Casa a Milano, all'ultimo piano.

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‼️ATTENZIONE probabilmente solo per questa storia finirò all'inferno a sorseggiare thè corretto con Lucifer. Se non volete finire come me, andate avanti per le vostre strade, amen.‼️

"TI HO DETTO UN MILIONE DI VOLTE DI NON LASCIARE LA BORSA DAVANTI LA PORTA" gli stava urlando contro il più piccolo dopo essere quasi inciampato sulla tracolla per le prove di Christian "NON PUOI SEMPLICEMENTE STARE PIÙ ATTENTO, INVECE?" gli rispose di rimando l'altro massaggiandosi le meningi per lo stress dell'ennesima litigata. Adorava il suo migliore amico, ma entrambi avevano un carattere un po' particolare. A primo acchito potevano sembrare opposti -e non solo per i colori-: uno solare, chiacchierone, più dolce del miele e l'altro solitario, taciturno, più acido. Il giorno e la notte. Il sole e la luna. Ma in realtà non erano così diversi: erano due stelle perse nell'immensità del cosmo che in qualche modo si sono trovate e capite, due sfere gassose pronte a brillare di luce propria cercando di trovare il proprio posto nell'universo, due puntini che anche in mezzo a milioni, miliardi di simili si sentivano soli. Fin quando non si sono trovati. Però, proprio come quelle stelle che concludono la propria esistenza trasformandosi in Supernove, anche loro erano pronti ad esplodere. Nello specifico essi si potevano paragonare alle Supernovae di tipo I, quelle che si formano da sistemi binari. Sistemi composti da una nana bianca, che era Mattia, e dalla sua compagna che condivide la stessa gravità. Una nana bianca: Mattia così si poteva rappresentare. Una stella di piccole dimensioni, così piccolo da volerlo mettere sotto una campana di vetro per proteggerlo, ma che possedeva una massa pari se non superiore a quella del sole, così come il pugliese aveva dentro di sé una forza sconfinata. Per una cosa, il biondo, differiva da quest'astro: mentre la stella aveva una bassa luminosità, Mattia, benché a volte si affievoliva per via delle insicurezza, riusciva a brillare più di tutti, più di tutto. Anche il sole, di fronte a lui, si ritroverebbe ad essere invidioso di tale lucentezza e calore. Christian lo sapeva, era impossibile avere una reazione diversa davanti a quel ragazzino. E, in più, che lo diciamo a fare? Bianca: era proprio il suo colore, la luce che sprigionava, il suo cuore, la sua anima pura. Il bianco che per alcuni rappresentava il silenzio, sì ma un silenzio pieno zeppo di possibilità meravigliose. E così era il latinista: spesso per le sue, che non riesce a farsi capire dagli altri ma così pieno di potenzialità da essere uno dei migliori in tutto quello che faceva senza neanche rendersene conto. Sfortunatamente per Christian, però, quello non era uno di quei momenti di silenzio o di brillantezza. No, in quel momento il biondo aveva deciso di fare uscire il suo lato pignolo e da cagacazzi, quello che faceva impazzire il bergamasco. E non in senso positivo. Eccolo, pronto ad esplodere per la minima cosa e il moro gli andava dietro perché erano uguali e il risultato era quello di urlarsi contro. Forse quella di andare e vivere insieme non era stata l'idea del secolo, ma quando entrambi erano stati presi da due compagnie di Milano era stato inevitabile arrivare a quella conclusine. Non avevano però tenuto conto della nozione più importante: erano un binomio stellare pronto ad esplodere. Così come la stella nana bianca, attraverso la sua forza di gravità, attira a sé la propria compagna per farsi donare la massa e ingrandirsi fino ad esplodere. Anche Christian e Mattia erano così se stavano troppo insieme perché erano uguali: due spiriti infuocati, anzi no due micce collegate a calderoni di benzina che con la scintilla giusta danno vita ad in incendio senza freni che divampa e brucia tutto, tutto l'equilibrio tra loro e i loro animi. Non che il loro rapporto si fosse rovinato o che litigassero sempre, ma in quei momenti non avevano più freni inibitori e si rinfacciavano tutto. "FAI TANTO IL PERFETTINO, MA TRA NOI NON SONO IO QUELLO DISORDINATO" ecco appunto Christian tirare fuori una delle sue carte. "COSA VORRESTI INSINUARE?" mise le mani avanti il piccolino facendo uscire il suo lato da permaloso cronico. "DEVO RICORDARTI TUTTE LE VOLTE CHE MANGI SUL DIVANO E LASCI LE BRICIOLE OVUNQUE? NON È SOLO QUESTIONE DI ORDINE MA EDUCAZIONE E IGIENE" esagerò il moro come al solito, perché sì, era Mattia colui che iniziava le faide ed era il più permaloso, ma era il bergamasco a colpire fino in fondo e riuscire a toccare i punti che più avrebbero fatto arrabbiare l'altro. "QUINDI MI STARESTI DANDO DELL'ANIMALE?" lo accusò il barese non cercando neanche di capire i pensieri del maggiore. Quest'ultimo d'altronde non si impegnava nemmeno un tantino a spiegare che no, non era quello che intendeva ovviamente; voleva dire che entrambi erano imperfetti e che andava così perché erano semplicemente loro, sempre loro: quei due fratelli che si erano trovati ad Amici e non si erano più lasciati, quei due che erano appunto stati messi in sfida proprio per le pulizie, quei due che si stavano dietro a vicenda per stare attenti che l'altro non sgarrasse per evitare di vivere nuovamente quella situazione o peggio perdere il proprio frate. Invece se ne uscì nel peggiore dei modi "PROPRIO COSÌ. ANZI SEI PEGGIORE, SAREI DOVUTO ANDARE A VIVERE CON UN BRANCO DI BABBUINI" "ALMENO TI RITROVERESTI CON QUALCUNO DELLA TUA SPECIE VEDENDO IN CHE CONDIZIONI LASCI IL BAGNO OGNI VOLTA" il più basso si avvicinò al coinquilino, piazzandosi proprio di fronte al divano che indicò con il dito "SCUSA SE NON HO LE FORZE PER SISTEMARE IL TUO PREZIOSISSIMO DIVANO MA SAI SONO IMPEGNATO A PULIRE QUELLO CHE TU LASCI IN DISORDINE". Anche il moro si accostò di più a lui, ormai si trovavano a pochi centimetri l'uno dall'altro "MA TI SENTI? MI FAI SEMBRARE UN INCIVILE!" "MAGARI COSÌ TI SVEGLI E FAI QUALCOSA". E Christian, pur di farlo zittire, qualcosa la fece eccome. Qualcosa di inaspettato perfino per lui. Si tuffò su quelle labbra carnose che non smettevano un attimo di muoversi per riprenderlo. Fu un bacio semplice, timido anche se dettato da una sensazione irruente, solo un tocco di carne che però generò qualcosa impossibile da descrivere con parole mortali. Si staccarono e si osservarono con occhi spalancati: il blu dello sprazzo di oceano all'orizzonte che si incontra e scontra con il cielo creando un senso di infinito nel verde dorato del più bel e fitto bosco che possa esistere, un bosco immerso nel raggio più forte che la luce solare riesca a sprigionare, solo per quella vegetazione in modo da dare la sensazione di immergersi in una pozza di miele. Non era un bacio calcolato, per nulla, eppure Dio se a Christian era piaciuto. Lo aveva amato, tanto, troppo, sicuramente non come una persona avrebbe dovuto amare la sensazione di assaggiare la bocca del proprio migliore amico. Onestamente nessuno seppe mai chi fu il primo, forse fu solamente dovuto alla forza magnetica, molto più forte di quella gravitazionale, ma si ritrovarono di nuovo labbra su labbra, in un bacio più passionale del primo. Le mani del biondo si andarono ad arpionare alla canottiera rossa che il maggiore indossava quel pomeriggio, mentre quelle del bergamasco si divisero per raggiungere una il fianco stretto di Mattia e la gemella il retro del collo iniziando anche a giocare con i ciuffi lunghetti. Il più alto si staccò a causa dei propri polmoni che lo imploravano di essere riempiti di ossigeno pulito e lui li graziò solo perché andò a prendere quell'aria direttamente dal collo del barese, ispirando appieno il suo profumo così da averlo in circolo all'interno del proprio organismo. Mentre si trovava in quell'angolo afrodisiaco, paragonabile solo al giardino dell'Eden, il maggiore decise di approfittarne e lasciare una scia di baci umidi che partivano dal retro dell'orecchio fino alla mandibola, in un viaggio di andata e ritorno. Il biondo iniziò a tirare respiri più pesanti intercettati, di tanto in tanto, da qualche ansito leggero. E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, lì Christian non ci vide più: tornò a baciare, anzi a divorare le labbra già rosse di Mattia. Nella foga di quel gesto caddero proprio su quel divano su cui avevano tanto discusso prima, tra le altre cose, il biondo sotto, schiacciato dal peso del bergamasco che si muoveva scompostamente cercando di toccare e venerare nello stesso momento più angoli del corpo del latinista. Continuò a baciare voracemente il ragazzino, come se ne dipendesse la sua stessa esistenza, come se non toccasse cibo da anni, anche se effettivamente non ricordava di aver mai sentito un sapore tanto bello in vita sua. Tirò leggero i riccioli grano del piccolo, portandolo ad aprire la bocca per ansimare debole. Approfittò di quel momento per insinuare la sua lingua tra le sue labbra e farla scontrare con quella dell'altro, facendole fondere insieme, scambiandosi ancora di più i propri gusti, le proprie salive. Il lombardo, staccandosi con uno schiocco, si spostò sulla mascella marcata del pugliese, ricoperta da una leggera peluria che si era lasciato crescere, depositando una serie infinita di baci confusi e bagnati per via delle loro salive che ancora facevano l'amore nelle bocche di entrambi. Il minore si leccò le labbra cercando di mantenere saldo l'autocontrollo che vacillava prepotente "Chr-" deglutì un groppo in gola "Chri, che stiamo- che stiamo facendo?" gemette a bassa voce, pur non mollando la presa su quello che avrebbe dovuto essere il suo migliore amico, suo fratello acquisito. "Cazzo, Mattia, non lamentarti sempre. Sta' zitto una volta tanto" ringhiò il maggiore, stanco del finto buonsenso di Zenzola, e continuò a torturare avido la pelle del minore, scendendo velocemente verso le scapole coperte dalla stoffa leggera della magliettina azzurra che strattonò, cercando di avere più campo d'azione, fino a strapparla lievemente. "Cazzo, Christian." lo rimproverò duro il piccolo, "Tranquillo, te la ricompro, anzi me la ricompro dato che l'avevi rubata a me" lo rassicurò il ballerino di hip hop osservandolo dal basso e facendogli l'occhiolino, al che il minore alzò gli occhi al cielo, rilasciando poi un verso tra l'esasperato e l'eccitato una volta che il maggiore, con forza, tirò entrambi i lembi di stoffa per stracciarla a metà fino all'altezza dell'ombelico. Si alzò un po' per guardare dall'alto il ragazzino ormai più maturo, ma che per Stefanelli sarebbe rimasto sempre quel cuccioletto insicuro che aveva conosciuto 4 anni addietro. Ammirò la sua bellezza scultorea, con il petto che si alzava e abbassava veloce, gli occhi velati di desiderio che, nonostante quello che il proprietario aveva detto poco prima, lo imploravano di andare avanti. E davvero, Christian era sempre stato consapevole della bassa autostima del piccoletto e già normalmente non riusciva a spiegarsela, ma in quel momento trovò proprio impossibile che qualcuno di tanto meraviglioso non fosse consapevole della bellezza che gli era stata donata. "La prossima volta ricordami di scattarti una foto" sussurrò riavvicinandosi al viso dell'altro e baciandolo con trasporto. "La prossima volta?" domandò sulle labbra dell'altro il biondo, alzando le sopracciglia con fare indagatore. "Mhmh" si limitò a concedergli un verso d'assenso l'interlocutore "Perché non adesso?" continuò il più piccolo andando a lasciare baci sul collo del ragazzo che gli stava sopra. "Non ho più pazienza." Soffiò duro il moro, prendendogli le gambe e facendogliele piegare verso l'alto, aperte, così da inserirsi in quello spazio creatosi. "Neanche io" gli diede man forte il pugliese allungandosi per afferragli la canottiera e sfilandogliela veloce. Il maggiore si fiondò sui suoi capezzoli leccando prima l'uno e poi l'altro abbondantemente, stuzzicando quei bottoncini fino a farli diventare duri e dolorosi. Dopodiché ne prese uno tra i denti stringendo piano, mentre con le mani percorreva ogni centimetro di pelle immacolata ed esposta del barese, sentendo sotto il proprio tocco il formarsi feroce della pelle d'oca dovuta solo a lui. Si gongolò di questo dettaglio, mettendo su un sorriso malizioso che il latinista poté percepire direttamente sulla propria pelle. "Togliti quel sorrisetto, brutto stronzo" ecco, appunto, arrivare l'ammonizione del minore, alla quale il più grande alzò lo sguardo verso il suo viso trovandolo già in preda al piacere, cercando di celarlo: con il labbro inferiore stretto tra i denti e gli occhi coperti dal braccio. "Non so di cosa tu stia parlando" lo stronzo continuò a prenderlo in giro, aumentando il proprio lavoro: scese con la bocca sempre più in basso, lentamente, dando piacere ad ogni millimetro che si trovava davanti, andando anche a trovare uno dei punti più erogeni del minore e dando comunque sofferenza ai capezzoli con le dita, passando i polpastrelli sopra, tirandoli, strizzandoli. "Mh- guard- guarda ah che io ti conosco bene uh" Mattia era già un disastro di ansiti e piacere, che tentava ancora di trattenere. Scelta che non piacque al bergamasco "Come posso non congratularmi con me stesso quando con poco ti rendo così?" una delle sue mani lasciò il suo obiettivo fino a quell'istante per dirigersi verso una nuova meta e andò a stringere l'erezione già mezza formata del latinista. Dopo una piccola stretta la mano raggiunse il labbro del piccolo per liberarlo dalla morta della dentatura e si avvicinò ad esso per soffiare le successive parole "Non azzardarti a trattenerti" riscese il corpo asciutto dell'altro per arrivare al cavallo dei jeans e iniziare a slacciarli. "Credevo mi avessi detto di stare zitto" rispose beffardo Mattia guardandolo in mezzo alla sue gambe "E da quando tu mi ascolti? Quando discutiamo non stai muto un attimo" lasciò un bacio sull'intimità ancora coperta dai boxer prima di sorridere sornione "Adesso puoi lasciarti andare quanto vuoi" con uno scatto gli tolse sia i pantaloni che l'indumento intimo "Urla il mio nome più forte che puoi" gli ordinò con un sguardo che non prometteva nulla di buono, prendendolo dai fianchi per farlo posizionare con la gambe belle aperte e piegate i fianchi leggermente alzati. "Che intenzi- OH DIO CHRISTIAN" non riuscì a terminare il quesito poiché sentì la lingua del lombardo farsi spazio all'interno del proprio punto più nascosto. Il bergamasco ne uscì e iniziò a lasciare lappate profonde in tutta la zona portando il biondo a contorcersi in maniera disordinata creandogli non pochi problemi nell'esecuzione della propria attività. "Vuoi stare fermo?" chiese infatti il ballerino di hip hop catturando i suoi fianchi in una presa salda e lasciando baci e leccate intorno a quell'anello di muscoli. "Non- cazzo- non è così semplice" si lamentò il piccolo cercando di trattenersi il più possibile, cosa resa praticamente infattibile quando abbassò lo sguardo, notando il ciuffo riccio e scuro di Christian tra le sue gambe, a creargli anche solletico sulle cosce. Portò la testa all'indietro e una mano stretta un pugno alla bocca, mordendola così forte da lasciare i segni ma "Dio-" non poté comunque impedirsi di gemere. Il maggiore sorrise beffardo nel vedere come Mattia impazzisse oramai anche con un minimo gesto, mezzo tocco, un soffio, su quella parte delicata "Guardati" lasciò una leccata su quel fascio di nervi che fece fremere tutto il ragazzino fino a fargli arricciare le dita dei piedi "Sei così sensibile" lasciò un morso su una natica, in un punto là vicino, sentendo e gioendo di come il corpo del latinista sussultasse anche per quello, ma non dal dolore "..così sentibile e appagato per ogni cosa che ti faccio" buttò fuori con voce roca dal piacere il moro. Si rifiondò su quell'angolo inviolato, che solo lui stava avendo il privilegio di conoscere e saggiare, che solo avrebbe potuto farlo per il resto della vita. Si concesse altre due lappate prima di penetrarlo con la lingua, in quell'altro caldo che lo stava già portando ai matti, e ancora doveva fare molto. Si mosse in modo da andare a toccare più zone possibili e da addentrarsi più infondo che poteva. E lottava, lottava contro quelle pareti bollenti e strette che si contraevano per il piacere e l'intrusione; per agevolarsi, si aggrappò al culo pieno e allenato del piccolo con un paio di colpi e poi allargò le natiche per godersi più campo d'azione. "Dio- Dio santo" intanto sentiva gemere dalla voce, persino per lui, irriconoscibile del barese. Si fermò in un tratto dal suo lavoro; scelta che fece lamentare il biondo "cazzo- no" fece uscire disperato muovendosi in direzione del più grande e incitandolo a fare qualcosa. "Eh, no ti avevo detto di urlare il mio nome" ottenne in risposta dal lombardo che, poi, iniziò a leccare e succhiare un punto ben preciso tra la natica e la sua entrata. "Di-Dio" e, seriamente, Christian si chiese se era solo un modo per infastidirlo pure quando si trovavano in quella situazione o non sapeva darsi una spiegazione "Ringrazio perché mi consideri una divinità. Modestamente. Ma. Voglio. Sentire. Il. Mio. Fottutissimo. Nome. Urlato da te e da queste labbra finte innocenti." si avvicinò alle nominate e le prese tra le labbra succhiandole leggero. Lo guardò negli occhi azzurri inghiottiti adesso dal nero "Vuoi che continui?" gli chiese ad un millimetro del suo viso, i nasi che si sfioravano, la mano stretta dietro al collo del piccolo, il quale annuì solamente "Parole Mattia." disse serio, voleva proprio sentirlo urlare il proprio nome. Non se ne era mai reso conto ma era uno dei suoi sogni proibiti e aveva intenzione di viverlo e sentirlo appieno, come voleva lui. "S-sì, Chri. Ti- ti prego" ricevette dal piccolo e, finalmente, soddisfatto, tornò al proprio compito, godendosi appieno quell'esserino che aveva protetto da tutto gemere il suo nome nella maniera più oscena possibile. Dio, avrebbe voluto morire così. Quando percepì di aver allargato al massimo quel buco con la lingua, si trasse indietro e lasciò una scia di saliva da quel punto fino al pene del piccolo e prese in bocca, succhiando voracemente, un testicolo gonfio. "CHRISTIAN CAZZO-" urlò, preso in contro piede, il piccolo che ormai non provava neanche più a stare in silenzio. E non per dare un piacere al grande, no, non era da lui, ma semplicemente perché era tutto così dannatamente intenso che non riusciva a non esternare le proprie sensazioni. Le più belle della propria vita. Il bergamasco sentiva i calzoni troppo stretti, cazzo quel ragazzino solo attraverso i suoi baci, il suo corpo e il suoi gemiti lo aveva portato ad una situazione patetica, quale non riuscire a sopportare neanche la tuta, LA TUTA, ad ingabbiare il proprio membro. Perciò mentre continuava a donare piacere al più basso, si spogliò scomodamente degli ultimi indumenti che aveva indosso e li lancio da qualche parte non rintracciabile del pavimento. Chissà se quel pignolo, che in quel momento gemeva come un ossesso, avrebbe avuto da ridire anche sul quel disordine. "Chri- cazzo Christian" lo richiamò Zenzola, bloccandolo e tirandoselo addosso "Cosa, bimbo?" il moro guardò in estasi l'opera d'arte che lui stesso aveva creato, perché sì, Mattia era già dipinto dagli angeli più bravi del creato e di questo dava loro tutto il merito e tutta la sua gratitudine, ma lo spettacolo di aver sporcato quella purezza divina, quel sesso ancora neanche arrivato e che già il piccolo si portava addosso era tutto merito suo. Suo e solo suo. E non poteva non sguazzare felice in tale consapevolezza. "Scopami" gli sussurrò tenendoselo vicino e successivamente baciandolo, forse per convincerlo "Vuoi essere scopato, eh?" gli soffiò bastardo e il biondo, troppo preso per pensare lucidamente, annuì e basta "Vuoi essere preso? Forte? Riempito fino all'ultimo centimetro?" continuò il maggiore, accarezzandogli le guance rossissime "Mhmh" ottenne come risposta "Riempito con il mio cazzo mentre ti muovo come una bambola, andando a toccare vari punti fino a trovare il tuo di massimo piacere, mh?" "Chri- Chri-" piagnucolò il piccolo, portato allo stremo da quelle parole, solo pensando a cosa volesse significare se si fossero realizzate in quel momento, immaginandone tutte le emozioni. E voleva provarle immediatamente. "Così da farti urlare e gemere il mio nome come una puttana mentre ti sbatto senza riserva?" gli scostò il ciuffo biondo ormai madido di sudore dalla fronte. "Sì, sì ti prego Chri" il barese lo pregò sofferente, alla ricerca di qualcosa di più, alla ricerca di lui e del suo corpo. Il lombardo si mosse sistemando l'erezione vicino l'entrata di Mattia, ma non lo accontentò: giocò con lui, imitando un rapporto completo, strusciandosi contro di lui, senza mai neanche accennare ad entrare veramente. Si chinò sulle labbra del biondo "Non ancora." ghignò stronzo come non mai, compiacendosi dell'impazienza del piccolo. Lo riempiva di orgoglio vedere quell'angelo così impaziente di essere preso da lui, così disperato da pregarlo di essere preso con violenza. Stefanelli riscese per quella scultorea figura, contando con i polpastrelli ogni neo, ogni segno, ogni particella che il biondo detestava di sé, trasmettendo loro tutto il desiderio e l'affetto che provava, facendo propri quegli elementi. "Come potrei già privarmi di tutto questo?" chiese più a sé stesso che all'altro andando a mordere punti indefiniti "..di sentirti gemere e pregarmi?" con un colpo ben assestato di reni, fece scontrare le loro due erezioni. Entrambi ringhiarono per quel semplice contatto che scatenò in loro una scarica elettrica che partì dal basso ventre fino a toccare il centro neuronale del loro piacere, rilasciando una grande quantità di dopamina che andò a sovrastimolare i loro sistemi e la loro euforia, dando loro la sensazione di essere sotto la più squisita delle droghe. "Fai tanto il figo ma sei messo quasi peggio di me" lo provocò il piccolo che, a quanto pareva, neanche in quelle determinate situazioni riusciva a non essere impertinente. "Disse il ragazzo che fino a venti secondi fa stava implorando- marcò il verbo -il proprio migliore amico di scoparlo" diede un'altra frizione alle due intimità prima di andare a posizionare il proprio membro vicino all'entrata del piccolo e spingere leggermente. "Sì, sì, Chri- fin- finalmente" gemette entusiasta il barese, non tenendo però conto della malvagità del ballerino che aveva di fronte, il quale infatti, dopo avergli dato un piccolo assaggio, si ritrasse subito indietro. "Vedi? Disperato e morto per il mio cazzo che ti faresti sbattere senza un minimo di precauzione" ridacchiò il maggiore, catturando qualche lacrima scappata agli occhi oceano di Mattia. Il più grande si avvicinò al pene del biondo, decidendo di averlo tralasciato per troppo tempo, e vi lasciò un fiume di saliva a partire dalla base fino alla punta che prontamente prese in bocca. Questa azione, compiuta con una lentezza estenuante, la mise in atto non distogliendo un attimo gli occhi dalle pupille del minore che continuavano a implorarlo silenziosamente di andare più veloce. Facilitato dal liquido appiccicoso, iniziò ad accarezzare tutta la lunghezza del piccolo, sentendola pulsare sotto le dita, per spargere un po' ovunque la propria saliva prima di stringerla intermente nel proprio pugno e iniziare a pompare rapido fin da subito. Passò il pollice sulla cappella rossa che si mosse al suo tocco, rilasciando altro liquido preseminale che il lombardo andò ad unire con il resto per lubrificare al meglio quella piccola parte invitante che era la punta di Mattia e che lo chiamava a gran voce, che gli urlava di essere presa tra quelle labbra. Il moro, così la leccò abbondantemente e poi la prese in bocca succhiando più che poteva, incavando le guance, restringendo lo spazio che l'organo del piccolo aveva a disposizione. Continuò a succhiare avidamente la cappella, passandoci più volte la lingua sopra, e a muovere la mano su e giù sulla lunghezza del pugliese, sporcando questo ritmo ipnotico con qualche movimento circolare, non distogliendo lo sguardo dal viso contratto di piacere del piccolo. Sorrise nel vedere come faticasse nel tenere gli occhi aperti mentre ansimava e ripeteva il suo nome con tono sempre più acuto: voleva guardarlo per tutto l'atto. Un messaggio nascosto: lui, solo lui poteva renderlo così e nessun altro, e non voleva immaginarlo o sentirlo tra le proprio gambe e il proprio pene, no. Lo voleva proprio vedere. Essere sicuro fosse Christian a renderlo così e combatteva contro le reazioni fisiologiche del proprio corpo; poco importava se molti ritengono che chiudendo gli occhi si vive tutto più intensamente. Quelle persone sbagliavano, di grosso, ma d'altronde non era neanche colpa loro: non avevano il regalo di fare l'amore con Christian Stefanelli, con quell'essere meraviglioso che, Mattia doveva ricordarsi, poteva entrare a pieno diritto tra gli dei greci come dio del sesso, dell'amore carnale. Eros era stato sostituito; se voleva, poteva dedicarsi ad altro: amore romantico, quello tragico, quello tossico anche, ma il desiderio sessuale era sicuramente di Christian. Discussione chiusa. Okay, il minore stava davvero vaneggiando, tutto a causa di quella bocca e quella mano che lo stavano torturando nella maniera più bella che potesse mai immaginare o chiedere. Ormai era allo stremo "Chris- ah Christian non- non ce la- DIO faccio più- uh cazzo" cercò di articolare per avvisare l'altro, che accolse la notizia con molto piacere aumentando le spinte della mano e succhiando con ancora più gusto. E succhiò e ingoiò fino all'ultima goccia il seme che il biondo riversò nella sua bocca, assaporando quel gusto nuovo, sconosciuto, ma non cattivo. Mattia sapeva anche lì di dolce, un dolce messo in rilievo da un retrogusto salato; un sapore talmente forte che fece risvegliare le papille gustative del grande le quali, curiose, andarono alla scoperta, iniziando a conoscerlo e amarlo e vibrando dalla felicità. Le papille di Christian danzarono e portarono la sua salivazione al massimo con la conseguenza di bagnare ancora di più il membro del piccolo che sostava nella sua bocca, perciò succhiò ancora -producendo un verso osceno che deliziò le orecchie di Mattia -per raccogliere pure tutto il suo sapore e, quando si allontanò, un filo di un mix di saliva e sperma rimase appeso tra la punta del membro del latinista e le labbra del bergamasco, che subito lo leccò via, non volendo perdersi neanche una goccia del suo ragazzino. E, Mattia lo giurava, sarebbe potuto diventare nuovamente duro anche solo grazie a quello. Ma chi voleva prendere in giro? Si stava già eccitando, anche con più furore di prima. "Chri.. Chri" venne chiamato dal minore e, credendo che volesse essere baciato, unì le loro labbra facendo scontrare immediatamente tra loro le lingue che iniziarono una lotta per la supremazia di dettare il ritmo. Tutti e due troppo testardi per godersi il momento e basta, ma allo stesso tempo così competitivi da trovare quella disputa estremamente eccitante. Lo scontro fu travagliato: ora predominava l'una, ora si prendeva la propria rivincita la sfidante, in un gioco perverso ma fin troppo piacevole per porvi una fine. Un lunga battaglia con spargimenti di saliva, colpi costituiti da leccate e morsi; una lunga battaglia che si poteva ritenere conclusa in due soli modi. O ritenere entrambe le parti sconfitte: nessuna era riuscita a raggiungere l'obiettivo di bloccare l'altra sotto il proprio tocco, di metterla a tacere, a subire impotente. O entrambe vincitrici: alla fin fine non importava chi avesse avuto l'egemonia, poteva passare in secondo piano in confronto al piacere dettato dal tacito armistizio pattuito. Quel trattato di pace, ricercato e urlato in nome del piacere carnale, emotivo, psicologico aveva la prevalenza poiché avrebbe condotto i loro cuori a sperimentare e abbracciare la gioia più potente del mondo, che fino a quel momento era rimasta inviolata, intatta, nascosta al mondo in modo da mettere radici profonde e crescere lenta, con i propri tempi così da potersi innalzare verso il sole nel suo momento di maggiore forza. La disputa venne messa a tacere dalla mancanza di aria pulita nei loro organismi, si erano presi tutto l'uno dell'altro e adesso avevano bisogno di rigenerarsi prima di portesi concedere appieno reciprocamente. "Chri" ne uscì un lamento, un soffio di fiato ritrovato in qualche piccola riserva ancora intoccata che giaceva ancora in lui, tutto il resto dell'aria era stato prosciugato dall'orgasmo, dai baci, dal disperato tentativo dei suoi muscoli di riprendersi e da Christian stesso. Christian in generale. La sua vicinanza gli provocava un mal funzionamento respiratorio. "Vi-vieni" cercò di articolare ancora sofferente, con il corpo che continuava a tremare, in cerca del contatto desiderato. Sperò vivamente che il ragazzo lo capisse poiché non aveva altre scariche di energia razionale per articolare il proprio pensiero, ancora troppo incentrato sugli attimi prima, sentendosi ancora le sue mani addosso, ovunque. Percependo ancora l'orma, il segno delle sue conseguenze sul proprio corpo e sulla propria psiche. Il lombardo si dibattè per trovare lo sguardo di Mattia, per leggerne dentro un chiarimento: non comprendeva. Era lì, di fronte a lui, dopo un bacio che aveva preso e donato tutto, dove avrebbe dovuto essere? "Sono qui, piccolo" affermò un po' insicuro tentando ancora di afferrare quello spiraglio di mare aperto, quel mare disegnato dai bambini. Quell'ammasso di blu puro, incontaminato che può vivere solo nella fantasia dei più piccoli e innocenti che ancora non conoscono l'inquinamento che regna nel mondo. E, infondo, Mattia era così: tra i modi migliori per descriverlo vi erano sicuramente gli aggettivi 'puro', 'incontaminato'. Era un'anima rara, un foglio bianco speciale che non viene e non verrà mai macchiato dal male, niente riuscirebbe a imbrattarlo in quel modo. Buono, troppo buono, alle volte quasi stancante ma che non puoi fare a meno di ammirare in quanto riesce a rimanere immacolata anche in mezzo alla cenere più spessa e soffocante. Se voleva che quel foglio fosse colorato, sarebbe stato lui a decidere il come e il quanto. Sicuramente avrebbe impegnato i colori più vivaci che siano stati scoperti e utilizzati da qualsivoglia artista: pennellate di colore puro, paragonabili alle opere di Andrè Derain, il quale partendo dell'eredità dell'impressionismo presentò capolavori con stravaganti giochi di forme e colori, tinte ardenti, prive di chiaro scuso. Mattia possedeva in sé i colori più forti, lui era tutto. Tali dipinti, insieme ai compagni appartenenti alla corrente del Fauvismo, vennero posti una sala definita 'cage aux fauves', ovvero 'gabbia delle belve' poiché veniva, appunto, ritenuta come un modo per trattenere la forza irrompente di quelle pennellate accese, la forza devastante di Mattia. Quel Mattia che lottava contro la forza di gravità che cercava, inevitabile, di chiudere le sue palpebre e privare il mondo di quel fuoco che mai aveva contaminato il volto del piccolo. "No- non in quel sen-senso" piagnucolò distrutto dalla situazione, era tutto maledettamente troppo... semplicemente troppo da sopportare "Non- non capisco Matti" perché non capiva? Doveva sempre essere lui quello chiaro tra i due? Perché anche l'altro non riusciva a captare i suoi desideri? Perché non si accorgeva che aveva il cervello in pappa a causa sua e non riusciva ad articolare bene i periodi? "Cazzo Chri. Voglio succhiartelo" buttò fuori esasperato, annotandosi di non dimenticare più quanto possa essere ottuso Christian. Il moro sgranò gli occhi, di certo non si aspettava questo; okay, le circostanze erano abbastanza evidenti ma sentire questo desiderio che il latinista aveva lasciato fuggire al proprio autocontrollo come fosse un bisogno fisiologico lo aveva spiazzato. Osservò attentamente i lineamenti delicati del piccolo, cercò di notare qualcosa, un piccolo accenno che gli segnalasse l'irrealtà di quella situazione: un simbolo di titubanza, un indizio di ironia, qualsiasi cosa. Ma nulla, non vide nulla di quello che si aspettava. Davanti a lui si ergeva un'espressione tranquilla, quasi determinata e, veramente, il bergamasco aveva osservato ogni millimetro di quel musetto che si trovava davanti. Ogni angolo del viso che aveva ormai perso ogni traccia del proprio mistero con Christian, poiché oramai questo lo conosceva anche troppo bene da poterne fare un identikit perfetto. Si soffermò su dettaglio appena scoperto ma che già aveva conquistato la cima dell'infinita montagna dei particolari del piccolo che amava: un neo nascosto proprio all'attaccatura delle labbra, così piccolo che devi vicinissimo a loro per vederlo e il ballerino di hip hop aveva avuto non solo questa fortuna ma anche quella di poterlo baciare, mangiare, farlo suo. Ingrandì il proprio raggio di osservazione proprio a quella bocca e si chiese come dovesse essere avere quelle porzioni adesso rosse e gonfie di pelle, che lo avevano fatto impazzire per un semplice bacio, sulla propria intimità. Quella piccola bocca a incorniciare il suo glande, quelle pareti calde che gli si sarebbero stretto intorno quando avrebbe infossato le guance per succhiare, quella lingua inesperta che accarezza ogni vena pulsante, i denti a solleticargli la pelle per il leggero contatto. Credette di poter venire anche loro così, attraverso il solo pensiero di quello che sarebbe successo, ma sperò fosse una cosa impossibile poiché voleva sperimentarlo il più possibile, riversare in questa loro prima volta tutto ciò che si erano persi in quegli anni di attrazione recondita mascherata da amicizia. Sorrise malizioso e gli lasciò un bacio a stampo prima di alzarsi leggermente "E devo essere io ad arrivare fino a là per questo? Che sfaticato" e nulla, proprio non riuscivano a non punzecchiarsi anche in situazioni del genere. Guardò con la sfida negli occhi il ragazzino che aveva iniziato a respirare più normale, riprendendosi dal piacere raggiunto poco prima. "Sono stanco; sai? Ho dovuto sistemare il casino che hai lasciato in bagno prima degli allenamenti" gli rispose a tono il latinista facendo un ironico riferimento alla discussione che diede vita a tutto questo e passando una mano su quella massa disordinata di ricci scuri che avevano perso la loro forma per via del sudore. "Però la forza per rispondermi la trovi, eh?" continuò a scherzare il maggiore "Per quella ho un serbatoio infinito" gli riservò una smorfietta adorabile totalmente in disaccordo con l'atmosfera e appoggiò la schiena al bracciolo del divano sollevandosi un po'. "Oh allora dovrò stancarti per bene" gli prese il mento tra le dita e se lo avvicinò al volto e gli morse leggermente il naso. Dopodiché lo spinse con forza nuovamente sul divano e scalò il suo corpo accostando la propria intimità alla bocca del biondo che già lo attendeva aperta e dalla quale si affacciava la lingua. Il biondo osservò quel pezzo di carne con occhi coperti di desiderio e vi passò sopra la lingua, lento, inumidendo ogni sua piccola parte, nessun millimetro scampava al suo attento lavoro. Ad ogni leccata, il pene del grande si contorceva dal piacere, mandandogli scariche elettriche a tutte le fibre del suo organismo. Scariche rese più intense nel percepire di versetti di apprezzamento che emetteva il minore nel sentire e amare il suo gusto. Concluse questo suo primo assaggio che fece girare la testa al maggiore e accarezzò tutta la lunghezza con la guancia, muovendo il viso più volte. "Cazzo, Mattia. Muoviti." ringhiò il moro che già di per sé aveva poca pazienza, e il suo cazzo che urlava pietà aiutava ancora meno. "Dovresti lavorare sulle tue buone maniere" lo schernì il piccolo, ma comunque lo accontentò e prese in bocca la sua intimità guardandolo negli occhi. La prese per metà iniziando a ciucciare timido. "Finalmente cazzo. Ah, sì, bravo, così" in un attimo il moro era un disastro di gemiti e parolacce: il piccolo, pur essendo inesperto, riusciva già a fargli provare un benessere mai sperimentato e il grande non sapeva dire se fosse talento naturale o se il suo giudizio non fosse oggettivo perché si stava parlando del suo piccolo. Accogliendo quei complimenti, il pugliese si prese ancor più di coraggio e ingoiò ancora un po' l'erezione dell'altro, passandovi la lingua tutta intorno, e poi succhiò con più forza incavando al massimo le guance rosse. Il più alto alzò la testa verso alto e ringhiò dall'appagamento "Matti, DIO SANTO"; nel sentire le mani del piccolo che iniziarono a stimolare i suoi testicoli, rivoltò gli occhi verso l'interno avvertendo una sensazione di pura estasi. "Si-signore, ah cazzo, sal-salva, cazzo Mattia, la mi-mia anima" si ritrovò a farfugliare non rendendosi neanche conto delle parole che uscivano dalla propria bocca con le gambe che iniziavano a tremare. Il minore lo osserverò dal basso, innamorandosi, ogni secondo che passava, sempre di più di come l'eccitazione e il piacere brillavano sul volto di Christian e non poté non compiacersi nel pensare che fosse lui il motivo delle sue inibizioni distrutte. Sorrise tronfio di questo e si fece scivolare il pene del bergamasco fino in fondo alla gola, cercando di resistere all'impulso della nausea. "Cazzo, ah, mi-mi manderai, DIO, dri-dritto all'inferno, AH" esclamò il moro portando una mano tra le ciocche dorate e umide del piccolo. Mattia accolse la disperazione dell'altro ridendo leggero e ciò portò la sua gola ha fremere e creare una vibrazione che colpì forte il maggiore, il quale urlò dal piacere. Il biondo ingoiò un paio di volte e ritornò a succhiare voracemente mentre il lombardo si lasciò andare sulla spalliera del divano con il busto e le braccia per tentare di tenersi su dato che le gambe iniziavano a fare segni di cedimento a causa del godimento. Ormai il grande non riusciva più neanche ad articolare nessuna parola di senso compito, l'unica che riusciva ad uscire dalle sue labbra, come una litania, era il nome del piccolo. Il latinista si scostò e fece uscire l'intimità dalla sua bocca per prendere aria e, nel mentre, continuò a pompare con la mano destra, mentre l'altra andò a reggere il moro per una coscia. Durante il massaggio con l'arto, andò a lasciare piccoli e bagnati baci sulle sue gambe e, dopo un paio di minuti di questo gesto delicato, riprese a leccare la cappella e riportò il membro tra le labbra, inserendolo per metà. Massaggiò i testicoli mentre dava piacere all'asta facendo su e giù con la testa. Il più grande raccattò le forze per accostare due dita alla sua bocca e le fece entrare così che prendessero posto accanto alla propria erezione. Capendo le intenzioni del ballerino di hip hop, il pugliese non oppose resistenza e iniziò ad inumidire quelle falangi e passò la lingua tra loro, andando a toccare ora loro, ora il pene. Christian osservò il piccolo che continuava a succhiare la sua intimità e le sue dita e si chiede da dove potesse provenire un essere del genere: Mattia era di una bellezza eterea. Sicuramente era stato creato dagli angeli, o forse lui stesso era un angelo. Anche se, in questo momento sembrava tutto fuorché quello. Forse era come Lucifero: angelo più bello di tutti che aveva perduto le ali, sottratte e si ritrovava in un altro luogo a tentare le persone con il proprio fascino. Ma Mattia era molto più bello; Christian ci avrebbe messo la mano fuoco. Nessuno poteva superare quel ragazzo, e forse è proprio per questo che è stato cacciato dall'Eden: gli altri erano invidiosi. E adesso eccolo lì, a tentare lui, il suo Lucifero personale. Intercettò lo sguardo del biondo nel momento in cui fece uscire entrambi gli intrusi dalla propria bocca e si concentrò solo sulla lunghezza, leccandola con golosità come se fosse un cono gelato del proprio gusto preferito. Il barese si concentrò sulla punta volendo cogliere ogni minima sfumatura del gusto di quel liquido che aveva iniziato ad uscire dal corpo del grande, il quale non era ancora arrivato al culmine ma era davvero messo male: un insieme di lacrime e urla. Guardando una tale scena non poté impedirsi di mordersi il labbro inferiore, così forte da penetrare con i denti nello strato superiore di carme e dare il via libera a un rivolo di sangue che vagò all'aria libera. "Ma-matti" cercò di attirare la sua attenzione, ma il piccolo sembrava come sotto un incantesimo e continuava ad assaggiarlo guardandolo intensamente "piccolo, vorrei arrivare, cazzo, all'atto in sé" così lo bloccò e si sdraiò nuovamente su di lui, il naso a sfiorargli il collo. "Cazzo Matti" gli sussurrò all'orecchio mordendolo lieve prima di alzare il volto per vederlo bene "tu e queste fottutissime labbra" gliele sfiorò con il pollice, che il piccolo prontamente prese tra i denti stringendo e sorridendo furbo, al ché il moro sbuffò una risata per poi concludere "mi farete impazzire presto" spostò la mano per potersi avvicinare con il viso, i loro nasi a stretto contatto. "Ci impegneremo al massimo" il piccolo rispose ammiccante e gli leccò il labbro portando via, con sé, quella piccola macchiolina di sangue già quasi secca. Senza perdere neanche un secondo Christian si avventò su quella bocca, facendo entrare immediatamente in contatto le loro lingue che ormai non potevano fare a meno l'una della compagna e avevano imparato il modo perfetto per muoversi in sincro, come se si conoscessero da sempre. Nel bel mezzo di quel bacio vorace, il moro infilò veloce due dita nel suo punto più nascosto. Essendo già in parte ancora preparato dalla lingua di prima, quell'intrusione non fu così violenta come si può immaginare, anzi il piccolo ricominciò a gemere sempre più forte sulle labbra del moro, avvicinandoselo grazie alle braccia che gli circondavano il collo. "Mh, Chri, vo-voglio sentirti dentro" si lamentò impaziente Mattia. "Oh, piccolo, anche io vorrei.." disse queste parole, lento, direttamente sulle sue labbra sfiorandole ad ogni suono mentre iniziava a compiere movimenti circolari con le proprie dita ancora unite "non sai quanto vorrei entrarti dentro e riempirti in pieno" e per il piccolo era un'agonia sentire tali parole senza che fossero ancora messe in pratica, immaginare di sentirsi completo per la prima volta quando era ancora insoddisfatto di quelle misere dita che si muovevano lente. "..sentire sul mio cazzo pulsante solo per te queste pareti così calde e strette e spingere fino a fotterti pure il cervello" piegò le falangi e le mosse più veloce per farsi spazio e andò a lasciare un morso su una guancia morbida, mentre il latinista chiuse gli occhi e strinse le labbra tra i denti per evitare di urlare dallo sconforto della situazione. "Ma devo prepararti" concluse il maggiore che iniziò ad aprire e chiudere le dita per allargarlo al meglio; e forse era giusto così, forse si stava prendendo il tempo adatto per non fargli sentire dolore, ma Mattia proprio non riusciva a sopportare tale attesa. Non gli importava di essere preparato, avvertiva quella stasi come una tortura, era straziante: voleva sentirsi vicino a Christian, più vicino di quel momento, più vicino di quanto fossero mai stati e il dover aspettare per questo era peggio, molto peggio di qualsiasi sofferenza fisica. "N-no, ti-ti prego" si lamentò ulteriormente aggrappandosi alle sue spalle. "Sei così disperato da implorarmi due volte di scoparti senza preparazione" chiese cattivo infilando un terzo dito in quel pertugio e muoversi più in fretta "vuoi così tanto il mio cazzo?" gli tirò i capelli per farsi guardare "Tu-tu, ah, no-non capisci, mh -strizzò gli occhi a causa delle aspettative non ancora realizzate- io ne ho bi-bisogno" riaprì gli occhi per incatenarli con i suoi verdi e trasmettergli tutta la necessità che sentiva di legarsi con lui nella maniera più intima. Il bergamasco fissò quegli occhi azzurri mischiati con il nero della passione momentanea e ne analizzò ogni sfumatura, ogni emozione intrinseca. Leggendovi la determinazione e l'urgenza, riflessi speculari delle sue, annuì e si leccò le labbra e poi fece uscire le dita dal suo buco; passò più volte la lingua sul palmo della propria mano in modo umettare bene l'erezione ormai secca dalla saliva del piccolo. Accostò la sua intimità alla parte ancora inviolata del biondo, ancora per pochi secondi eh, ed entrò veloce, senza alcuna esitazione poiché, parliamo con sincerità, prendeva per il culo il piccolo per la sua impazienza, ma neanche lui vedeva l'ora di farlo, stava per uscirne matto. Il biondo sgranò gli occhi e lanciò un urlo dovuto ad un mix di appagamento di essere accontentato, piacere per la più che piacevole e ben accetta intrusione e dolore. "Da-dammi solo un-un attimo" elemosinò con il petto che ricominciava a muoversi veloce, cercando invano di riempire i polmoni della quantità di ossigeno che richiedevano. Nel tentativo di distrarlo, Stefanelli si avvicinò al suo orecchio tramite un viaggio che partiva dalla sue labbra e che faceva scalo su ogni minima parte del suo viso per lasciargli dei dolci baci. Una volta raggiunto il proprio obiettivo, partì con il sussurragli parole di elogio direttamente nel timpano "Sai che sei bellissimo? Scusa, domanda stupida: so che non sei al corrente di che spettacolo sei per gli occhi. Ti prometto che il mio unico scopo da questo momento in poi sarà farti capire la bellezza rara che ti ritrovi" gli prese il lobo tra le labbra e si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo quando sentì il piccolo articolare tra i gemiti "No-non sono, ah, non sono nu-nulla di che". Gli morse timido il lobo "No, Matti. Tu non hai idea della meraviglia che sei, sei proprio di una bellezza ultraterrena. E non riesco neanche a trovare le parole per descriverti in questo momento: con il tuo piacere addosso, con il nostro amore sul viso. Potrei venire solo guardandoti, ti giuro." Confessò quelle parole a bassa voce e lento, dandogli tutto il tempo di assimilarle bene e farle proprie, per fargli comprendere la loro veridicità. Gli baciò il collo e poi si spostò dall'altro lato per lasciare un bacio anche lì e regalare anche al secondo orecchio le sue lodi "E non ti dico cosa nasce in me ogni volta che ti vedo ballare. Tutti i pensieri impuri. Tu, diavolo tentatore, dovevi proprio praticare il latino? Il genere più sensuale di tutti? Sei proprio il sesso Matti. Mhh, non hai idea di quello che ti farei." passò la lingua su un determinato punto dietro l'orecchio del minore facendolo rabbrividire "Praticamente mi facevi dubitare della mia eterosessualità ancora prima che mi rendessi conto di ciò che provavo per te" lo baciò con passione. "Mh, -il piccolo si staccò tenendo gli occhi chiusi per godersi ancora il momento e le loro labbra che si sfioravano parlando, nulla non riuscivano proprio a stare distanti- allora dimostramelo. Muoviti" gli ordinò quasi circondando la sua schiena con una gamba che il maggiore sostenne con una mano sotto la coscia. Si trovavo fronte contro fronte, naso su naso, gli occhi persi in quelle sfumature così diverse ma che insieme stavano maledettamente bene; così il maggiore iniziò a muoversi lentamente, uscendo di poco per poi rientrare con un ritmo moderato. Non era affatto semplice, per entrambi, descrivere le sensazioni che caratterizzavano i loro animi e accendevano i loro cuori. Si potrebbe pensare subito all'eccitazione, al piacere, ma no, non era così: quelle passarono in secondo piano. Il pensiero che vorticava loro in testa era che erano finalmente uniti, un tutt'uno indivisibile. Sarebbero voluti restare così per l'eternità e forse avrebbero dovuto poiché i loro corpi erano stati creati per intrecciarsi così; non avevano nessun altro scopo, adesso era loro chiaro. Nessun altro corpo, nessun'altra parte, nessun'altra mano, nessun'altra anima avrebbe potuto sfiorarli e accenderli in ugual maniera. Solo loro, per l'eternità. Christian se lo stringe più addosso, appiattendo tra loro i petti allenati e scolpiti, e lo baciò ovunque, lasciando piccoli segni d'affetto sul mento, sulla mascella, sullo zigomo, sul naso, sulla fronte, sugli occhi e poi finalmente sulle labbra. Si baciarono lentamente, assaporando ogni istante, ogni movimento, ogni tocco delle loro lingue e trasmettendosi tutta la serenità di quel momento. Sì, serenità, poiché la felicità è qualcosa che puoi trovare in diversi modi: erano felici quando ballavano, quando stavano con le loro famiglie o con amici o con i fan, non potevano nasconderlo. Ma la serenità, quella vera, la tranquillità che ti trasmette un senso di pace, che ti rende leggero portandoti quasi a volare, ecco, quella la trovavano solo quando erano insieme, quando erano solo loro due. Il maggiore cercò di allontanarsi per poterlo guardare in volto; prova inutile dato che il piccolo se lo tirò addosso, non avendo la forza di separarsene. Non in quel momento in cui si sentiva così vicino a qualcuno, così vicino a lui. Il moro gli lasciò un bacio sul collo "Matti, piccolo, voglio guardare il tuo visino bellissimo" aumentando leggermente la forza, riuscì a slegarsi dalla presa del latinista e si riempì gli occhi della gioia di vedere quell'essere celestiale: gli occhi stretti, serrati, il labbro inferiore tra i denti -cosa che comunque non gli impediva di lasciarsi uscire dei gemiti sconnessi-, le guance più rosse che mai e così soffici da morderle. Il bergamasco uscì quasi del tutto per poi rientrare con una stoccata secca che fece ansimare ancora più forte il piccolo che cercò appoggio stringendo uno dei cuscini del divano. "Hey, guardami" lo chiamò il ballerino di hip hop, non ricevendo nessuna risposta dal minore, che ancora ad occhi chiusi, si dimenava confuso e animato dal piacere. Per richiamare la sua attenzione, rallentò verso un ritmo esasperante e gli tirò un ciuffetto di capelli; così il biondo aprì le palpebre regalando per l'ennesima volta al maggiore il panorama più bello che possa esistere. Il piccolo sembrava più sconnesso del solito, ed era tanto dire: il bergamasco lo capì dall'espressione annebbiata che vedeva dipinta sul musetto del pugliese. Era ormai immerso in tutt'altro mondo e non riusciva a concentrarsi su altro, come quando si svegliava dopo un riposino pomeridiano e per riprendere coscienza di sé e di dove si trovasse ci metteva ben 10 minuti buoni e il maggiore doveva preparagli la merenda poiché, tanto era confuso, poteva benissimo sbagliarsi versare un bicchiere di salsa di pomodoro anziché succo all'ACE. Christian, però, aveva bisogno che lo ascoltasse bene, che comprendesse e fosse consapevole di ogni parola che stava per pronunciare e del suo significato, quindi si fermò totalmente nei movimenti: azione che comportò una reazione non tanto accondiscendente del più basso. "Da questo momento in poi non potrai lasciarmi più" gli sussurrò deciso accarezzandogli lo zigomo con le nocche della mano, leggero; ormai l'impeto della frenesia dettata dalla scoperta di quell'attrazione reciproca si era affievolito, lasciando il proprio posto a sensazioni meno impetuose e decise ma non per questo meno potenti e travolgenti. A dir la verità era il momento più importante per il maggiore, quello in cui si esponeva veramente, dove si metteva del tutto a nudo, corpo e anche anima, dove aveva capito il vero peso di quella che non era una semplice attrazione fisica, dove lasciava posto alle insicurezze e ai dubbi, dove si permetteva di sperare, dove aveva smesso di fare sesso e dove aveva iniziato a fare l'amore. Il latinista, però, ancora annebbiato dalla pienezza che gli stava facendo percepire il maggiore, non si rese conto della vera natura di quelle parole; la sua prima reazione, di conseguenza, fu quella di sbuffare infastidito: seriamente aveva interrotto il loro momento per quello? Pensava fosse scontato che non lo avrebbe lasciato. "Chri, dove vuoi che vada senza di te?" domandò retorico e sbrigativo, cercando di muoversi per ricreare quella piacevole sensazione di prima. Christian lo bloccò sotto il suo peso, una gamba tra quelle del più piccolo e l'latra puntata sul suo fianco, una mano a stringere un braccio e l'altra ad accarezzare il petto liscio guardandolo intensamente prima di riportare gli occhi su quelli blu. "Promettimi che staremo sempre insieme": una richiesta disperata uscita come un ordine contro quelle labbra martoriate da baci e denti. Il minore fu colpito in pieno dallo sguardo penetrante del bergamasco e capì il peso delle paure di Stefanelli; non pensava potesse avere certe insicurezze, era impensabile che lui potesse guardare qualcun altro che non fosse il moro. Ma, a quanto pare, anche il maggiore aveva il bisogno di essere rassicurato, anche lui aveva le sue pare e le sue insicurezze ed adesso, con i ruoli invertiti, era il barese che doveva rassicurarlo e aiutarlo a combatterle come Christian aveva sempre fatto con lui. "Te lo prometto" gli si avvicinò cingendogli il collo con le braccia e lo abbracciò, tirandoselo addosso. Lo osservò con quelle distese limpide, che riuscivano sempre a cullare e coccolare il maggiore, cercando di trasmettere tutta la sincerità che gli traboccava nel cuore a quelle parole, alla possibilità di passere tutto il suo tempo con il bergamasco: come avrebbe potuto chiedere di meglio? Non esisteva 'un meglio', non per lui. Gli accarezzò quelle labbra invitanti, delle quali il gusto dolciastro gli aveva già creato dipendenza. Christian sapeva di pistacchio, di crema al pistacchio per la precisione, aveva come un'ossessione per quel prodotto, lo mangiava in tutte le sue forme senza nessun freno o moderazione fino a farvi venire un'intossicazione. Era come un bambino con le caramelle preferite; il problema di fondo qui? La madre che doveva porre fine a questa ingordigia era sostituita da Mattia, quel Mattia che, pur litigando spesso con Chri per l'ordine della loro abitazione condivisa, non riusciva a non sciogliersi davanti alla vista degli occhietti da cucciolo che gli rifilava il maggiore quando voleva qualcosa. E il barese lo sapeva, ne era sicuro: sapeva che questa mania golosa avrebbe sviluppata anche per lui, per le sue labbra, per il suo sapore e onestamente? Se ne compiaceva, tanto, troppo. Probabilmente aveva infranto qualche legge morale dei cristiani, ma non gli importava. Dentro di sé gongolava come un folle nel pensare di essere il nuovo gusto preferito di Christian. Sperava solo che non finisse come con i donuts al pistacchio che mangiava in ogni momento della giornata, ogni qualvolta gli era possibile e che arrivò ad odiarli del tutto, non potendone percepire neanche più l'odore. Questo non poteva permettere che capitasse poiché anche lui si stava addentrando in quella selva di peccati di gola, perdizione e lussuria: non aveva intenzione di fare a meno del corpo caldo sopra di lui. Avrebbe passato ogni secondo a baciarlo e accarezzarlo in ogni suo angolo, avrebbe superato anche i record del lombardo, tanto da imparare ad amare quella crema come faceva lui. Forse anche di più; da quel momento in poi il gusto, l'odore o anche solo la vista del pistacchio gli avrebbe ricordato il compagno e il suo gusto. Lo baciò lentamente, dipingendo con la lingua il contorno della bocca piena, piena di loro, piena di morsi, piena di baci, piena d'amore e, successivamente, i denti dipingendoli dell'affetto più puro e leale che possa esistere. Infine, incontrò la compagna che già conosceva a memoria ma di cui non si sarebbe mai stancata di fare il ripasso, ancora e ancora, ripetere oggi mossa, ogni gesto, ogni tocco all'infinito. Percepì i muscoli del moro iniziare a sciogliersi, ad abbandonare ogni tensione e lasciarsi andare a quel momento, a quei sentimenti senza più fraintendimenti tra loro: tutti e due sapevano quello che volevano e sapevano che il loro desiderio era più che ricambiato. La mente e il cuore più liberi, più leggeri, più tranquilli, grazie a quel connubio instaurato tra loro; chi lo dice che non vanno d'accordo? 'Ascolta la testa, non il cuore' oppure 'Agisci, fatti guidare dai tuoi sentimenti, non stare lì a ragionare'. E se per una volta il cuore e la testa fossero totalmente d'accordo? Se si muovessero in perfetta armonia senza impegno come in quei passi a due che i ballerini provano tanto? E se questa volta fosse il cervello a spingere il cuore a provare? E se, di rimando, il cuore rassicurasse la mende perché è la volta buona? Perché è impossibile vada male? Doveva pur valere qualcosa. Questa convinzione di Stefanelli fu rafforzata dalle dita delicate del biondo che gli provocavano piccoli brividi con il loro passaggio su tutta la sua pelle, mentre continuava a tenerselo stretto. Sì, doveva essere giusto così: lasciarsi andare a quel sentimento che gli infliggeva quelle fitte allo stomaco, forti e violente ma piacevoli, quel sentimento che ormai stava controllando il suo corpo, quel sentimento che aveva allontanato per tanto tempo, quel sentimento che aveva bisogno dell'uragano che era Mattia per tornare a palesarsi, quel sentimento che valeva la pena di essere vissuto se era con il piccolo. Perché sarebbe andato bene, tutto. Percependo l'altro rilassarsi e capire l'entità della sua sicurezza, il minore decise che era il momento giusto per prenderlo in giro: "...solo se vai più veloce". Quel sorrisetto strafottente in grande disaccordo con i tratti dolci del suo viso e della sua anima e con l'immagine che hanno di lui i fan. Il bergamasco lo guardò dall'alto, divertito dal cambiamento che mai avrebbe immaginato di incontrare su Mattia, ma lo accolse di buon grado. Voleva giocare? Avrebbero giocato. Voleva essere sfacciato? Christian lo sarebbe stato di riamando; così tanto da farlo pentire. Si poteva giocare in due a quel gioco. "Mh, cambiamo le carte in tavola" gli confidò con le punte dei nasi che si sfioravano "Dimmi la promessa completa o non faccio proprio nulla" lasciò un morso leggero sulla sua mascella "Mh? Che mi dici?" lo provocò ancora sfiorando con i polpastrelli l'erezione del piccolo, sentendolo tremare sotto di lui per la necessità vitale di continuare, di non porre così fine a quel momento solo loro. "Dico.." si fermò un secondo per sibilare "che sei un fottutussimo stronzo": fu la risposta lapidaria del biondo. L'azzurro dei suoi occhi, che lottava con i nero della sua pupilla per riuscire a farsi intravedere, in quell'istante gli lanciava scariche di disprezzo per il suo lato così competitivo. "Sei stato tu ad iniziare questo gioco" con la lingua gli disegnò una scia umida su una porzione di collo proprio sotto l'orecchio, punto che faceva impazzire il barese, e poi riprese a schernirlo ".. mio caro Zenzola" ghignò bastardo. "Stefanelli" ringhiò a denti stretti il più basso "io qui avrei un piccolo problema: sono estremamente insoddisfatto" indicò verso in basso con gli occhi per poi riportare lo sguardo sul maggiore e alzare le sopracciglia allusivo. "Beh.. il bagno è di là" glielo mostrò con la mano mentre si sfilava da lui "Puoi andare a concludere anche adesso se vuoi" gli dedicò un occhiolino sapendo di avere già la vittoria in pugno. Mattia strinse le mani in due pugni per trattenersi: in generale non era una persona competitiva, ma lo se provavano faceva uscire il lato peggiore di sé. E, purtroppo per lui, il moro sapeva i punti giusti da toccare. Non voleva dargliela vinta però non poteva neanche andarsene e lasciarlo lì con un'erezione tra le gambe: ogni cellula del suo corpo glielo impediva. Perciò prese un lungo respiro e scese ad un compromesso: con gli occhi chiusi e con intolleranza nella voce "Christian, cazzo. Ti prego" sperò che questo gli bastasse. Ovviamente il bergamasco non voleva rendergli la vita facile. Infatti si spalmò nuovamente su di lui e gli tirò i capelli costringendolo ad aprire gli occhi per guardarlo; l'immagine che si parò davanti agli occhi di Mattia era il sorriso beffardo del ballerino di hip hop. "Ohh, amo quando mi implori, ma questo non è il momento delle preghiere. Ti ho chiesto altro." Le ultime parole le pronunciò con un tono più duro, come fosse un ordine -e cazzo se era sexy in quella versione- mentre la sua mano arpionò il cazzo del pugliese e lo strinse forte portandolo a gemere rumorosamente. "Su, sai anche tu di essere allo stremo" gli accarezzò il fianco accaldato e leggermente bagnato, sentendolo tremare sotto di sé "Dillo e basta. Così porremo fine alle tue sofferenze" la mano si spostò fino a raggiungere quelle natiche sode che strizzò prima di andare a stimolare la sua entrata in modo da farlo impazzire ancora di più. Il latinista sospirò pesante e cedette "Prometto che staremo sempre insieme e questo lo sai, brutto stronzo." Sventolò quella stramba bandiera di pace che, però, portò all'effetto desiderato. "Vedi che quando vuoi sai essere un bravo bambino?" continuò a prenderlo in giro mentre afferrava le gambe del compagno e se le poggiò sopra le spalle. In tale posizione entrò in lui, veloce, senza esitazione, dandogli il piacere che tanto aspettava e che per troppo gli aveva privato. Quietate le loro parole, si ricreò quel concerto di ansiti, una sinfonia a due voci -una più roca del maggiore e una molto più acuta del minore, in particolare quando veniva colpito in quel punto sensibile che sprigionava il massimo piacere- intercettata dallo schioccare delle loro carni. Il latinista, dal basso, osservò la figura del maggiore tenerlo stretto e muoversi su di lui: la nuvoletta scura di capelli aveva perso la solita forma riccioluta, lasciando il posto ad una massa disordinata di ciuffi leggermente mossi, attaccati alla fronte e dai quali si lasciavano andare delle goccioline di sudore che andarono a scontrarsi con le labbra del più basso che le raccolse subito con la lingua per gustare quel sapore salato. Osservò gli occhi del bergamasco, scuriti dalla lussuria, che gli fecero credere per la prima volta di avere qualcosa di bello, qualcosa da adorare, che gli fecero credere per la prima volta di essere qualcosa di bello, qualcosa da amare. Christian si abbassò per raggiungere il petto del biondino e iniziò una lenta coreografia su quella superficie che ancora portava i segni del sole di Bari, una coreografia fatta di baci, morsi e leccate. Raggiunse veloce una di quelle macchioline più scure che prese tra i denti e strinse leggermente facendogli inarcare le schiena e scappare un gemito più forte degli altri. Rise per le reazioni e la sensibilità del suo piccolo e, davvero, quella sua risatina da bimbetto era totalmente fuori posto, ma fece comunque impazzire Zenzola, come ogni altra cosa di lui. Il minore era arrivato da già tempo alla conclusione che ogni piccola parte, sfaccettatura di Christian riusciva in qualche modo ad conquistarlo ed affascinarlo; non vi era nulla di lui che non gli facesse questo effetto anche quando lo credeva solo un amico -quindi fino al giorno prima. In particolare quel riso giocoso, quel suono che avrebbe riconosciuto tra milioni, quella melodia preferita tra tante che aveva fatto sua senza neanche accorgersene, così da averlo sempre vicino. Questi erano loro: vivevano così in simbiosi da condividere tutto, persino i piccoli gesti che li contraddistinguevano dagli altri ma, oramai, non più l'uno dall'altro. Era difficile dire se quel movimento, quella peculiarità fosse innata di Christian o di Mattia. Ma rivedere nell'altro quelle particolarità che avevano in comune lo scaldava sempre e, in particolare in quel momento, portava il suo cuore a battere all'impazzata, quasi ad avere paura di avere un problema cardiaco. Per questo decise di mettere in pausa quella piacevole attività del lombardo e lo richiamò a sé tirandolo per i ciuffi bui. Fu un bacio oscillante, instabile, reso difficoltoso nel suo compiersi da quei ansiti di ambedue, troppo forti per essere trattenuti. Tuttavia questa incostanza non impedì allo stomaco del barare di contrarsi in una sublime morsa; la gente parlava di farfalle nello stomaco ma Mattia era convinto di aver in corpo un habitat naturale di mammiferi di grossa taglia, tra cui un gruppo di elefanti che si litigavano il suo organo stringendo sempre più forte. Con un paio di respiri più profondi, riprese il controllo di sé e si riavvicinò alle sue labbra "Mi domando -mh- cosa di-diavolo mi fa-ah-i" ad ogni parola pronunciata lenta sfiorava la bocca dell'altro in modo sensuale facendolo eccitare sempre di più. Christian sorrise borioso spostandosi per andargli a mordere una guancia paffuta "Potrei farti la -cazzo- stessa domanda, tesoro" marcò l'ultima parola prima di lasciargli un bacio leggero sulla punta del naso. Scese nuovamente sui bottoncini ormai turgidi, ne iniziò a leccare uno mentre con la mano destra andò a picchiare l'altro. Sentì quella piccola porzione di pelle più grande e dura del solito e per godere appieno di quella collinetta iniziò a passarci più volte il pollice sopra; all'altro capezzolo riservò un trattamento diverso: finito di stuzzicarlo, gli si avvicinò maggiormente con la bocca per iniziare a succhiare con avidità. Il minore arpionò l'arto libero del compagno e se la portò alle labbra e iniziò a lasciarvi baci sconclusionati sul palmo. Il moro volle mantenere il controllo e così insinuò un paio di dita nella bocca del piccolo, il quale rispose veloce alla richiesta: passò la lingua tra quelle falangi e poi prese a ciucciare immaginando di avere tra le labbra il pene voglioso di Christian. Di tanto in tanto si lasciò andare anche a qualche morso leggero, specialmente quando il gaudio raggiungeva livelli maggiori grazie ai fianchi del bergamasco che continuava a spingere forte, inarrestabile. Entrambi continuarono a imitarsi e a sfidarsi in un susseguirsi di leccate e morsi che facevano da contorno succhiarsi a vicenda, nell'estremo bisogno di appropriarsi il più possibile del sapore dell'altro, insaziabili. "Cazzo, Matti, tu non hai la minima idea di quello che mi stai facendo" lasciò una lunga leccata al centro del suo petto e, dopo un'ultima potente spinta, si sfilò da lui. Ignorando i suoi piagnucolii di disaccordo, si alzò da lui facendo avvertire subito ad ambedue il freddo più gelido e pungente che li avesse mai avvolti; la mancanza del corpo dell'altro li portò a tremare leggermente dai brividi. Ma Stefanelli aveva qualcosa in mente, qualcosa che doveva assolutamente mettere in atto, perciò percorse con lo sguardo quella figura percorsa dai brividi per il gelo, il piacere mancato e i gemiti che ancora lottavano per uscire, e sorrise sornione. Ormai tutti i suoi freni inibitori erano andati a farsi fottere, così come il suo cervello, e in quel momento aveva in mente di lasciarsi andare del tutto, fare quello che aveva sempre voluto ma non vi era stato nessuna che lo aveva portato così al limite da lasciarsi andare del tutto; solo quell'essere ideato dagli dei stessi e dipinto dagli angeli poteva renderlo così e a lui andava più che bene, era perfetto vivere tutto in quel modo con Mattia. L'unico che poteva fargli perdere il controllo. Il suo Mattia. Gli afferrò il braccio e con uno slancio di forza lo tirò su e lo face voltare e piegare sulla spalliera del divano, facendolo mettere ad angolo retto con il sedere ben esposto alle sue attenzioni. Entrò veloce in lui, senza alcuna remora, con violenza, portandolo ad urlare in un misto di piacere e dolore, inarcando la schiena e portando la testa verso l'alto. Il ballerino di hip hop gli lasciò uno schiaffo su una natica prima di avvolgere la vita del barese con un braccio e iniziò a spingere con forza godendo della straordinaria frizione che le pareti del biondo provocavano sulla sua intimità. Lo schiocco delle loro carni attutito dai gemiti che i due ragazzi ormai non provano neanche a trattenere. Il latinista si lasciò completamente andare sulla spalliera, gli occhi bagnati dalle lacrime di piacere, lo stomaco in subbuglio per tutte le emozioni, i muscoli che tremavano alla ricerca del piacere. Chri disegnò con il palmo della mano una linea che partiva dal basso risalendo tutta la spina dorsale fino ai ciuffi d'orati dell'altro che intrecciò tra le sue dita e tirò leggermente. Tirò con veemenza quelle spighe di grano e gli fece girare il volto così che potesse vederne il profilo inerme sotto di lui, che non poteva far altro che subire quegli attacchi dettati dai fianchi del maggiore, veloci e possenti ma così maledettamente piacevoli. Quelle pupille blu puro celate al mondo a causa delle palpebre strizzate, il volto accaldato e arrossato che ormai faceva a pantan con la canottiera rossa di Christian che era finita a giacere su quella spalliera, la dolce bocca spalancata che faceva uscire i versi più sconci ed eccitanti che Stefanelli avesse mai sentito. Mattia Zenzola era il suo porno personale, il migliore che avesse mai avuto occasione di vedere. Si piegò sul più piccolo e fece coincidere il proprio petto con la schiena dell'altro. Allineò il suo viso a quello del pugliese e cominciò a baciargli ogni angolo che aveva a disposizione, beandosi ancora di più di quel suono che gli arrivava così vicino. Quando si poggiò in quella porzione di pelle tra la spalla e l'orecchio, si inebriò talmente tanto di quell'odore nuovo, sconosciuto al resto dell'umanità, quella fragranza che nessun altro potrà mai percepire così: il profumo di loro, del loro amore, di sesso puro. Per mischiarsi tra loro ancora di più, lo strinse più forte a sé aumentò maggiormente la presa intorno alla sua vita e lasciò una scia umida con la lingua lungo tutto quel tratto dal quale fino a qualche attimo ispirava avidamente. Ringhiando prepotente, uscì quasi completamente dall'antro accogliente e confortevole e con impeto rientrò del tutto facendo sentire il minore più pieno che mai; contemporaneamente gli lasciò un morso feroce sotto il lobo che subito si premurò di curare con la lingua. Questo insieme di emozioni che -davvero- il minore mai si sarebbe aspettato di vivere così intensamente e di trarne così tanto piacere, lo portò a gemere senza ritegno e a tremare così violentemente da perdere l'uso delle gambe che avrebbero senz'altro ceduto se non vi fosse stato Christian a tenerlo saldo. Il sorriso del moro si allargò ancora di più nel ricevere in risposta una reazione migliore di quanto si aspettasse; si spostò leggermente più su per donare i suoi prossimi morsi al lobo "Mhh" mugugnò sensuale "ti piace in modo rude?" sussurrò con voce roca e perversa, così tanto che Mattia pensò che solo per questa sarebbe finito dritto dritto tra le fiamme dell'inferno e che il sentire a ripetizione infinita quel tono senza concludere nulla sarebbe stato il suo tormento eterno. Si aggrappò di nuovo ai capelli di Mattia e tirò aggressivo un insieme di ciocche, azione che fece aumentare gli ansimi del piccolo. "Ohh sii" gemette estasiato il lombardo "ti piace sentirlo dentro con violenza" ampliò la forza delle spinte "ti piace essere maltrattato mentre godi.." gli diede un altro schiaffo sulla natica facendolo urlare ".. mentre urli come una puttana" gli morse vorace la spalla. Il latinista ricominciò a piagnucolare e miagolare, pregando per ricevere sempre di più. Stefanelli ridacchiò sornione e gemette nel suo orecchio "Dio, Matti.. sei il sogno erotico del me adolescente e del me adulto". Tornò a succhiare il lobo dell'orecchio del minore mente continuava a spingersi in lui intercettando le spinte veloci, che facevano impazzire entrambi, con qualcuna più lenta, così da infastidire il compagno e non farlo ancora venire. Voleva che quel momento solo loro, quello sprazzo di paradiso infernale, durasse ancora. In verità voleva che non finisse mai, che potessero restare così per l'eternità. A quanto pareva, però, il suo amante non la pensava allo stesso modo: infatti Mattia mollò la presa salda di una delle due mani, le quali stringevano la spalliera del divano talmente forte da sbiancare le nocche, e la diresse in fretta verso la propria erezione. Iniziò a pompare leggero cercando di trovare un po' di soddisfazione, fin quando non venne bloccato dalla mano del maggiore che si serrò rigida sul suo polso "Ti ho per caso detto che potevi toccarti? Mh?" Con un movimento brusco allontanò, così, la mano di Zenzola e andò lui stesso a stringere l'erezione svettante che si sfiorava, alta, con lo stomaco del biondo. Christian serrò la presa, forte, cercando di punire il compagno "Devi fare il bravo bambino e fare come dico io" soffiò di nuovo a contatto con il suo orecchio "Se continui così mi costringerai a punirti", un'altra pesante spinta fu accompagnata da una stretta possente al membro dell'altro "... ma forse è questo quello che vuoi, mh?" ringhiò avendo sentito i gemiti genuini che lasciavano lo stomaco dell'altro. "Giusto?" chiese stringendo più forte l'asta. "Chri- co-così non aiuti la tu-tua causa" biascicò quindi il barese sentendo l'orgasmo che lottava disperatamente per uscire. "Questo perché sei un piccolo diavolo pervertito travestito da angelo, vero?" affermò mollando la presa sul pene di Mattia e passando un paio di dita sulla punta per raccogliere una piccola quantità di liquido preseminale. Avvicinò quelle falangi ormai sporche e appiccicosicce alla bocca del minore per far sì che si assaggiasse da solo, che percepisse quel sapore dolciastro che produceva per le sue attenzioni. "Guarda e senti come sei già bagnato per me, se te lo permettessi verresti nuovamente anche adesso, non è così?" domandò retorico inserendo le dita tra le labbra del latinista, il quale subito prese a ciucciare assecondando le richieste, anzi no gli ordini del maggiore. "Perché ti piacciono le scopate perverse, vero?" in risposta ricevette solo una piccola serie di morsi su quelle dite che ancora violavano la sua tenera bocca. "Mattia, cazzo, mi devi rispondere" decretò sfilando veloce le falangi e tirandogli i capelli per poi appiattirlo con violenza contro la spalliera "Allora?" chiese più risoluto in attesa "sto aspettando" alzò la voce ormai leggermente irritato, continuando a spingere con i fianchi immettendo in quelle stoccate tutto il suo vigore. "Mhh- AH. S-sì Chri-Christian" mollò in fretta la lotta il piccolo, non possedendo più le forze per far altro se non gemere spudorato. Il maggiore, con gli occhi spiritati dal più grande piacere della sua vita, ghignò come il peggiore dei demoni nel trovare la sua prossima vittima "Perfetto, allora ti accontento." stabilì fermandosi di colpo e allungandosi per raggiungere la canottiera rossa che indossava quella mattina. Agguantò i polsi di Mattia e gli unì le mani dietro la schiena tenendole con una mano, con l'altra fece inserire gli arti tra le fessure dell'indumento che poi arrotolò più volte sui polsi di Zenzola in modo da tenere le braccia ben legate tra loro. Così che non potesse muoversi. Così che non avesse modo di far quello che gli passava per la testa. Così che dovesse pregare lui per qualsiasi cosa. Per essere toccato. Per avere un po' di sollievo sul suo membro pulsante. Per poter cavalcare quella goduria che agognava tanto. Facendo finta di non sentire gli ennesimi lamenti del più basso, perdurò la sua stasi ancora e ancora. Si dedicò, invece, a donare carezze a tutto il corpo: partì dalla mani legate e iniziò a dipingere la schiena facendo lentamente su e giù, fin quanto, ormai sazio di quella porzione di superficie, non si soffermò sul coccige sfiorandolo con i polpastrelli. Si diresse verso quel sedere bellissimo e tondo, ne percepì tutta la sostanza soda e grande, tanto grande. Seriamente, ogni volta che si ritrovava a fissarlo -cosa che succedeva più spesso di quanto avrebbe mai voluto confidare anche a sé stesso- gli sembrava più grosso e rotondo. Come faceva? Era un mistero che solo Mattia Zenzola a madre natura conoscevano e lo conservavano gelosamente. Lo tastò e massaggiò a lungo facendo esasperare il piccolo che aspettava si muovesse, che facesse qualcosa, qualsiasi cosa. Era rimasta bloccato in quel purgatorio, tra piacere e insoddisfazione, a combattere contro tutto: contro la stronzaggine di Christian, contro la sua lentezza, contro sé stesso, contro la sua volontà perché avrebbe voluto davvero far qualcosa di concreto per uscire da quella stasi, ma allo stesso tempo amava alla follia quelle delicate attenzioni di Christian e non riusciva a chiedergli di smetterla. In più sapeva che se fosse stato lui a prendere in mano la situazione, avrebbe solo peggiorato il tutto poiché il moro gliela avrebbe fatta pagare amaramente. Non gli restò altro da fare che richiamare alla mente le lezioni sul purgatorio che aveva dovuto subire in quarta superiore, anni addietro. Il purgatorio era quel momento di stasi, non inferno e non paradiso, dove le anime vagavano aspettando che arrivasse l'ora finale. Quel momento, con la fine di tutto, che avrebbe portato alla distruzione di quel luogo di passaggio, quel momento in cui quegli esseri erranti sarebbero finalmente riusciti a giungere in paradiso, verso la beatitudine eterna. Un piccolo angolo della sua mente gli ricordò che per far sì che avvenisse questo, quei respiri senza corpo dovevano fare affidamento sulle preghiere dei loro cari sulla terra e sulle loro stesse preghiere. E così, seguendo l'esempio infusogli da Dante, iniziò ad implorare lieve, così piano che inizialmente il maggiore neanche lo sentì tra i lamenti che avevano la predominanza nella sua bocca. Continuando a subire le amorevoli carezze lasciate dalle mani dell'altro -che adesso si trovavano sulle sue spalle- pregò con più coraggio mentre delle lacrime di andavano ad unire alle goccioline di sudore che gli imperlavano le guance. Finalmente, le orecchie del bergamasco captarono la supplica del biondo "Cosa fai? Mi preghi?" lo interrogò strafottente ricevendo in risposta versetti di assenso "Per cosa stai pregando, eh? Dimmi cosa vuoi" un sorriso scaltro ad adornargli il viso da stronzo che aveva indosso in quel momento. Purtroppo per entrambi però, il minore non aveva più le facoltà mentali per poter esprimere un desiderio, neanche per poter articolare una mezza frase di senso compiuto: le uniche parole che gli ronzavano per la testa erano "ti prego" e "Christian". Dubitava altamente di riuscire a farsi comprendere con quel vocabolario limitato che il cazzo di Stefanelli gli aveva donato come rimasuglio. In più, cosa avrebbe voluto? Oh, erano davvero troppe le risposte a questa domanda per elencarle tutte o anche solo per scegliere. La parte peggiore? Non gli importava neanche di poterlo fare. Avrebbe accettato con goduria tutto quello che il ballerino di hip hop avrebbe voluto fargli. "Non rispondi?" riprese di rimando il ragazzo dagli occhi verdi "Oh ti ho ridotto così male da non riuscire neanche più a parlare?" si compiacque nel sentire, ancora una volta, versi disarticolati da parte del compagno "Io e il mio cazzo ti facciamo effetto fino a questo punto?" il minore annuì in un gesto meccanico, senza neanche accorgersene. "Bene." gli soffiò rude all'orecchio complimentandosi con sé stesso. "Vediamo.." finse di pensarci su per aumentare l'ansia del ragazzino davanti a lui "Ti piace essere venerato dolcemente dalle mie mani?" per sottolineare il quesito gli accarezzò con un arto il fianco e con l'altro la guancia scoperta, portandosi via, al suo passaggio, quel mix di liquidi che vi giaceva sopra. Non appena ottenne un cenno positivo, pose il secondo quesito "Ma vuoi che ti scopi duramente in ogni angolo di casa nostra?" un altro sì nacque dal movimento della testa del pugliese. "Ah ah ah" lo schernì come una sorta di rimprovero colui che aveva il controllo su tutto in quel momento ".. sei insaziabile, mio caro Matti" e, come si aspettava, dal secondo uscirono solo preghiere sconnesse, senza una vera e propria richiesta. "Piccolo, però devi trattenerti ancora" lo mise al corrente e questa volta venne accolto da qualche novità: due nuove sillabe "S-sì ma-ma ti prego, Chri". Dedusse che al momento non poteva aspettarsi di più e quindi se lo fece bastare "Fammi vedere." gli ordinò determinato il moro. Mattia parve non capire, infatti tra i lamenti inserì qualche verso interrogativo. "Fammi vedere e fammi sentire come mi vuoi, Matti. Muoviti." completò il tutto con uno schiaffo sulla natica destra. Zenzola iniziò a muovere i fianchi avanti e dietro, ripetutamente, dapprima lento e scostante dato che non aveva un appiglio saldo a causa dell'impossibilità di usare le mani ancora legate. "Ecco, bravo bimbo" lo elogiò il più alto sorridendo e passandogli una mano tra le ciocche appiattite e leggermente più scure. Il maggiore alzò una gamba e piantò il piede sul cuscino del divano così da avvicinarsi con il busto e agevolare i movimenti dell'amante. Man mano il biondo riuscì a trovare più stabilità e coraggio e rese i suoi movimenti più veloci, sicuri e profondi facendo uscire l'organo dell'altro per poi andargli completamente incontro. "S-sì, cazzo Mattia, sei così me-meraviglioso" si morse a sangue il labbro cercando di richiamare a sé il proprio autocontrollo. Okay, sapeva che fosse stata una sua idea, sapeva come si fosse condannato al patibolo da solo, ma quel ragazzino con sei semplici movimenti e ansiti lo stava portando dritto al manicomio. Seriamente, prima di quella sera si sarebbe ritrovato in una qualche struttura sanitaria, ne era sicuro. "Ah, come-come ti muovi bene sul mio cazzo" gemette andando con una mano ad afferrare i polsi stretti in una morsa e con l'altra i capelli che ricadevano appena lunghi sul retro del collo. Tutti quei complimenti regalarono al latinista nuova audacia e così stoppò il moto lineare e monotono avanti-indietro e lo sostituì con uno rotatorio lento, prima ruotò i fianchi in senso orario e in un secondo momento nel senso opposto. Il lombardo buttò la testa all'indietro gemendo all'inverosimile per questo cambiamento di moto. "CAZZO. Ma-ma Mattia Zenzola sei reale?" combatté contro il suo stesso istinto che gli urlava di riprendere a spingere più di prima, ma lasciò che fosse il piccolo a dettare il ritmo e a decidere come intercettare tra loro di due movimenti. Il piccolo aumentò sempre di più la velocità portando entrambi a gemere, urlare e lasciarsi andare senza mezzi termini "Ca-cazzo Matti, sei sicuro di non-non essere ah-andato con altri uomini in-in mh- in passato?" gli lasciò un pizzicotto sul suo culo mozzafiato che incassava tutto come nulla fosse. "Lo-lo prendi talmente tanto bene, piccolo" un'altra botta si infranse su quella pelle a quel punto arrossata delle natiche del minore. "È impossibile sia la tua prima volta" "Non-non ce la faccio -ah, Dio- non ce la faccio più, Chri" lo pregò Mattia che sentì i muscoli riprendere a tremare come non mai. "Trattieniti ancora, piccolo. Fallo per me" ricominciò ad accarezzare la pelle dell'amante, dal fianco alla spalla in un sali e scendi inarrestabile "Per noi, per il nostro amore. Non vedi come è magnifico stare così? Non AH-AH" venne interrotto da una scarica più forte delle altre. Quelle correnti elettriche generate nel basso ventre grazie al movimento del latinista che non accennava a diminuire "Non-non venire ancora. Chiaro?" chiese conferma duro mentre gli attanagliava i fianchi con le mani. "Ma-ma, ah cazzo, è la nostra prima volta- uh- abbiamo tutto il tempo per stare insieme.. Adesso, DIO, ti prego.." "Proprio perché è la nostra prima volta deve essere la più intensa" gli cinse la vita con un braccio fermando i suoi movimenti in colpo e spingendosi dentro di lui con un singola botta. Rimase fermo per poi riprendere il discorso "Perché voglio vivere tutto più intensamente.. mettere in atto tutto ciò che ho sempre desiderato farti ma che non avevo mai realizzato fino ad adesso.." un'altra spinta per sottolineare la veridicità di quelle parole "voglio provare tutti i miei sogni erotici più indicibili." un'altra botta, accompagnata da uno schiaffo "Con te." con un nuovo movimento andò a toccare un punto particolare che fece urlare dal piacere il piccolo "L'essere più meraviglioso che mi sia capitato sotto mano" sussurrò suadente in un suo orecchio prima di mordergli una guancia. Tornò sul collo profumato come uno dei fuori più belli del mondo e leccò avaro una piccola parte "Tranquillo, ho ancora tantissime idee da provare per le prossime volte" gli diete un altro morso goloso ma questa volta sul collo "Sai? Farlo in doccia non sembra per nulla male" gli cinse i fianchi con le mani per replicare il movimento che aveva proposto prima il minore "con quel calore e quel vapore per nulla paragonabili a quelli che creiamo noi". Ormai non si spingeva più, riempiva il biondo di piccoli gesti che lo facevano impazzire, ma non andava al sodo. Voleva che Mattia ascoltasse la sua spiegazione, che si concentrasse solo sul suono della sua voce, ormai più bassa, roca e sensuale. Le sue mani avevano memorizzato quei punti e quelle mosse che eccitavano Zenzola e si dedicava a quelli. "O legarti del tutto così non potrai sottrarti a niente, a neanche la minima tortura che voglio" gli lasciò l'impronta dei suoi denti anche sulla spalla "oppure vederti su di me e farmi cavalcare" gli tirò i capelli mentre tornò a leccare quel punto sotto l'orecchio che lo faceva fremere all'istante "con questi fianchi saresti un vero spettacolo nel cavalcarmi" e per dar credito alle proprie parole gli prese i fianchi e lo costrinse ad andare avanti e poi indietro, in un'unica lenta e straordinaria spinta. "Ma adesso.." abbandonò il tono malizioso che faceva da protagonista fino a quel momento per uno più duro "la nostra prima volta, voglio viverla al massimo. Voglio renderla indimenticabile. Voglio strapparti il lume della ragione a tal punto da farti dimenticare ogni cosa, pensino il tuo nome" questa predica venne conclusa da un moto fluido e rapido del grande che spinse, con una ritrovata forza, nell'entrata stretta del barese. "Voglio farti urlare" altra spinta "e godere" un'altra stoccata "e gemere" un nuovo movimento "come non mai" con una mano gli sfiorò lo stomaco e con la compagna gli andò ad arpionare il collo. "Dimmi, tesoro.." strinse leggermente la presa sul collo di Mattia e tramite quella presa gli fece forza per farlo alzare, in posizione eretta, con la schiena attaccata al petto del moro. Il più alto si abbassò verso il suo orecchio e gli domandò a bassissima voce "Qualcuno ti ha mai fatto godere così?" gli morsicchiò la parte superiore dell'orecchio in attesa di una risposta, mentre con la mano continuava a tenere la presa salda limitando -ma non troppo- l'aria che entrava nei polmoni del minore quando egli compiva lunghi respiri "N-no, no Chri. Ah, so-solo con te". Mattia sentì girare il viso in modo che si trovasse quasi faccia a faccia con l'altro e, in un istante, percepì le calde labbra del compagno sulle sue. Christian con brama, tirò prima il labbro inferiore del piccolo con i denti poi vi passò la lingua sopra, su tutto il contorno, fino a picchiettare per chiedere l'accesso alla bocca dell'altro per farle incontrare la sua anima gemella. Il biondo lo accontentò senza pensarci due volte e lo loro lingue iniziano subito a far l'amore, anche loro, come i padroni, non soddisfatte di quelle poche effusioni avvenute prima. Avevano tutti bisogno di qualcosa di più. Strano a dirsi, ma si mancavano; effettivamente erano passati minuti interi senza quel contatto e ormai erano entrambi consapevoli di non poterne fare a meno per molto. "Bravo, cucciolo. Adesso resisti ancora un po'. Ti prometto che tra poco avrai l'orgasmo migliore della tua vira." lo informò sfiorandogli le labbra con le proprie e ricominciando a colpire con un ritmo costante. "Almeno per adesso" aggiunse spavaldo alludendo già a tutte le volte future che avranno insieme che, il moro ne era sicuro, sarebbero state tante, troppe per essere quantificate. Con la mano, grazie alla quale lo aveva fatto girare, scese verso il basso, fino ai suoi pettorali e se lo strinse ancora di più addosso. Averlo così vicino, come non mai, senza nessuno spiraglio d'aria che potesse passare tra i loro corpi, neanche con tutta la forza del mondo. Stare così appiccicati era una sensazione nuova per i ragazzi, una sensazione che provocò in loro una serie di brividi che li scosse e creò sulla superficie delle loro figure la famosa pelle d'oca. Con le mani iniziò a raccogliere tutte le goccioline di sudore che avvertiva sul petto e sulla pancia, entrato oramai in uno stato di trans possessiva altamente tossica. In quel momento, in cui aveva finalmente Mattia lì, con sé, in quella maniera, non riusciva più a ragionare lucidamente su determinati argomenti. Sentiva il piccolo così vicino, così suo da sviluppare una gelosia morbosa: non avrebbe permesso a niente e nessuno di portarglielo via, di guardarlo o anche solo di sfiorarlo. Probabilmente, a pensarci a mente rischiarata, avrebbe capito della sciocchezza che gli passava per la testa e si sarebbe anche dato dello scemo, ma in quel frangente Christian non poteva fare a meno di essere geloso anche di quelle goccioline salate che accarezzavano tutto i corpo del barese fino a scontrarsi con il pavimento. Era più forte di lui, quell'istinto animale di desidera tutto di lui, ogni sua minima parte. Lasciandosi trasportare da questa forza innata, andò a raccogliere le altre goccioline che gravitavano sulla schiena del piccolo con la lingua, godendosi il suo nuovo sapore preferito esplodergli in bocca e far danzare le sue papille gustative come nel bel mezzo di un rave. Un rave diverso dagli altri: solo per loro, dove la musica erano i gemiti dei due ragazzi e il loro richiamarsi e cercarsi in continuazione e il rumore creato dallo scontrarsi delle loro pelli, ormai reso molto forte dalla durezza con cui il maggiore lo penetrava. La sicurezza di queste spinte era dettata dall'aver capito che il barese non percepiva più dolore, del tutto assopito dalla lussuria del momento. L'indomani il piccolo avrebbe sicuramente riscontrato fastidio, ma nessuno dei due sembrava curarsene quel giorno. L'essenza generata dal corpo del latinista, invece, fungeva da droga per le papille del più grande che se ne beavano felici ed una prova era la salivazione aumentata. Tutto di quel ragazzino lo faceva impazzire e in un solo pomeriggio ne era diventato dipendete, ma non si preoccupava troppo perché sapeva che quello era il migliore degli stupefacenti in circolazione per una semplice ragione: gli avrebbe fatto solo bene. Continuò a raccogliere il suo sapore in tutti i modi che aveva a disposizione, maledicendo i punti in cui non riusciva ad arrivare a causa della posizione, ma non aveva intenzione di allontanarsi di una solo millimetro. Una volta che si sentì soddisfatto del proprio lavoro nella parte anteriore del più basso, decise che poteva continuare con una sola mano e con quella che si trovava sullo stomaco scese lentamente. Accarezzò più volte quella v marcata che lo faceva impazzire: pensava che quello che uno dei punti più erotici di un ragazzo, specialmente quando Mattia indossava un costume o solo le mutande. Quel percorso segnato che portava direttamente alla sua intimità e gli permetteva di immaginare di leccarlo e seguirlo fino ad arrivare più giù. Quella parte lo stuzzicava da impazzire. Percorse quel tratto fino a trovarsi nella zona appena sopra del pube, passò la mano su quella leggera peluria che gli aveva sempre dato fastidio ma che su Mattia amava poiché non vi era nessuna piccola parte di lui che poteva non piacergli. Riprese la sua discesa e passò lentamente sull'asta del biondo che ringhiò di rimando per quel tocco quasi inesistente, chiedendo di più. Ovviamente non venne ascoltato e il maggiore si diresse verso i suoi testicoli che inizio a massaggiare distrattamente, andando a stringere prima l'uno e poi l'altro. Questo gioco perverso portò il piccolo a tremare ancora di più e a miagolare per le emozioni mai provate prima. "Non so ci saranno altre volte" il moro si irrigidì un attimo bloccando i movimenti e facendosi prendere dal panico. Per lui non era solo sesso, non poteva più stare senza Mattia, senza le sue carezze, i suoi baci. Sapeva che fosse passato oggettivamente poco ma era già invischiato fino al collo in quell'incantesimo che gli era stato lanciato dagli occhi azzurri di Mattia, dai suoi riccioli color grano, dal suo sorriso solare, dai suoi fianchi stretti, dalla sua pelle liscia e abbronzata, dal tocco delle sue mani e dal sapore delle sue labbra. Non sarebbe stato in grado di far finta di nulla, di tornare come prima; costringersi a comportarsi da migliore amico, da frate, o, peggio ancora, allontanarsi. Non erano opzioni umanamente possibili per lui. Stava per sperimentare un attacco di panico fin quando non fu riportato alla realtà dalla voce della sua nuova ossessione "Non se continui così: mi ammazzerai oggi stesso". Tutta l'ansia di Christian scemò in un secondo e il ragazzo dagli occhi cangianti sbuffò una risata "Non permetterei mai che accada. Come farei senza di te, amore?" Quelle parole fecero tremare ancora di più sia il cuore sia le gambe del latinista tanto che il secondo dovette mantenerlo più saldo per evitare che cadesse, spostando gli arti intorno al suo busto. "Te l'ho già detto: io sono tuo e tu sei mio." riprese serio continuando a spingere. Passò le braccia intorno a quelle immobilizzate del minore, incatenandosi con lui "E non ho intenzione di rinunciare a questo tanto facilmente". Quelle parole, pronunciate con voce roca e lenta, dettero vita ad una scarica elettrica che attraversò le spine dorsali di entrambi i ballerini. "Cazzo Chri- ah, mi-mi farai impazzire" si lasciò scappare il biondo che approfittando della nuova posizione, iniziò a dettare il ritmo con i propri fianchi. Stefanelli poggiò la fronte sulla spalla del più basso e lo lasciò fare per un po', gemendo estasiato. Quando decretò che il piccolo aveva avuto abbastanza libertà, ritornò con le braccia nella collocazione di prima limitando i movimenti di Mattia. Gli morse forte la spalla poco prima di scostarsi da quell'angolo e sussurrargli "È proprio questo quello che voglio." gli donò un altro morso, più forte dei precedenti, nella zona che congiunge spalla e collo. Il latinista sentì i canini inusualmente appuntiti spingere sulla sua carne, generando in lui un brivido di dolore ed eccitazione strano. Non avrebbe mai pensato che atti del genere potessero portarlo ad un tale stato di goduria. Probabilmente vi era qualcosa di sbagliato in lui, una malattia perversa mai scoperta fino ad allora; oppure era solamente la presenza di Christian che gli fotteva la sanità mentale fino a quel punto. E la sua mente non lo aiutava per nulla. Anzi essa gli faceva brutti scherzi portandolo a richiamare nei suoi ricordi quelle storie di lupi mannari che tanto lo affascinavano: gli alpha e gli omega che cercano da sempre la propria anima gemella, quella persona con cui sanno di voler passare la propria vita, solo lei e nessun altra. E non appena la trovavano si legavano per l'eternità attraverso un forte morso che dal quel momento in poi comunicava al resto del mondo "questo lupo ha terminato la sua ricerca: ha trovato il suo tutto e non guarderà mai nessun altro". E per quanto potesse sembrare stupido o da ragazzina, doveva ammettere che l'idea di essere questo per il maggiore gli piaceva molto, anzi non desiderava altro. Perché, per lui, Christian era un po' come il suo alpha: sempre pronto a difenderlo contro chiunque, mettendosi anche nei peggio guai e lo aveva dimostrato fin da subito. Con lui si sentiva al sicuro, nulla poteva toccarlo, nessuno poteva ferirlo; per ogni parole di un hater, il moro rispondeva con altre mille di amore e sostegno; per ogni gesto negativo, per ogni tradimento di qualcuno che considerava amico, il ballerino di hip hop rispondeva con carezze e affetto, uscite e sorrisi. Quasi come se gli avesse letto il pensiero il moro si staccò e, solo dopo aver lasciato un bacio sulla parte lesa, affermò "Solo mio.", non fermando i movimenti del bacino. Il biondo si morse il labbro e si avvicinò ancora di più al ragazzo dietro di sé. Ruotò leggermente il busto e, ignorando il fastidio della posizione scomoda, accostò il voltò a quello del moro e vi dedicò una serie di baci umidi per tutta la mandibola, la guancia e il collo. Quei tocchi di labbra intercettati dai gemiti che sfuggivano dal controllo del minore, in risposta a quelli del bergamasco che si beava più di quelle dolci attenzioni che della strettezza di Mattia che lo abbracciava del tutto. Il ragazzo che nascondeva il mare nei suoi occhi leccò il lobo del moro e, riprendendo il suo discorso, gli rispose "E tu solo mio" e gli morse leggermente lo zigomo. Mentre il latinista proseguiva la propria dolce attività, il secondo spostò una mano, la destra, da un fianco all'intimità del compagno e passò lento il pollice sulla cappella con un movimento rotatorio e poi si concentrò a tracciare con i polpastrelli ogni nervatura che avvertiva sotto il proprio tocco. Il piccolo miagolò quasi immediatamente, andando a posizionare la fronte nell'incavo del suo collo "Se continui così, verrò sul tuo amato divano imbrattandolo tutto" lo prese in giro, ghignando scosso dai gemiti. Fece ridere anche l'amante "Sei incredibile" si fermò un attimo per leccarsi le labbra e sfiorando ancora tutta la sua lunghezza "ma se la metti così.." lasciò la frase in sospeso e lo voltò di scatto prendendolo in braccio. Con non poche difficoltà, cercando di mantenerlo in equilibrio da solo dato che il minore non poteva aggrapparsi a lui, si avviò verso il tavolo posto lì vicino. Una volta raggiunto, vi pose con una delicatezza quasi inesistente il corpo dell'altro. "Preferisci così?2 gli accarezzò una guancia arrossata, scostando anche un ciuffo di capelli biondi che si era depositato lì. "Essere scopato sul tavolo da pranzo?" gli domandò con l'intento di metterlo in imbarazzo ma il suo piccolo lo stupì ancora una volta "Non mi sembra che tu mi stia scopando" rispose infatti il biondo con un sorriso spavaldo che, purtroppo per lui, il maggiore aveva avuto poche occasioni di vedere. Per sottolineare al meglio le proprie parole, Zenzola allargò le gambe poggiando un piede su una sedia e il secondo su un'altra seggiola. Il ragazzo in piedi fece nascere sul suo volto un ghigno che era il riflesso di quello dell'altro "Oh, amo quando fai uscire questo tuo lato" lo prese per il retro delle ginocchia per avvicinarselo "Dovresti farlo uscire più spesso" ed entrò con forza il lui, partendo fin da subito a spingere con cadenza veloce e regolare. Gli accarezzò le cosce e lo guardò intensamente negli occhi prima di baciarlo con passione. Durante quel bacio vorace arpionò meglio le gambe del piccolo e le allargò ancora di più, fin quanto il ballerino di latino poteva sopportare e, per la gioia di Christian, era molto. "Adesso capisco.. quel modo strano e scomodo di sedere non ti serve per essere più flessibile per la danza, ma per aprirti al massimo per me.." gli accarezzò il collo con la punta del naso "e guarda come sei maledettamente bravo." Il pugliese ruotò il volto e lasciò un bacio tra i capelli ricci del moro; gesto tenero nettamente in contrasto con le parole soffiategli addosso "Sei troppo sicuro di te, Stefanelli". Il maggiore si alzò e puntò i suoi occhi verdi in quelli azzurri dell'altro "Mi dai tu i pretesti per esserlo" e con quella faccia da schiaffi che si ritrovava si piegò verso il petto liscio e allenato del biondo e si concentrò immediatamente su un punto ben preciso che si impegnò a leccare, mordere e succhiare con avidità, intercettando tra di loro quelle e tre azioni. Mattia si morse il labbro inferiore trattenendo a stento qualche gemito, mentre il maggiore realizzava quel segno violaceo sul suo pettorale sinistro, proprio sopra al cuore: un segno di possesso ma anche una tacita promessa, sancita dagli sguardi languidi che si scambiarono. Sempre l'uno nel cuore dell'altro: da sempre e per sempre. Però restava il fatto che il minore si trovava con un succhiotto ben evidente e, per quanto gli facesse piacere avere il marchio di Christian addosso, non andava affatto bene. Si mosse sul tavolo leggermente infastidito, con anche le braccia che gli urlavano pietà: averle immobili per un tempo così prolungato cominciava ad esordire i suoi effetti e le sentiva rigide in cerca di un movimento qualsiasi che però era limitato e lontano nel tempo. "Cazzo, Chri! Ti devo ricordare che spesso ballo senza maglia? Lo noteranno tutti!" si lamentò il latinista pensando già ai commenti e le battutine che avrebbe ricevuto nei giorni a venire. Il lombardo soffiò sopra il nuovo segno che padroneggiava sul petto del compagno "Così impari a non camminare come uno spogliarellista per tutto il giorno". Creò una scia umida di baci che risaliva fino alla spalla; in quel frangente le spinte erano più calme, più lente per poter viversi il momento e riprendere fiato prima di riprendere con più slancio. Entrambi i ragazzi desideravano di più ma sapevano che di lì a poco lo avrebbero ottenuto e, in più, erano pur sempre loro: la dolcezza e quei battibecchi erano all'ordine del giorno, perciò non potevano proprio rinunciarvi. "Vorresti dirmi che è un atto di gelosia?" lo schernì il piccolo che aveva del tutto abbandonato la dolcezza, l'ingenuità e la purezza con lo contraddistingueva dal resto del mondo. In risposta ricevette un morso sul mento e "Vedilo più come un promemoria", queste parole lo lasciarono alquanto confuso. Assunse un'espressione interrogativa, con un sopracciglio alzato, e così il più grande ghignando gli spiegò "Tu non ti rendi conto della bellezza genuina che possiedi" gli lasciò un leggero bacio sulla punta del naso, poi sulla guancia sinistra, sulla destra e infine sulla fronte "Sfiderei chiunque a non innamorarsi di te." accostò le loro bocche così da sfiorare le labbra del compagno mentre concludeva "Così sanno di non avere alcuna possibilità alcuna" e finalmente fece congiungere le loro labbra. Continuarono a baciarsi fin quando il maggiore, cambiando angolazione, non andrò a colpire la prostata del biondo che urlò dal piacere e gli chiese di continuare in quel luogo. Era inutile ammetterlo, ormai erano entrambi allo stremo; mai, nessuno dei due, aveva sperimentato del sesso tanto travolgente ed appagante ed era impossibile sopportare oltre. Christian lo girò di scatto, posizionandolo ad angolo retto con il busto che gravava sul tavolo, sul quale fino a qualche secondo prima era seduto. Diete dei colpi secchi alla cieca, toccando vari punti dell'angolo più nascosto del piccolo, per trovare quella zona che lo aveva fatto impazzire così tanto poco prima. "Ch-Chri, cazzo, do-dove sei st- AH SÌ, SÌ CAZZO" a giudicare dalle reazioni del piccolo, capì di essere riuscito nel suo intento e così, senza farlo soffrire ulteriormente, diede delle stoccate possenti in quello spazio e portò la mano intorno al pene dell'altro. Iniziò a pomparla al ritmo delle spinte, aiutandosi nei movimenti con il liquido stesso di Mattia. Il biondo era nell'estasi più totale e si abbandonò del tutto sulla superficie in legno scuro, gemendo sempre più forte ad ogni spinta ricevuta "No-non resisterò an-ancora per molto" ansimò con difficoltà. "Neanche i-io, tesoro, mh" concordò il più alto. "Guarda co-come siamo rido-otti" afferrò con una presa salda i capelli del pugliese e lo costrinse ad alzare la testa e a voltarla verso sinistra, in direzione dello specchio appeso accanto alla porta d'ingresso. Il minore, però, continuò a tenere gli occhi chiusi, strizzati, a causa della grande goduria che gli circolava in corpo; "Ti ho detto 'guarda'." lo riprese il moro in modo rude, tirando ancora i ciuffi che gli correvano tra le dita. Mattia lottò contro la pesantezza delle sue palpebre e lentamente riuscì a schiudere gli occhi, puntandoli sull'area riflettente; "Guarda come siamo belli" sussurrò il maggiore tra una spinta e l'altra. Le iridi blu si soffermarono su quella scena: il piccolo osservò sé stesso, sdraiato sul ripiano, ansimante, con le braccia legate dietro la schiena e lì, sui polsi spiccava il rosso della canottiera del bergamasco, lo stesso che stava dietro di lui a spingere con furia e la grande mano a circondare la sua erezione. Mattia dovette ammettere che vedere quella scena lo eccitò ancora di più, cosa che considerava impossibile. Sarebbe mai arrivato un limite in quella scala di lussuria? Probabilmente la risposta era no, non con il lombardo almeno. Ogni secondo coglieva nuovi particolari o gli si presentavano nuove azione che lo portavano arraparsi una tacca in più rispetto a prima. Osservò anche Christian che si abbassava su lui il tempo necessario per lodarlo "Guarda come sei meraviglioso, ansimante per me" si rialzò e gli passò un mano sulla schiena, accarezzandolo. Il secondo arto proseguì a massaggiare il suo membro aumentando la cadenza dei movimenti. "E guarda come mi fai diventare, come mi fai perdere la testa" ed effettivamente il modo in cui il ballerino di hip hop aveva smarrito il controllo era già nella lista delle suo cose preferite, rafforzata dal consapevolezza che quella perdita della ragione tanto vorace fosse merito suo. Il bergamasco era davvero bello, sempre, ma la mancata compostezza, i capelli umidi e appiattivi, le gote rosse, le labbra gonfie e gli occhi spiritati; tutti questi elementi gli donavano uno splendore del tutto nuovo. Magnificenza paragonabile solo al vedere Christian nel ballo, nel suo elemento, nel fare ciò che ama e per cui vive. Il pensiero, forse dettato da una sorta di arroganza che non sapeva neanche di possedere, di potersi paragonare a quella parte della vita del moro gli creava un'emozione indescrivibile che lo stava portando quasi sul punto di piangere. Certo, se non fosse che aveva già gli occhi bagnati da quell'acqua salata generata dall'orgasmo in arrivo. "Sei uno spettacolo" concluse le chiacchiere con queste tre parole, prima di spingere al massimo che poteva e far riempire il silenzio di quella casa con i solo ansiti, non era più tempo di parole, solo di sesso e amore. Affondò con tutto il vigore che aveva in corso fino allo sfinimento mentre il biondo chiuse le mani in due pugni ben serrati, vorrebbe aver avuto modo di stringere altro ma la situazione non lo permetteva. "Ah- sì sì lì. Chri, non-non ce la-ah fa- CAZZO - faccio più" "Sì, sì, co-così meraviglioso. Vieni –ah, Matti- vieni per me, piccolo" dopo un altro paio di stoccate arrivarono entrambi all'apice del piacere in contemporanea e un orgasmo potente li investì. Il piccolo venne sporcando le mattonelle chiare sotto di lui, sussultando ad ogni fiotto di sperma che lasciava il suo corpo e, infine, accasciandosi sul tavolo; il maggiore, invece, venne dentro il suo compagno e subito inginocchiò, prima che le proprie gambe smettessero di reggerlo per via del tremolio. Il moro accarezzo le cosce dell'altro fino a poggiare le mani sulle sue natiche che allargò facendo colare il proprio seme. Si affrettò a raggiungere le gambe del barese per raccogliere con la lingua quel rivolo di sperma che scivolò dal quel punto nascosto; seguì tale scia fino a trovarsi davanti all'entrata del biondo e leccare con avidità il suo seme in quell'antro. Una volta sazio, lasciò un ultimo morso sul culo di Mattia e si lasciò andare del tutto a terra. "Wo-wow" esclamò il più basso con ancora il respiro pesante, cercando di riprendere il controllo di sé e della propria deambulazione; "Sì, sì, lo so. È stato mozzafiato" finì il pensiero il secondo con il fiato corto, sdraiandosi esausto sul pavimento.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 09, 2023 ⏰

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