Principio

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La gara di Le Mans fu una delle più catastrofiche di tutta la carriera di Juan Ernandez, forse anche più di quella in cui aveva perso il mondiale per puro orgoglio. Cadde a pochi giri dallo start, si rimise in sella e a decine di secoli di distacco dall'ultimo in classifica, riprese la sua gara senza riuscire a superare nessuno, continuando a girare anche se non aveva opportunità, forse troppo frustrato per rientrare ai box, ritirandosi da quella gara. Aveva affrontato la squadra e la stampa con un la cera di un povero cane abbandonato, ad orecchie basse e coda tra le gambe.

Rientrammo a casa quella stessa sera, sotto una pioggia scrosciante che non aveva alcuna intenzione di placarsi, rendendo ancora più nero un umore già a pezzi. Juan non spiccicava una sola parola, io non volevo forzarlo a parlare, le uniche voci che suonavano come un soffice sottofondo al nostro meditativo silenzio erano quelle di Victoria e di sua nonna che chiacchieravano allegramente dalla cucina. Juan era salito direttamente in camera, sprofondando sul letto, troppo frustrato anche solo per degnarci della sua presenza.

Camila mise a letto la bambina prima di salutarci e quando arrivai in camera lo trovai ancora lì, seduto dal suo lato del letto con la testa tra le mani. Sentì il cuore stringersi e capì che era il momento di aprire la bocca e fare del mio meglio per dargli sostegno. Ero sua moglie, ma la maggior parte delle volte lo trattavo solo come il mio pilota, di questo me ne rendevo conto solo in certi momenti, purtroppo. Lentamente mi avvicinai, accovacciandomi di fronte a lui perché i nostri visi si trovassero alla stessa altezza, ma Juan mi ignorò, continuando ad osservare il vuoto, come se fossi trasparente.

-Ti prego guardami e fammi alzare da qui, altrimenti domani dovrò portarmi dietro anche la stampella. – sorrisi

La mia frase sortì l'effetto desiderato, un minuscolo sorriso si fece largo sul viso privo di espressione, poi alzò gli occhi e allungò le mani, tirandomi a se sul letto.

Restai su di lui, posando il viso sul suo petto. Amavo ancora quel profumo sublime, ascoltare il suo cuore battere sotto al mio viso.

-È stato umiliante. – mormorò, stringendomi più forte.

-Io invece credo che tu sia stato eroico. – sussurrai, alzando il capo e tuffandomi in quei meravigliosi occhi scuri che mi osservavano stupiti.

-Gli eroi non arrivano ultimi. –

-Gli eroi portano a termine le loro missioni, non importa quanto ci mettono. Sei il mio eroe, il mio splendido cavaliere. – lo baciai con trasporto, sentendo salire la voglia di non parlare più, impegnandomi in altri metodi per cambiare il suo umore.

-Dafne? – bisbigliò al mio orecchio, baciandomi il collo. – Ti amo. –

Sorrisi, tuffandomi ancora sulle sue labbra. Non ero brava con quel genere di esplicitazioni di affetto, nonostante gli anni non ero affatto migliorata.

Avevo voglia solo di lui in quel momento, nessuna chiacchiera, nessun lungo discorso per motivarlo, solo il mio corpo ed il suo che si intrecciavano in sensuale danza, che offrivano e chiedevano carezze e godimento. Erano anni che non trascorrevamo una notte come quella, l'abitudine dello stare insieme offusca a volte le ragioni per cui due individui continuano a fare l'amore, se non per una specie di rituale imposto dalla convivenza. Invece quella notte io ero lì per ricordare a lui e a me stessa quanto fortunati fossimo stati a trovare l'uno l'altra, perché dubitavo che avrei potuto, anche cercando per tutto il pianeta, trovare un uomo migliore di lui, che amassi più di quanto amassi lui.

Quando giungemmo al culmine della passione giacqui al suo fianco, osservando il profilo perfetto di quell'essere divino che il destino aveva lasciato incrociasse il mio cammino.

The Race to Love 2 La gara continua...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora