CAPITOLO I

143 6 4
                                    


“Amnesia globale transitoria.”

Il dottor Park si tolse gli occhiali da vista e guardò intensamente prima me e poi a quelli che mi fu detto essere i miei genitori ai quali poi concesse un caldo sorriso.

“E cosa vuol dire dottore?”

Fu mio padre a parlare mentre mi stringeva una spalla probabilmente per darmi conforto.

“L’incidente ha provocato un trauma cranico che ha leso la zona del cervello adibita alla memoria. Fortunatamente, dai risultati degli esami fatti, dovrebbe essere un evento reversibile e non permanente.” Poi si concentrò nuovamente su di me. ”Parlando anche con lo psicologo non abbiamo riscontrato deficit celebrali né cambiamenti o disturbi della personalità. Semplicemente è come se per sua figlia ogni ricordo della vita prima del suo risveglio sia stato momentaneamente cancellato.”

“Quindi si riprenderà?”

Dal tono di mia madre si percepiva perfettamente quanto necessitasse di prospettive rosee. Fossero state anche delle bugie per lei, in quel momento, sembrava importare poco.

“Purtroppo signora Choi non è come prevedere i tempi di guarigione di una ferita o di una frattura. E’ più complicata la situazione e molto soggettiva. Potrebbe volerci una settimana come dieci anni e non è detto che recuperi tutti i ricordi...mi dispiace. Ciò che potrebbe aiutare è parlarle di eventi passati, anche quelli che potrebbero sembrare meno rilevanti e, sicuramente, le sedute con la psicologa.”

Così uscimmo da quell’ufficio dove nelle ultime due settimane ero stata ospite per vari colloqui e visite.

Non ci stavo capendo ancora granché se non che circa un mese fa sono stata investita da un’auto e che l’incidente mi ha costretta in coma per dieci giorni e che ho riportato un trauma cranico, un braccio rotto e una costola incrinata. E che, mentre le ultime due problematiche erano state quasi risolte, quella più grave era proprio la perdita totale dei miei ricordi motivo per cui in questi quattordici giorni era stato concesso di farmi visita solo ai miei genitori perché, a detta dei medici, vedere troppe persone tutte insieme non sarebbe stato d’aiuto e mi avrebbe causato solo stress nocivo.

Anche nel giorno del mio risveglio fu fatto uscire l’intero gruppo di visitatori tra le varie obiezioni e lamentele. Non ero stata nemmeno in grado di mettere a fuoco i loro volti per capire chi fossero e quale rapporto avessero con me.

I miei genitori mi accompagnarono nella mia stanza e mi aiutarono a stendere benché, ormai, non provassi più tanto dolore.

“Ci vediamo domani alle 08:00 ok? Cerca di riposare, ai bagagli ci pensiamo noi.”

Annuii ringraziandoli e salutai con la mano per poi vederli andare via.

Spostai lo sguardo sulla finestra le cui tende erano state aperte per lasciarmi vedere l’esterno così mi gustai il tramonto sui grattacieli di Seoul mentre giocherellavo con un bracciale che avevo al polso.

Era piuttosto carino con vari ciondoli che sembravano avere dei significati.

Chissà chi me li ha regalati…

Feci roteare quello circolare con i brillantini rosa mentre mi lasciavo andare sul cuscino in un mesto sospiro.

L’indomani me ne sarei andata di là e, forse, avrei ripreso le redini della mia vita in mano. Non ce la facevo più a stare in ospedale, in quell’odore perenne di disinfettante senza poter fare nulla se leggere o vedere film.

Infatti, nonostante non fosse poi passato così tanto da quando avevo ripreso conoscenza, visto che dal punto fisico ero in via di guarigione, i medici avevano concordato per le mie dimissioni sperando che il rientro a casa mia potesse aiutarmi più di qualsiasi farmaco.

MAZE OF MEMORIES // LEE MINHODove le storie prendono vita. Scoprilo ora