Capitolo 1
Si sarebbe sicuramente pentita come ogni volta dopo ogni fuga mancata, sempre così: notte, valigia e borsa pronte, chiavi della macchina in mano, ma nessuna partenza.
L'aveva fatto innumerevoli volte. Era sempre stata codarda. Non era come i cavalieri delle storie che scriveva da bambina, con una calligrafia illeggibile, loro avevano il coraggio di non guardarsi indietro, di non importarsene di nulla da tempo. Ser Ernest non sarebbe stato fiero di lei. Lui era il suo preferito, Nora gli aveva dato i suoi stessi occhi marroni ma non i suoi capelli rossi, quelli li detestava, Il cavaliere aveva capelli castani con un'armatura istoriata lucente. Lui non avrebbe mai esitato. Quando doveva affrontare un nemico ci andava a testa alta, e gli avversari erano spaccati. Chiuse gli occhi e lo vide. Faceva così da quando aveva otto anni. Ogni volta che ne aveva bisogno lui era lì. La tranquillizzò. Nel profondo, forse, sapeva di averne ancora otto di anni.Prese la borsa, strinse ancora di più la mano sulla valigia e uscì alle tre di notte, era come guidata da uno strano senso di sicurezza, come se l'incertezza si fosse disvelata. Era codarda, lo era sempre stata ma quella notte sembrava non ricordarselo, o almeno non fece in tempo.L'hotel pieno di famiglie che si detestavano l'un l'altra stava dormendo e lei,sembra libera di lasciare ogni cosa. Trattenne il respiro. Non lo sapeva ancora ma questa volta era quella buona, avrebbe affrontato e aperto la porta per andare via . Quelle maledettissime porte che si ritrovava sempre davanti e che, assumevano aspetti sempre mostruosi. Ora porta di casa, ora una porta che dava su un precipizio, uno dei tanti,talmente profondo da confluire con le cose più viscide della sua mente. Mente che le faceva credere di essere responsabile di ogni sorta di peccato.
Si figurò sua sorella vicino a lei, pensò a cosa le avrebbe detto se fosse stata lì.
" sei stupida un capriccio da viziata, tornerai quando avrai finito i soldi "
<< smettila>>
sussurrò alla sua immaginazione.
Erika stava dormendo nella sua suite. Se però fosse stata li, avrebbe detto esattamente questo.
Era quasi fatta, aveva attraversato l'immenso corridoio del quinto piano, doveva solo prendere l'ascensore e scendere giù alla hall dell'albergo. Ora non c'era nessuno. Niente. Forse tutte quelle esercitazioni mentali finalmente stavano dando i loro frutti. Nessuno che potesse ostacolarla solo lei e li corridoio buio con un destino non più sicuro e comodo.Lo stava per fare, ma nell'oscurità sentì un rumore: pantofole che sbattevano per terra. Il cuore in gola, suo padre aveva capito tutto e la stava seguendo per darle il benservito oppure sua madre. Forse...Erika? Forse un inserviente, che magari aveva le pantofole per....non lo sapeva. Aveva esaurito le ipotesi di quei due minuti.
Si voltò e con la luce del suo cellulare illuminò da dove veniva il suono, vide Noah.
Assonnato sembrava sul punto di crollare li. Aveva il vizio di fare tardi. Eppure quel vizio che lo aveva mantenuto miracolosamente sveglio e fatto sentire il rumore dei passi della strana ragazza, per poi separarsi dai suoi videogiochi, sembrava un qualcosa che somigliava al destino. Destino che aveva scelto l'unica persona la quale, il mattino seguente non trovandola, non le avrebbe dato la colpa.Restò immobile.
<< Nora...>>
Noah rimase in silenzio per un po',il sonno non andava d'accordo con l'ipotizzare cosa la sua amica ci facesse li. Per un attimo pensò che stesse cercando qualcosa. In effetti era così.
<<Cosa..>>
<< Cosa? Dovrei dirlo io questo. Cosa ci fai qui? Non è orario per niente>>
