24. Come in una favola

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24. Come in una favola.

"Per ogni giorno di sole,
ci saranno giorni di pioggia,
ma è la nostra attitudine che li renderà
giorni di felicità o di dolore"

JOEY TOLBERT

🦋

«Com'è andata? Ti hanno creduta?», chiedo una volta che vedo Ginevra varcare le porte della classe.

Lei evita il mio sguardo e va a sedersi al suo banco. La osservo meglio e questa volta, a colorarle il candido viso c'è il segno rossastro del palmo di una mano, coperto, per quanto possibile, dal fondotinta.

Marta, Camilla e Luna rivolgono la loro attenzione verso la figura della ragazza che ci ignora.

Mi alzo e mi pongo di fronte a lei sbattendo le mani sul suo banco, mentre vengo raggiunta immediatamente dalle mie amiche. Ginevra sussulta e fa sì che i suoi occhi color ghiaccio incontrino i miei. La guardo interrogativa e con le sopracciglia aggrottate, in attesa di una risposta.

«Spostati Rossi, non ho voglia di parlarne», mi dice afferrando un quaderno dallo zaino.

«Lo hai rivisto». La mia domanda suona come un'affermazione. Aveva promesso che avrebbe evitato di vederlo per le prossime settimane, fino a quando ci saremmo riuniti nella speranza di trovare una Ginevra sostenuta dai propri genitori.

Lei continua a ignorarmi.

«Ginevra! Avevi detto che-», provo a dire, ma vengo interrotta. «-non è così facile! Non voglio parlarne, non qui. Oggi pomeriggio dovrete venire a casa mia, ne discuteremo lì, adesso lasciami in pace. Fa già abbastanza male».

Non sapendo cos'altro dire, mi volto e mi accomodo dietro al mio banco.

♡ ♡ ♡

«Speriamo che non piova», afferma Marta al mio fianco, alzando gli occhi verso il cielo nero.

«Oggi non potrò restare con voi a lungo. Alle cinque devo andare in ospedale da mia madre», spiego mentre citofono in corrispondenza del cognome Bartoli. Oggi a scuola Ginevra non ha degnato nessuno di uno sguardo, nemmeno Cesare. È rimasta seduta da sola in classe a masticare le sue chewingum e a lanciare sguardi di fuoco a chiunque osasse guardarle il volto.

Dopo aver sentito lo scatto della serratura, io, con gli altri, mi fiondo in ascensore.

«Ho sentito che devi andartene alle cinque». A parlare è Cesare.

«Sì, e quindi?»

«Ti accompagno, del resto alle sei ho lezione di chitarra»

«Non se ne parla».

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