A qualcuno importa

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"Era seduto oltre la linea gialla, quella mattina.
Le gambe ad ondeggiare a pochi centimetri da terra.
I mostri erano usciti dal suo letto, quella notte, l'avevano assalito e dominato, impossessandosi del suo corpo e della sua mente.
E lui non si era opposto.

Come poteva ribellarsi a sé stesso?

Tra le mani rigirava un'agenda nera.
Non soffermò mai lo sguardo su di essa, come se solo guardandola si sarebbe potuto perdere in un labirinto senza uscita.
Le spalle erano abbandonate in avanti, la schiena leggermente incurvata, come se tentasse di proteggere il suo petto, il suo cuore.
Si era arreso, ma l'istinto di sopravvivenza non l'aveva ancora abbandonato.
Tentava incosciamente di difendersi dai demoni che lo attaccavano alle spalle, mirando al suo stomaco.

Si sedette a gambe incrociate sui binari, gli occhi vuoti, senza paura, tristezza, lacrime. Semplicemente occhi, solo occhi, niente sentimenti.

Mancavano 23 minuti al passaggio del treno, la prima volta che guardò l'orologio.

Aprì l'agenda e prese la penna.
Almeno muoio facendo quello che ho sempre amato fare.
La scrittura ordinata ed elegante, di chi si è esercitato anni per renderla impeccabile.
Sono stanco.
Un sospiro che gli abbandonò le labbra, tomba di troppe lacrime.
Questa notte non ho dormito, che novità, penserai, ma la verità è che questa notte non ho neanche pianto.
La mano indugiò qualche secondo sul foglio bianco.
Aveva ancora tempo, e intendeva sfruttarlo tutto.
Sono entrato in camera con la consapevolezza che ad aspettarmi ci fosse un'altra nottata insonne e dolorosa.
Scosse la testa a quel pensiero, quanto sono stato idiota, pensò.
Era buio, come sempre, ormai non riesco più a distinguere il buio che è fuori da quello che ho dentro. E' tutto nero. E' tutto confuso. Era tutto nero, era tutto confuso.
Ed era tutto confuso davvero, quella notte.

Mancavano 17 minuti al passaggio del treno, la seconda volta che guardò l'orologio.

Mi sono disteso sul letto, troppo grande e freddo per ospitare solo me.
Accentuò involontariamente la stretta sulla penna, come se fosse lei la causa dell'assenza di un corpo da stringere e di un'anima da amare.
Ho aspettato -senza fretta- l'arrivo dei mostri, ma loro sono rimasti sotto al letto.
Perchè era così disperato per la mancata presenza della parte peggiore di sé?
Perchè non si sono presentati, ieri notte? Perchè non sono venuti? Io avevo bisogno di loro.
Ogni pensiero si trasformava con una semplicità unica in quelle parole nere impresse sul foglio bianco.
Probabilmente anche loro si sono stancati di me.
Ed eccolo, puntuale, il suo pensiero ricorrente.
Aspettavo il dolore insieme ai demoni, la scorsa notte, sai? Non è arrivato neanche lui.
Alzò gli occhi -occhi vuoti- davanti a sé, osservando, perso, il punto in cui i binari si incontravano.
Osservò l'orizzonte, desiderando di farne parte.
Ho bisogno del dolore, capisci? Senza di lui, senza i mostri, non sono niente.
E ne era proprio convito, ma in realtà lui era tutto.

Mancavano 11 minuti al passaggio del treno, la terza volta che guardò l'orologio.

Mi sono sentito vuoto, apatico. Ho paura dell'apatia. Voglio provare qualsiasi cosa, anche l'odio, ma non provare niente mi spaventa.
Ed eccolo, il motivo per cui, quella mattina, era seduto lì, ad aspettare un treno, il suo.
Manca poco, ormai. Non ho niente da dirti, tutto quello che c'è da sapere l'ho già scritto nei giorni precedenti, quando il dolore mi ricordava di essere vivo.
La verità. La triste verità che lo assillava già da un po'.
Era morto, morto dentro.
Morto da quando vide suo padre lasciare la loro casa, senza guardarsi indietro.
Morto da quando perse ogni attenzione da parte della madre.
Morto da quando la solitudine aveva iniziato ad abitargli dentro.
Morto da quando era diventato troppo grande.
Morto da quando aveva iniziato a capire.
Se non sento niente, perchè continuo a vivere?
La domanda da un milione di dollari.
Indugiò qualche secondo, prima di iniziare a scrivere di nuovo.
Ho deciso. Tanto non importa a nessuno. E, meno di tutti, a me.
Guardò il cielo, sicuro di poter vantare di vedere l'alba per l'ultima volta.

Mancavano 6 minuti al passaggio del treno, la quarta volta che guardò l'orologio.

Stava per iniziare a scrivere di nuovo, quando sentì dei passi avvicinarsi a lui.
La calma di chi non aveva furia, la consapevolezza che c'era ancora un po' di tempo.
Un corpo seduto accanto al suo, due gambe che si sfiorano, quattro mani che si stringono, due labbra che si trovano.

Ed improvvisamente si scoprì a provare di nuovo qualcosa.
E inaspettatamente non aveva più bisogno dei mostri.

Mancavano 3 minuti al passaggio del treno, la quinta volta che guardò l'orologio.

E il treno passò, ma non era il suo.
Il treno passò, ma non lo portò via con sé.
Il treno passò, ma lui mancò la fermata.
Quando il treno passò, due figure si stavano allontanando mano nella mano.
Due corpi vicini si scoprirono, due anime unite si trovarono a viaggiare nella stessa direzione.

E il suo letto non era più troppo grande e troppo freddo, perchè ad occuparlo erano in due.
E le sue notti non era più insonni e dolorose, ma piene di sospiri, sorrisi e "ti amo" sussurrati.
E quella non fu l'ultima alba che vide, perchè ogni mattina si avvicinava alla finestra, guardava il suo angelo nel letto e poi si perdeva ad osservare il sorgere del Sole.

Mi sbagliavo, a qualcuno è importato, e adesso importa anche a me."
- crollerosenzadisturbare

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