermi sulle gambe. Alzo la mano per asciugarmi il viso, senza successo.
Peter si è girato dal sedile anteriore, mi sta chiamando ma io non lo sento neanche. Lo guardo stranita. È preoccupato. Mi passo di nuovo la mano sul viso e finalmente capisco. Sto piangendo. Non è acqua, ma sono lacrime, sento il loro sapore salato in bocca e finalmente sento anche ciò che sta dicendo Peter, sta chiamando il mio nome.
Vengo strattonata in avanti bruscamente. La macchina si è fermata di colpo. Porto lo sguardo fuori dal finestrino e riesco a vedere, attraverso la vista appannata, che siamo arrivati.
Darril e Peter si scambiano qualche parola e poi io vengo presa di peso da mio cugino che mi porta dentro casa. Non riesco a far smettere alle lacrime di scendere. Fino a qualche minuto fa ero felice, avevo trovato la mia cura alla tristezza ma, a quanto pare, questa cura è un po' fasulla o forse sta agendo come effetto collaterale su di me.
Sta di fatto che avevo solo un pizzico di gioia in me e adesso è scomparso anche quello.
Peter apre la porta di casa facendo un po' di fatica. Se la chiude dietro e va dritto per le scale. Sento in lontananza un rumore di televisione ma non riesco a distinguerlo bene sotto il numero dei miei singhiozzi. Quando si dice che uno tiene tutto dentro finché non esplode, questo è ciò che sta succedendo a me. Ho trattenuto tutto dentro per cinque mesi, adesso non riesco a smettere, e probabilmente una piccola colpa va anche all'alcool.
"Cosa è successo?" Una voce maschile e profonda. Io l'ho sentita, ma Peter forse no, perché non sembra fermarsi. Il suo piede si poggia sul primo gradino delle scale.
"Cosa. È. Successo?" La voce è molto più forte e molto più vicina. Peter si volta, tenendomi ancora al sicuro tra le sue braccia. Il suo tocco è molto delicato su di me.
"Ha solo bevuto troppo, la porto a letto."
"Ha bevuto troppo?! Sono solo le tre!" Solo le tre? Avrei potuto giurare fosse molto più tardi. Siamo tornati presto a casa. Non ho sonno, non voglio andare a letto.
"Abbiamo giocato e lei ha perso. Stai tranquillo," il tono di Peter sembra molto rilassato. Sono curiosa di sapere che effetto fa l'alcool su di lui. Ha il mio stesso effetto, o a lui lo rende più felice?
"Perché sta piangendo?" Trevor è di fronte a me, mi guarda. Non capisco a cosa stia pensando. Non sembra preoccupato, o forse è solo molto bravo a nascondere le sue emozioni. Alzo una mano verso di lui per toccargli il viso, ma Trevor fa un passo indietro allontanandosi dal mio tocco.
"Non lo so, ha iniziato quando eravamo in macchina. Posso portarla su?" Chiede Peter esasperato, lo sento dal suo tono di voce e dal modo in cui il suo petto di alza e abbassa per un sospiro profondo.
Trevor non dice niente, ma chi tace acconsente e Pete riprende a camminare. In tutto ciò io rimango in silenzio senza riuscire a placare le lacrime che continuo ad asciugarmi con la manica della maglia. Finiranno prima o poi, no?
La porta di camera mia è già aperta. La varchiamo e vengo appoggiata delicatamente sul letto. Peter mi ha trasportata come se fossi una piuma, ecco a cosa servono tutti quei muscoli.
"Ti porto dell'acqua," mi dice prima di prendere la strada del corridoio e scomparire alla vista. Mi rannicchio sopra le coperte e chiudo gli occhi finché non sento dei passi farsi strada vicino a me. Apro gli occhi ma davanti non mi ritrovo Peter con l'acqua. Davanti a me c'è Trevor, mani in tasca, camicia leggermente sbottonata, scalzo e con uno sguardo combattuto in viso.
Si inginocchia a terra e appoggia i gomiti accanto a me e mi guarda, senza aprire bocca. "Sto bene," mormoro, ma ho la bocca così impastata che non so davvero cosa ne esce fuori. Richiudo gli occhi e mi rilasso, magari mi addormenterò. Questo pensiero è tanto veloce ad arrivare che ad andarsene perché sono costretta a mettermi a sedere di colpo. Tra vista appannata, mal di testa improvviso e freddo, i conati di vomito minacciano di rovinare la giornata ulteriormente.
Trevor se ne accorge e si alza di colpo. "Andiamo in bagno," dice, prendendomi per il braccio, ma è troppo tardi. Non riesco a trattenermi, non riesco a resistere e vomito sul letto, sul caldissimo e morbidissimo piumone che la zia aveva comprato per me.
Inizialmente il ragazzo accanto a me fa un salto indietro per evitare di venire sporcato ma poi ritorna al mio fianco e mi aiuta ad alzarmi senza fare altri casini. Mi porta in bagno, mi fa sedere davanti alla tazza dove lascio uscire il resto dell'alcool che mi rimane in corpo.
Sento Trevor urlare delle indicazioni a Peter su come cambiare le mie lenzuola, su dove mettere quelle sporche, ma non seguo molto il discorso. Le mie orecchie fischiano e la mia concentrazione è volta a vomitare riuscendo a tenermi le budella dentro al corpo. Ad ogni conato sento che tutti i miei organi interni vogliano uscire e finire nel cesso.
Non so quanto tempo rimaniamo qui, io mano sulla tazza e viso su di essa, e Trevor dietro di me, in piedi, a tenermi i capelli su, ad accarezzarmi la schiena. Passano minuti, ore, non lo so, ma praticamente fa tutto lui. Mi aiuta ad alzarmi, mi aiuta a lavarmi il viso e mi conduce nel corridoio. Io prendo la via della mia stanza ma Tray, senza dire niente, mi spinge in tutt'altra direzione.
Mi porta in camera sua. Non mi guardo intorno, la mia concentrazione è sulle sue mani sul mio corpo e sul letto a pochi passi da me. Scosta le coperte e mi ci fa stendere sotto. Questa camera è tanto scura quanto la ricordavo. Le pareti sono blu e i mobili neri. Le tapparelle abbassate creano una semi oscurità che mi concilia il sonno. Camera sua ha lo stesso odore di vaniglia di quando ci sono entrata per l'ultima volta tre anni fa.
Di nuovo, lui si inginocchia a terra e mi fissa. "Hai bisogno di qualcosa?"
I miei occhi sono pronti a chiudersi, lo sento. "Acqua," mormoro non facendogli più resistenza. Ciò che vedo adesso è solo buio dietro le palpebre chiuse. Un tocco dolce mi accarezza la guancia. Mi scosta i capelli dietro l'orecchio e io lo lascio fare. La mano indugia sulla mascella. È grande, calda e familiare. Sento di riconoscere questo tocco, ma non riesco a ricordare da dove. Questa mano sul mio corpo, pretenziosa, l'ho già sentita, questo tocco non risveglia solo ricordi nella mia mente... finché non scompare e di colpo quel punto del mio viso diventa gelato.
"Torno subito." Trevor si allontana e io mi abbandono al sonno. Voglio aspettarlo, voglio aprire gli occhi. Vorrei tante cose, ma posso concedermi di dormire qualche ora, d'un tratto sono esausta e in un istante non sono più in questo mondo ma sto sognando una mano calda sul mio ventre e delle labbra morbide sulla mia pelle.
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Lotus Flower [in Revisione]
Romantizm*la storia contiene scene e linguaggio espliciti non adatti ai minori* "Vivere tutti i giorni il giorno perfetto sarebbe un'utopia... Perché ad ogni giorno perfetto ne segue sempre uno imperfetto." Katana King non avrebbe mai pensato la vita le rise...