Prologo - Un altro giorno. -

81 5 1
                                    

Sto giocando con i miei dinosauri giocattolo, la mamma è uscita a fare la spesa, dice che per il mio compleanno vuole fare una torta fantastica. Non vedo l'ora! Oh, hanno suonato il campanello, deve essere lei. Lascio tutto a terra e vado ad aprire. Mi sbagliavo, è papà. Lo abbraccio di slancio.

Io:- Papiiii! - Grido io, allacciandomi alle sue lunghissime gambe.

Papà è altissimo! Spero che quando divento grande sarò alta come lui.

Papà:- Hei, come sta la mia tigre preferita? - Dice papà accarezzando la mia disordinata chioma arancione.

Io:- Lo sai che giorno è oggi? Eh, lo sai?- Chiedo io saltellando sul posto.

Papà si gratta il mento e scuote la testa, facendo finta di non saperlo. Ma tanto io lo so che lo sa.

Io:- È il mio compleanno!- Grido io, correndo per tutta la casa.

Papà ride e mi dà un piccolo foglietto colorato. C'è scritto: BIGLIETTO D'ENTRATA AL PARCO DIVERTIMENTI DI DANVER. Spalanco gli occhi.

Io:- Papiiii!! Ci saranno anche i dinosauri???- Urlo dalla gioia.

Ti prego fa che ci siano, fa che ci siano, fa che ci...

Papà:- Si, tigre, ci saranno anche i dinosauri.- Dice sorridendo.

Mio papà è un uomo bellissimo. Ha i capelli corti, lisci e morbidi castano chiaro e gli occhi sono verdi prato, è altissimo ed è fortissimo. È il papà migliore del mondo!

Io:- Evviva!- Dico alzando le mani in alto.- E quando ci andiamo?- Continuo.

Papà:- Oggi!- Dice spalancando la porta di casa.

Effettivamente eravamo ancora all'ingresso. Corro in camera mia senza dire una parola, mi metto le scarpe da ginnastica e scendo di nuovo giù.

Io:- Possiamo andare!- Dico io uscendo dalla porta e dirigendomi verso la macchina, una Meriva.

Papà mi segue a ruota ed accende la radio, mentre mette in moto. Prende l'autostrada e segue tutte le indicazioni che ci dà il navigatore. Intanto scorre fra le canzoni che abbiamo sul cd e si ferma su "La guerra di Piero", la mia canzone preferita. Cantiamo insieme e io vedo un grande arcobaleno sopra di noi. Non ne avevo mai visto uno, solo in foto.

Io:- Papà, papà! Guarda fuori dal finestrino, c'è l'arcobaleno!- Dico io indicandolo nel cielo, sorridendo meravigliata.

Papà:- Non posso, sto guidando, me lo mostri quando scendiamo, si?- Dice tutto concentrato sulla strada.

Controllo la strada, non c'è nessuna macchina oltre a noi.

Io:- Ma dai, papà! Tanto non c'è nessuno.- Dico io supplicandolo.

Papi sbuffa e poi guarda fuori dal finestrino. Subito sorride. L'avevo detto io che gli sarebbe piaciuto.

Papà:- Si è vero, è bellissi- Caccio un urlo.

Un camion sta per venirci addosso, papà strerza verso destra e andiamo a sbattere contro un albero. Vengo sbalzata sul cruscotto e svengo, non prima di vedere papà con la faccia piena di sangue e sentire la canzone finire.

Mi sveglio piangendo, in un letto di sudore. Un altro incubo. Continuo a piangere tutta la notte, fino a che non sento la sveglia che segna le sette. Mi alzo a fatica dal letto e vado in bagno, mi guardo allo specchio e vedo un mostro. Un mostro assassino. I miei capelli arancioni, di una tonalità che va sul rame, sono tutti arruffati, ho le occhiaie più grandi del mondo, la pelle cadaverica e gli occhi, che normalmente dovrebbero essere di un blu come il mare in tempesta -così li definiva papà- , sono rossi per il pianto. Entro nella doccia e apro l'acqua calda per rilassarmi. Magari l'acqua può lavare via anche le mie colpe. Maledetto arcobaleno! Maledetta me! Dopo circa dieci minuti, esco, metto l'accappattoio e avvolgo i miei capelli in un piccolo asciugamano. Vado in camera e scelgo cosa mettere per andare a scuola: felpa nera e skinny jeans scuri. Asciugo i capelli come meglio posso, ma non riesco mai a sistemarli decentemente, così ci rinuncio. Indosso l'intimo e le cose che avevo scelto e mi guardo allo specchio per vedere se sono abbastanza presentabile. Uffa, sono troppo bassa e magra, ho la pelle troppo chiara e troppe lentigini sulle guancie e sul naso. L'unica cosa che ho ereditato da mia madre sono gli occhi blu e le curve che sono sempre troppo pronunciate, cosa veramente molto fastidiosa se non vuoi farti notare da nessuno. Comunque le felpe in qualche modo aiutano, se le prendi di una taglia superiore. Prendo lo zaino dalla sedia, che avevo preparato la sera prima, ed esco di casa prendendo una merendina da mangiare per strada. Arrivo alle porte dell'inferno alias scuola, adocchio subito William Allen e giro a largo da lui. È Satana in quest'inferno, ed io sono una dannata che deve scontare la pena di aver ucciso suo padre. È così, non ditemi che è stato solo un brutto incidente e che può capitare a chiunque, perché la verità è che se non l'avessi distratto per guardare uno stupido arcobaleno, lui sarebbe ancora qui con me, ed io non vivrei questa vita di merda. Mi dirigo con passo frettoloso ed insicuro nella mia classe, che fortunatamente non condivido con William Allen. Questa è l'unica cosa buona. Mi siedo al mio posto in fondo all'aula, osservando i vari gruppi appostati attorno ai banchi. Le persone si divertono, ridono e scherzano come se il mondo fosse tutto rose e fiori. Ma se il mondo è tutto rose e fiori, allora ci sono anche le spine. Forse io sono una spina nel fianco a tutti, forse se me ne andassi nessuno se ne accorgerebbe, anzi starebbero tutti meglio. Io ne sono convinta. La campanella suona e la prof. Greco fa la sua entrata con il libro di letteratura in mano. Sto attenta alla lezione, letteratura mi è sempre piaciuta. Anche se sono all'ultimo banco, riesco a seguire la lezione e quando suona la ricreazione mi alzo e sistemo tutte le mie cose nello zaino. Due ore di letteratura sono un calmante. Mi dirigo a passo svelto in un piccolo locale che si trova dietro la palestra, lì regna la calma più totale ed è il posto perfetto per una come me. Arrivo di fronte alla mini-struttura ed entro, aprendo lentamente la porta in legno scuro, per non farla cigolare. Ovviamente non riesco nel mio intento perché fa un rumore fortissimo. Per fortuna dietro alla palestra non ci viene nessuno.

???:- Oh, ma chi abbiamo qui? La piccola Anita...- Sento una voce roca e profonda, e nonostante il tono fosse derisorio, è bellissima.

È William.

Paura di vivereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora