Monaco: my cursed home

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Appoggia sul tavolo il cartoncino con scritte le domande che ha appena rivolto ad Arthur per un video da pubblicare sull'account Ferrari, ridendo e tenendosi la pancia con la mano libera. Non ha mai parlato in inglese con suo fratello prima d'ora e men che meno si sono mai intervistati a vicenda, ma deve ammettere che è stato molto divertente e gli piacerebbe rifarlo in futuro. Il minore lo ha guardato con occhi sognanti quando Charles ha risposto alla fatidica domanda su Monaco, la sua città natale è speciale quanto il suo adorato Arthur e su questo non ha il minimo dubbio.

Durante le prove della F2, il moro si avvicina alla macchina del fratellino e si sporge all'interno stando ben attento a non picchiare la testa contro l'halo. Gli stringe la mano dedicandogli un radioso sorriso e augurandogli buona fortuna, prima di allontanarsi e sedersi su uno sgabello all'interno del box. Osserva la vettura sfrecciare su quell'asfalto che fin da bambino ha percorso con mille e mila mezzi di trasporto differenti, sia con la bicicletta con con l'autobus. Ogni cosa di questo circuito gli urla 'casa' ed in effetti non potrebbe essere nient'altro che il suo posto sicuro, il luogo magico in cui è cresciuto e che non ha mai voluto abbandonare per troppo tempo nonostante dovesse allontanarsi per i vari Gran Premi in giro per il mondo. Di posti Charles ne ha visitati tanti, ma nessuno è come Monaco.

Sorride inconsapevolmente, quasi d'istinto e all'improvviso ogni ricordo si fa vivo nella sua mente dal più gioioso al più doloroso. Chiude gli occhi solo per un istante, l'immagine di Jules che gli sorride e lo sprona a dare sempre il massimo. Il monegasco pensa sempre al pilota francese, in ogni momento e spera sempre di poter dedicare una vittoria a lui e a suo padre. Hervè gli manca altrettanto, sarebbe fiero di lui anche se arrivasse ultimo ad ogni gara e questo un poco lo fa sogghignare; suo padre è sempre stato così orgoglioso dei suoi figli e il moro avrebbe voluto che potesse vederlo in Ferrari. Charles il giorno in cui suo 'papa' morì prese coraggio e gli disse che aveva firmato per la sua scuderia del cuore, era una bugia. Il monegasco non aveva nessuna certezza che lo avrebbero effettivamente ingaggiato, ma voleva donare un'ultima gioia all'uomo più importante della sua vita almeno prima di doverlo salutare per sempre. Quella dichiarazione un tempo falsa adesso è realtà, sono quasi 5 anni che fa parte di questa meravigliosa famiglia e le cose non sono sempre andate come sperava. Tre DNF e un misero quarto posto negli anni precedenti, stavolta non può permettersi di fallire e darà tutto sé stesso per portarsi a casa la pole di quel pomeriggio.

I suoi pensieri vengono interrotti da un team radio di suo fratello, il cuore salta un battito alla vista della macchina scura contro le barriere e senza pensarci un secondo si fionda verso l'uscita del box. Arthur sta bene, per fortuna non si è fatto male e Charles tira un sospiro di sollievo appoggiandosi una mano sul petto. Emotivamente il minore è distrutto, sarebbe stata la sua prima vera gara a Monaco e non ha potuto neppure finirla. Il monegasco più grande lo prende tra le braccia, gli accarezza i capelli e incrocia lo sguardo lucido del fratellino. Gli occhi azzurri velati di tristezza e delusione, il viso sudato e arrossato dal calore all'interno del casco. Intreccia le dita tra le ciocche chiare e lo culla sussurrandogli parole di conforto, esattamente come aveva fatto lui con il maggiore nei suoi momenti di disperazione dopo le prime due gare della stagione. Passano interi minuti così, nessuno dei due parla più e i meccanici presenti evitano di interrompere le coccole affettuose tra i due monegaschi. Nonostante la pessima qualifica di Arthur, quest'ultimo gli sorride osservando il moro allontanarsi e prepararsi per il suo Q1 non mancando di augurare buona fortuna al fratello più grande.

Il maggiore indossa la sua tuta bianca e rossa, la sua scuderia l'ha realizzata per lui apposta in vista del GP a Monaco. I colori ricordano la sua bandiera, il numero 16 stampato sulla schiena e la gamba decorata da piccoli diamantini rossi. Porta indietro le ciocche scure e appoggia con delicatezza il berretto sulla testa con lo stesso motivo del completo. Max nel frattempo, appoggiato con il dorso al muretto del box RedBull chiacchiera animatamente con Daniel e aspetta con impazienza di scendere in pista. Entrambi i piloti spostano lo sguardo sulla figura pura e brillante che passa loro davanti salutandoli con un veloce cenno della mano, un sorriso radioso e gli occhi verdastri più vispi del solito mentre percorre la via del paddock acclamato dalla sua gente. L'olandese non riesce a privarsi nell'ammirare ancora un poco quel panorama paradisiaco finché il monegasco non sparisce dal suo campo visivo, al biondo pare un vero e proprio angelo.

I am bound, but I will not break - LestappenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora