𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐈𝐈

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I said, "Hey (hey), you (you), feed the machine
Bring them all back down to their knees
There's no time to waste
Remind the slaves
They ain't gonna make it out alive today"
I said, "Hey (hey), you (you), poison the well
Watch it all burn, take them straight to hell
He's got the whole (whole) world (world) in his hands
It was nice to know ya
We've all been damned, c'mon"

(Feed the Machine - Poor Man's Poison)


Ketterdam

La stalla si era ridotta ad un cumulo di macerie. Legno e paglia completamente arse. Dei quindici cavalli solo otto
vennero recuperati, gli altri erano al
momento scomparsi. Gli uomini di
Dreesen e la Stadwatch iniziarono a gioire e ad abbracciarsi: spegnere quell'incendio
si era rivelato tremendamente difficile. Tuttavia, l'allarme era rientrato, ed ora dovevano assolutamente occuparsi di Manisporche e del suo tiratore. Ksenyia
si allontanò di scatto dalla finestra
rendendosi conto che oramai il tempo stava
scorrendo senza sosta. «Idee sul come uscire da qui? Magari senza morire o finire in prigione?» chiese Jesper, il quale era intento, in maniera maniacale, a lucidare le sue pistole. «Non c'è nient'altro a cui Ksenyia potrebbe dar fuoco?» disse Sturmhond beccandosi un'occhiataccia dal suo amico. Quest'ultimo, d'improvviso, portò l'indice alla bocca, invitando tutti a far silenzio. «Che c'è Dominik?»«Sento delle voci... Credo che stiano venendo qui. Non abbiamo più tempo». Kaz Brekker, imperturbabile come al solito, si avvicinò alla sua amica d'infanzia fissandola di sbieco. «Qualcosa mi dice che dall'ultima volta che ci siamo visti non hai fatto molta pratica con la piccola scienza. Ed è per questo che non intervieni. Hai paura... Scommetto che non era nemmeno tua intenzione appiccare un rogo così devastante» «Complimenti per l'intuito,
hai mai provato a fare domanda alla Stadwatch?» rispose sarcasticamente la Grisha. Se ne pentì subito. Kaz aveva ragione: aveva un dono unico eppure non sapeva usarlo. Un vero spreco. Lo sguardo della donna vagò nella stanza, fino a fermarsi sull'imponente scrivania in mogano su cui il Corsaro era seduto.
Forse aveva un'idea. Terribile come tutte le altre, ma pur sempre un'idea.
«Biondino spostati da lì, anche voi, mettevi ai lati della stanza. Forza! forza!».
Ksenyia corse dietro alla scrivania, poi poggiò le mani sulla sua sommità. Tirò un respiro profondo e poi fissò la porta. In men che non si dica il pesante tavolo di legno si schiantò contro l'entrata, ostruendo il passaggio a chiunque intendesse aprire la porta ed entrare nella stanza. Jesper
prese ad applaudire entusiasta, poi su consiglio di Dominik, aggiunse delle sedie
e qualche altro oggetto pesante su e
attorno alla scrivania, per fortificare le difese. Avrebbero guadagnato del tempo necessario per capire come evadere da lì. La donna dai capelli rossi si diresse nuovamente alla finestra, guardando di sotto. Ad occhio e croce l'altezza era superiore ai dieci metri, e in più non c'era nulla che attutisse la caduta. Quella purtroppo però, era la loro unica via d'uscita. Il panico stava assalendo la giovane, quando d'un tratto la sua attenzione venne attirata dall'albero di fronte. Si trattava di una quercia, alta e robusta, piena di foglie e di vita. I rami erano molto spessi, adatti a sorreggere pesi ingenti. Tuttavia la pianta era troppo lontana affinché potessero raggiungerla saltando dal davanzale. Gli uomini di Dreesen e la polizia avevano ormai raggiunto il piano e quando notarono che era impossibile aprire la porta dell'ufficio del mercante, iniziarono a forzarla e prenderla a pugni. «Oh merda!» esclamò il Corsaro estraendo dalla fondina una pistola e puntandola verso l'entrata. Dominik lo trascinò dietro di sé, facendogli da scudo con il proprio corpo. Ksenyia aprì la finestra e puntò le braccia verso la quercia. Sentiva la linfa scorrere al di sotto del tronco e ramificarsi verso le foglie lobate. La giovane ritrasse lentamente le braccia verso di sé e quasi come ammaliati da questo movimento, i rami si avvicinarono al davanzale, intrecciandosi tra di loro e formando una sorta di ponte. «Ma è stupefacente...» sussurrò il Corsaro, la bocca spalancata e gli occhi che quasi brillavano. Ksenyia si voltò a guardare l'insolito gruppo e trattenendosi a stento dal saltare dalla gioia per quello che era successo, li esortò ad avvicinarsi. «Dobbiamo arrampicarci e calarci giù dalla quercia. Una volta toccata terra ci addosseremo alla parete della villa e usciremo dal retro. Conosco una stradina poco frequentata che collega La Borsa al Barile» sentenziò la giovane dai capelli rossi. «Non possiamo far ritorno al Club dei Corvi, ma conosco una persona che non avrà problemi ad ospitarci» disse Kaz sporgendosi dalla finestra e osservando l'altezza. La porta stava per cedere. Uno ad uno si calarono dalla finestra, stringendosi ai rami dell'albero e stando attenti a non attirare l'attenzione dei braccianti e degli altre tirapiedi di Dreesen. Ksenyia fu l'ultima a calarsi e a toccare terra. Una volta giù la ragazza fece sì che i rami si ritirassero e con un gesto secco della mano alimentò una folata d'aria che chiuse le finestre dell'ufficio. Poco dopo un rumore fragoroso li raggiunse, segno che la porta era stata sfondata. I cinque si guardarono sorridendo e tirarono un grosso sospiro di sollievo, poi in silenzio seguirono Kaz.


𝐈𝐥 𝐌𝐢𝐫𝐚𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐁𝐚𝐫𝐢𝐥𝐞 // 𝐒𝐡𝐚𝐝𝐨𝐰 𝐚𝐧𝐝 𝐁𝐨𝐧𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora