Alla ragazza girasole.
Meriti il mondo, e prima o poi, sarà ai tuoi piedi.
* * *
"Credi davvero di essere abbastanza? Ho perso tempo con te, dovevo capirlo che sei solo una povera ragazzina capricciosa, non sai niente della vita".
Lei chiuse gli occhi, come se quel gesto potesse spazzare via in un colpo solo l'immagine di quei messaggi, cancellarli per sempre dalla sua memoria.
Il dolore le si espandeva caldo nel petto, non ne poteva più di sentirlo, così vivido e pulsante.
Da qualche tempo era diventata lo spettro di sé stessa, ma lo sapeva solo lei quanto facesse male aver abbandonato il proprio corpo in un angolo buio, dimenticato, e non sapere più come fare a riprenderlo.Con gli altri elargiva abbracci e sorrisi, nessuno avrebbe mai saputo con quanti rattoppi aveva imbracato il suo cuore. Si sfregò il viso con le mani, dalle tapparelle filtrava un raggio tenue di luce ad illuminare il suo piccolo monolocale. Aveva fatto tanti sacrifici per poter ripartire da zero.
Si era rimboccata le maniche e un giorno aveva deciso di dover andare via, lasciarsi alle spalle tutto ciò che nel corso degli anni l'aveva annichilita, resa fragile come cristallo e lottare per il suo posto nel mondo. Sentiva di meritarselo.
Si era trasferita nella città dell'arte, nella città dove il tempo sembrava essersi congelato per sempre, tra statue e chiese, piazze e monumenti. L'aria profumava di storia, e se chiudeva gli occhi poteva sentire i poeti che decantavano versi struggenti d'amore per le proprie muse.
Firenze l'aveva sempre amata, sentiva di appartenerle in qualche modo, e quando aveva ricevuto tempo prima un'opportunità di lavoro proprio lì, non ci aveva pensato due volte prima di accettare.
Si trascinò fino al bagno, alzò tutte le tapparelle e lasciò che il debole sole del tramonto che amava tanto le illuminasse il bel viso ambrato. Restò per qualche istante avvolta nella luce morbida, la sua pelle sfrigolava piacevolmente sotto al sole di Maggio.
Quanto aveva dormito? Era il suo giorno libero, e aveva deciso di passare quel pomeriggio nel suo modo preferito: passeggiare all'imbrunire tra i vicoli di Firenze, vedere come il buio lentamente calava sui tetti delle case e fermarsi a prendere un gelato davanti al Duomo.
Quella città era il suo posto sicuro, il suo rifugio. Ogni tristezza veniva lavata via dal suono di un violino che la abbracciava dolcemente, cullandola, da un artista di strada che disegnava un capolavoro coi gessetti sulle basole di quella città immortale.
Si guardò allo specchio e non si riconobbe: perché i suoi occhi verdi erano velati di lacrime? Quegli occhi così belli, figli dei girasoli, si erano spenti. Giorno dopo giorno, avevano perso quella scintilla di brio che da sempre li caratterizzava, ammazzati dai ricordi, dalla tristezza, dalle pugnalate che arrivavano come un fulmine a ciel sereno.
"Come te lo devo dire che per te non provo niente?"
Strizzò forte gli occhi, con le mani si appoggiò al lavabo per non perdere l'equilibrio: come poteva averle fatto così male? Che cosa aveva fatto per meritarsi di sentire quelle parole così crudeli? Aveva amato troppo?
Aveva imparato, col tempo, che il troppo amore spaventa le persone. Eppure, nonostante le batoste, le delusioni, lei non era mai riuscita ad amare di meno. Non era nella sua natura. Quando apriva il suo cuore, conosceva un solo modo di amare: con tutta sé stessa, senza mezze misure.
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Il girasole di Gennaio || O.S
Short Story"Guarda sempre il lato più luminoso della vita, proprio come il girasole, che guarda il sole, non le nuvole scure".