Troppi sguardi minacciavano la mia lucidità.
Non ero pronta, non adesso.
Non era il momento di rivelargli tutto, non dopo solo pochi mesi.
Ma non contava quello che volevo io, perché c'era Jake a smontare ogni cosa.
<<Pensavo che la tua fidanzatina te lo avesse detto, sai>> iniziò col dire.
<<Cosa?>> Chiese Valentín avanzando verso di lui. Mi porti anche io avanti ma Hideo mi bloccò prima che potessi fare un secondo passo.
L'ansia saliva, l'aria era asfissiante e gli occhi pieni di rabbia di Diana mi scrutavano così maledettamente fastidiosi. Doveva essere contenta ore che sapeva come ricattarmi.
<<Seira è sempre stata una ragazza complicata. Fin da bambina. Veniva a piangere da me ma non mi raccontava mai quello che le faceva stare male. Spero che a te lo faccia>> ingoiai un boccone amaro quando Valentín si voltò verso di me, addolorato da quelle parole. Abbassai il capo con la vergogna che sgorgava da ogni parte del corpo e mi strinsi nei miei vestiti troppo leggeri. Che colpo basso. Io non dicevo mai neanche a lui cosa mi faceva stare male.
<<Lui sa che i tuoi libri sono la tua vita? Il tuo passato, il tuo tutto?>>
<<Taci Jake>> sibilai velocemente.
<<Sa anche che la tua famiglia è morta? Che dei loro corpi non c'è rimasto neanche un solo cuore?>>
Il prurito alle mani si fece sempre più forte come l'aria che mancava nei polmoni, mi costrinsi a fare grandi boccate d'ossigeno.
Ma come potevo restare calma davanti gli occhi da serpente del mio ex migliore amico? Lo faceva per vendetta? Perché non sono stata una buona amica con lui? O faceva semplicemente il suo lavoro? No, questo non era lavoro, questo era qualcosa di più. Troppo personale per essere mischiato con la carriera.
<<Va via>> sentii dire da Hideo. In un piccolo sospiro a denti stretti, con gli occhi stanchi e il viso pallido. Il viso di qualcuno che era stanco di combattere. Ero stanca anche io, ma non potevo farci niente, era la mia vita e dovevo prenderla di petto.
<<Vuoi parlare? Parliamo. Ma andiamo di là>> e si mise a ridere come se avessi detto una di quelle battute che ci raccontavamo da bambini per tirarci su col morale. Peccato che io non scherzavo.
<<O andiamo di là oppure ritorni da dove sei venuto>> affermai assottigliando lo sguardo. Una rabbia improvvisa mi fece perdere razionalità. Ero stufa, arcistufa di tutto. Di lui, del mio passato, di mentire. Di tutto.
<<Andiamo, ma viene anche lui>> indicò Valentín. Boccheggiai prima di dare una risposta. Ero indecisa ma lui sembrava molto sicuro di ciò che disse e anche Valentín lo era. Senza problemi annuì e rivolsi un ultimo sguardo a Hideo prima di girarmi e proseguire verso una stanza della casa editrice. Forse in cucina sarebbe stato più calmo, pensai. Li condussi lì, chiusi la porta e aspettai qualche secondo prima di voltarmi. Hideo se la sarebbe cavata solo con Diana, tanto ormai sapeva la verità.
<<Allora, cosa vuoi, Jake?>>
<<Io? Io voglio solamente che la verità venga a galla. Anche perché, diciamocelo, per quanto tu abbia potuto corrompere i poliziotti, quelle informazioni usciranno allo scoperto.>>
<<Hai corrotto la polizia?>> La voce stridula di Valentín riempì la cucina ed io mi morsi la guancia prima di confermare.
<<Si, l'ho fatto.>>
<<<E cos'altro hai fatto ancora? Corrotto chi altro?>>
<<Nessuno. Non ho corrotto nessun altro, Valentín>> ma lui non mi credeva. Lo leggevo come un libro aperto, sapevo che non credeva più ad una sola parola. Faceva male, ma forse me la ero cercata.
<<Hai letto i suoi libri, caro?>>
<<Si Jake, l'ho fatto>> disse con una punta di ovvietà. Ancora sensi di colpa si espandevano nel petto ma dovevo sentire quello che il mio amico del cuore aveva da dire, ancora.
<<Quindi sai anche che è appena uscito il suo ultimo libro. Composto da ben ventisei capitoli>> complimenti a Diana, era proprio brava a spifferare tutto.
<<No, questo non lo sapevo.>>
<<Ci sei anche tu. Lo saprai no?>>
<<Si.>>
<<Hai un ruolo molto importante nella vita di Lola. Mi chiedo se nella realtà sia così.>>
<<Me lo chiedo anche io>> cacciai indietro le lacrime. Valentín doveva stare dalla mia parte, avevo bisogno di lui che mi sostenesse. Invece era fermo in mezzo a me e Jake pieno di dolore negli occhi cerulei, completamente diversi da quelli del mio ex migliore amico.
<<Devi sapere anche che la villa in cui tu adesso vivi, non è la prima dimora dei Gold. Bensì la terza...>> fece una pausa. Questo lui come lo sapeva?
<<La prima casa l'ha lasciata in tenera età, quando ancora la famiglia sembrava essere decente. E' nella seconda villa che conobbi Seira. Eravamo amici dalle elementari e lo siamo stati fino alla fine della quinta. Poi lei scomparve. Se ne andò per un periodo bello lungo, non mi informò. Non mi scrisse né telefonò. Allora io iniziai ad avere altre compagnie, non buone, ma riempivano la mancanza che avevo di lei. Mi recai anche dai Gold per chiedere spiegazioni, ma quando mi presentai, nessuno aveva la minima idea di chi fossi. Lei non aveva raccontato niente, per loro Seira era sola, neanche i suoi fratelli e sorelle lo sapevano. Ero un fantasma. Mi cacciarono via, mi urlarono contro ma intanto scoprii che eri in Svezia. A fare cose ancora non so, ma puoi sempre dircelo tu, adesso>> alternavo lo sguardo da Jake a Valentín, conficcavo le unghie nei palmi delle mani. Non doveva finire così, non doveva per niente. Però ero stata scoperta, sapevo che scrivere un libro sulla mia vita era una trappola ingannevole, ma credevo di passare inosservata, che nessuno facesse domande. Era solo un libro, una trama come le altre. Mi sbagliavo. Appoggiai la schiena alla sedia per sorreggermi. Era ora di sputare il rospo.
<<Come hai detto ero in Svezia, MPC, ovvero la sigla del centro in cui ero segregata. Mindre Psykiatriskt Centrum non era legale, era uno scantinato di una vecchia casa dove prendevano i bambini malati, con problemi mentali e del comportamento. In Svezia molte cure erano costose, non tutti avevano i soldi per permettersi di curare i propri bambini. Quindi li davano via. In quello scantinato era perenne l'abuso su minori, ci facevano sgobbare mattina e notte per cucire, costruire cose rotte, avvitare parti di auto. Ci facevano addirittura saldare col fuoco il ferro. Ma non ricevevamo mai un pezzo di pane. Per bere usavamo dei buchi sul tetto dove cadeva la pioggia. Ovviamente era quasi impossibile portare a termine qualcosa in quanto i bambini veramente malati di schizofrenia o down non riuscivano a fare molte cose. Davano di matto, urlavano, piangevano, scalciavano gli uni con gli altri. Fortunatamente scoprirono l'attività illegale e la chiusero a qualche mese dopo l'apertura. Quindi ritornai a casa, ma non vidi più Jake per anni>> spiegai. Omessi solo che due anni dopo incontrai Lionel, ma quello potevo evitare di dirlo. Il Mindre Psykiatriskt Centrum fu uno di miei più grandi traumi. Non c'era un solo giorno in cui non desiderai di tornare a casa, nonostante soffrissi. Ma lì avevo i miei fratelli, le mie sorelle, in Svezia ero sola.
<<Perché non sei venuta a cercarmi?>> Fu Jake a parlare. Con il viso pallido e le labbra viola, avevo inteso che il racconto non gli piacque e come lui anche Valentín riservava la stessa espressione disgustata.
<<Non potevo presentarmi in quelle condizioni. Ero uno spettro. Avevo solo le ossa, mi mancavano dei denti ed ero rasata. I capelli neri, lunghi, non c'erano>> deglutii sentendo ancora quella terrificante sensazione in gola. Quei capelli che non scendevano, che non riuscivo a ingoiare. Quindi perché non strapparseli, pensai.
<<I tuoi genitori lo hanno permesso...>> puntai gli occhi su Valentín. Era così bianco che ebbi paura che prendesse a vomitare da un momento all'altro. Jake buttò fuori una risatina.
<<Amico ma hai letto si o no i libri? Quelli non erano genitori, erano mostri>> lo fulminai.
<<Attento a come parli.>>
<<Scusa>> amareggiata provai a dimenticarmi di tutto. Ma il volto della persona che amavo me lo sarei portato nella tomba. Era schifato, sprezzante, sdegnoso e mi faceva male averlo sulla pelle.
<<Non guardarmi così, ti prego>> asserii. Voltò subito gli occhi e sprofondai nel punto più basso della terra. Era la mia vita, il mio passato, il mio tutto. Oltre vergognarmi e nasconderlo, non potevo fare altrimenti. Potevi giudicarmi quanto volevi, ma io ero questo.
<<Perché non hai chiesto aiuto?>>
<<Perché chi crederebbe ad una bambina dove la sua famiglia era col sorriso stampato in tutti i giornali? Jake, nessuno mi avrebbe mai dato fiducia, neanche crescendo, neanche diventata una donna in maggiore età. A noi non credono mai e fa schifo, ma voi non potete sapere niente di tutto questo. Avete qualcuno a proteggervi in qualsiasi caso, uno schieramento di forze armate a puntare le armi. Prima che le donne abbiano tutto ciò, dovranno dimostrarsi distrutte, piene di graffi e sangue per essere credute, solo allora, forse, avranno protezione.>>
<<Sei ingiusta, Seira. Siamo tutti uguali>> risi debolmente e mi asciugai le lacrime.
<<No che non lo siamo. Non lo siamo mai stati. Pensi che non abbia provato a chiedere aiuto? Sai quanti telefoni ho rubato per poter chiamare la polizia? Neanche i vigili del fuoco mi hanno ascoltato. Mi promisero che sarebbero venuti a controllare, ma non si presentarono mai. Io ero rinchiusa in quelle quattro mura, potendo uscire solo nel giardino.>>
<<E quando facevamo quelle passeggiate nel bosco? Tu come facevi?>>
<<Scappavo e quando tornavo a casa mi...lascia perdere. Adesso sapete la verità. Se avete qualche dubbio c'è il libro a chiarivi le idee. Jake se vuoi dirlo ai giornali fa pure, non mi interessa, se non l'ha già fatto Diana, si intende>> posai lo sguardo su Valentín. Le spalle tremavano, come la mia voce rotta. Cosa avrei dovuto dirgli? Lo avevo avvertito, gli avevo detto che sarebbe andata male. Eppure volevo essere felice, averlo al mio fianco, anche se non fosse stato per sempre.
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W I R E D
Mystery / ThrillerCompleta. Seira Gold era una scrittrice che divenne famosa raccontando la sua vita nei libri che scriveva. Aveva un passato che la seguiva, che non la faceva dormire la notte. Attualmente ventisei anni, cinque anni fa un 'incendio avvolse il desti...