Prologo

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31 DICEMBRE 1951

Un bagliore di luce fende il buio della notte. Una Lamborghini, con a bordo quattro uomini di cui uno con le mani ammanettate e la testa coperta da un sacchetto di iuta, procedeva sulla strada sterrata umida fino a fermarsi davanti all'ingresso di una grotta. Due uomini armati di tutto punto stavano di guardia davanti all'ingresso tappato con pannelli di lamiera. Dopo aver parcheggiato l'autista fece lampeggiare i fari dell'auto per dare il segnale di riconoscimento convenuto. Uno dei due guardiani accese la sua torcia per il segnale di assenso. Allora i tre scesero dall'auto, tirarono fuori dalla vettura l'incappucciato e insieme si avvicinarono agli uomini di guardia. Uno dei due guardiani illuminò i volti dei tre uomini e dopo averli riconosciuti fece cenno all'altro guardiano armato di aprire la porticina e così i tre uomini varcarono la soglia della grotta con l'incappucciato. I tre uomini fecero sedere l'incappucciato su una sedia lì accanto all'ingresso, presero ciascuno un casco di quelli con i faretti fra quelli appoggiati su una mensola di legno e poi ripresero con loro l'incappucciato. Una coppia procedeva avanti attraverso le gallerie per illuminare la strada mentre il terzo che seguiva accompagnava i passi dell'uomo incappucciato. Visto il terreno terroso e irregolare l'uomo procedeva con passi incerti e nelle pochissime volte in cui inciampava gli riusciva solo di cacciare dei mormorii che gli uscivano dalla bocca ovattati e strozzati per il bavaglio che gli avevano messo. A un certo punto venne fatto sedere su una seggiola in un angolo della galleria mentre gli altri tre si allontanarono. Da quel momento l'uomo incappucciato passò i minuti da solo là seduto. Minuti che gli sembravano un'eternità. Fino a quando, finalmente, si vide rimuovere il cappuccio scoprendolo. Si ritrovò davanti due uomini di cui, nonostante la fioca luce delle lanterne accese nella galleria, gli parve di capire che indossassero una tunica azzurra con una cappa bianca di quelle con cappuccio. Tale cappa era sorretta con delle catenelle terminanti con dei ganci nascosti dietro una targhetta. Non fece in tempo a capire cosa ci fosse scritto sulla targhetta poiché uno dei tizi in azzurro prese l'iniziato e tutti e tre proseguirono fino a un ambiente ampio e circolare alla fine di una galleria solitaria di quel ramo catacombale. In quell'ambiente vi era una candela posta vicino a un piccolo braciere appoggiato al centro di un tavolo. Un gruppo di sei uomini in tunica viola col cappuccio era riunito intorno a esso in attesa. I due uomini in azzurro spostarono l'iniziato vicino al tavolo, poi si riunirono agli altri confratelli intorno al tavolo e uno di loro, quello con la targhetta G.A.Rol, prese parola.
 ̶   Buon vespero, cari compari. 
 ̶   Buon vespero, Grande Capo.    ̶   Risposero gli altri.
L'uomo che aveva esordito prese posto al tavolo con gli altri confratelli e poi riprese la parola.          ̶   Siate tutti i benvenuti alla nostra prima cerimonia di iniziazione. Siamo tutti qui riuniti per accogliere tra noi un uomo che non ha più nulla al mondo da perdere se non la sua stessa vita. A quel punto suonò una campanella e due uomini entrarono nell'ambiente catacombale per slegare il bavaglio sulla bocca dell'iniziato e gli tolsero anche le manette con una chiavetta d'oro. 
 ̶   Da questo momento sei un uomo consapevole e libero.   ̶    Disse il Grande Capo.   ̶   Libero di vedere, libero di parlare, libero di decidere del tuo destino. Un uomo con la scritta Se.Ker stampata sulla sua targhetta si allontanò dagli altri sette adepti per avvicinarsi a G.A.Rol, gli diede un sacco e poi tornò nella cerchia. Il Grande Capo infilò la mano nel sacco, tirò fuori una medaglia militare della milizia volontaria e la pose nelle mani dell'iniziato.   ̶    Guardala figliolo.   ̶    Gli disse.   ̶   Che cosa vedi?
L'iniziato restò a osservare la medaglia messa nella sua mano per un po' di minuti.  ̶   Niente.   ̶ Disse.   ̶    Solo sangue e dolore.
Poi la mise dentro il piccolo braciere. Un'adepta con scritto Nil.Io sulla targhetta si avvicinò al Grande Capo, tirò fuori dal sacco una tessera non-intestata del Partito Nazionale Fascista, si avvicinò all'iniziato e gliela mise in mano.  ̶   Guarda figliolo.   ̶   Gli disse.   ̶    Che cosa vedi?
L'iniziato osservò il cartoncino.  ̶   Niente.   ̶   Disse in fine.   ̶   Solo costrizione e autoritarismo.
E così la gettò all'interno del braciere. In seguito gli altri tre adepti con scritto sulle targhette Al.A.F.De.G, G.Lotz e Te.No, si avvicinarono uno alla volta al Grande Capo. Ciascuno di loro estrasse dal sacco rispettivamente un saggio sul fascismo scritto da Prezzolini, un opuscolo con la costituzione del Regno d'Italia e una copia del giornale Italia Nova. Tali oggetti furono consegnati uno alla volta all'iniziato.   ̶    Guarda figliolo, che cosa vedi?   ̶   Chiesero i tre adepti uno dopo l'altro.
 ̶   Niente.   ̶   Gli rispose l'iniziato per ciascuno di tali oggetti prima di metterli nel braciere.   ̶   Solo una enorme montagna di bugie.
Dopo di che il Grande Capo tirò fuori da sotto la palandrana un libro e lo consegnò all'iniziato. Guardando quel libro dalla copertina flessibile vide che si trattava di un libro di grammatica della lingua italiana di quelli prodotti dopo la fondazione dell'Accademia della Lingua italiana nel 1940. Trattasi di un istituto concepito per avere una struttura a ombrello sotto il quale raggruppare diversi altri istituti come l'Istituto Treccani, l'Accademia della Crusca e il dicastero del MiniCulPop preposto alla vigilanza linguistica con pubblicazione delle veline, creato con lo scopo specifico di funzionare da Organo istituzionale di normazione linguistica. L'iniziato sfogliò il testo di grammatica italiana soffermandosi su varie parti di esso come quella dedicata alle lettere dell'alfabeto (di cui la riforma linguistica del 1945 ne aveva normato la pronuncia in modo che la H si pronunciasse con aspirazione solo con accento circonflesso posto sopra di esso, che C e G assumessero il suono dolce anche davanti alla lettera J, che resta sempre muta e che sempre questa lettera potesse essere messa anche davanti ai digrammi GL-, SC- e GN-; e che tali digrammi si pronunciano sempre distintamente in assenza di J) o quella incentrata sulla costruzione della frase interrogativa (di cui l'attuale normativa linguistica stabiliva doversi formare con l'inversione soggetto-verbo o con gli avverbi interrogativi o, in assenza di questi, con l'apposizione della particella QE a inizio della proposizione) o quella riguardante i tempi verbali (di cui la stessa normativa linguistica aveva stabilito, fra le altre cose, che il passato remoto potesse essere usato per riferirsi ad azioni passate rispetto a quando si parla secondo un criterio puramente cronologico). Passarono alcuni minuti e alla fine l'iniziato rispose:    ̶   Nulla che sia meritevole di essere buttato.
Poi lo posò sul tavolo lontano dal braciere. Questa decisione parve sorprendere tutti gli astanti. Ma il Grande Capo rispose:    ̶   Molto bene. Questa tua decisione ha dimostrato capacità di discernimento. Una dote che reputo preziosa anche in momenti di rivoluzione perché gli impedisce di assumere derive troppo devastanti che possono far disperdere risorse preziose. Le mie più sincere congratulazioni, figliolo!
A quel punto il Grande Capo fece cenno all'adepto con scritto Sal.Li sulla sua targhetta di proseguire con la fase successiva del rito. E allora si abbassò sotto il tavolo, che era coperto da un tricolore italiano senza stemmi posto lì a mo' di tovaglia, prese una tanica piena di benzina e versò il contenuto nel braciere. Se.Ker accese un fiammifero, lo buttò nel braciere e tutto quello che era stato messo dentro bruciò. Dopo di che il nuovo adepto venne vestito con la tunica viola e gli consegnarono una daga.   ̶    Da questo momento...   ̶    Disse il Grande Capo.   ̶   ...sei anche tu un membro della nostra organizzazione, un servitore della nostra causa. Siete voi tutti concordi nell'accettare questo nostro nuovo membro nella nostra cerchia, di sostenerlo, di proteggerlo e fiancheggiarlo fino alla morte salvo eventuale atto di alto tradimento nei confronti della nostra causa?
 ̶   Sì, siamo concordi. 
 ̶   E allora sia.
G.A.Rol estrasse una daga da sotto la palandrana, si avvicinò al nuovo adepto, gli disse di inginocchiarsi e appoggiando la lama sulle spalle del novizio disse:   ̶    In virtù dei poteri a me conferiti e in nome della nostra Dea Libertas, battezzo quest'uomo con la luce della libertà, che se prima brancolava nell'oscurità, giaceva in preda alla disperazione e viveva nella menzogna da oggi in poi quest'organizzazione lo riconosce come un nostro pari, un nostro alleato, un uomo che può contribuire alla formazione della nostra Società e alla lotta armata contro l'oppressore e gli conferiamo il nome in codice di Vit.Ar. Poi tutti i presenti presero le loro daghe, levarono le punte in alto e in coro recitarono il giuramento di fedeltà alla Dea Libertas:

«A te, grande Dea Libertas, noi, uomini di spirito e d'arme, da questo umile locale fregiato dei sacri simboli patri, leviamo i cuori! Salva ed esalta, nella tua fede questa nostra Nazione. Dona dignità e giustizia alla nostra bandiera, comanda che il rimorso e il risentimento verso l'autoritarismo affligga i nostri nemici e che il coraggio e la ribellione animino i nostri alleati in modo che possano servire la Patria, a noi dona fortuna e vittoria.

Benedici, o Libertas, le nostre case, i nostri affetti, le care genti. Benedici noi e i nuovi aggiunti alla nostra causa che, per la Patria, vigiliamo contro l'oppressore! Viva l'Italia!»

Mentrerecitavano queste parole le luci dell'alba cominciavano a rischiarare il cieloarrivando a illuminare anche l'entrata della grotta. Per L'iniziato e perquelli che lo avrebbero seguito, era l'aurora di un nuovo corso per le loro vitee per l'Italia.

Il fascio nell'auroraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora