Lettera tra morti e deboli di cuore

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Caro Baji,

Ricordi quell'insolita giornata di scuola? Quando mi precipitati nella tua classe pensando fossi un temutissimo teppista e rimasi senza parole quando mi accorsi che eri un secchione? Quando, insuriosito, ti chiesi cosa stavi facendo per essere tanto serio e assortito? Quando ti corressi passo passo ogni parola?
Rimasi sbigottito quando tu mi dissi che si trattava di una lettera.
Ricordi quando, dopo scuola, mi accerchiò quella banda di teppisti?
Ero conciato malissimo, non avrei mai vinto se non fossi arrivato tu. Con quell'aria rilassata e spensierata, nonostante ti trovassi in mezzo ad una banda di teppisti.
Pensavo che le avresti prese di santa ragione, che ti avrebbero ridotto malissimo. E, invece, non fu così. Anzi, fu l'esatto opposto: in men che non si dica erano tutti a terra, uno dopo l'altro, nessuno escluso.
Dicesti che nessuno mi avrebbe più toccato, che mi avresti protetto. Ma chi avrebbe protetto te?
Mi chiesi, all'improvviso, se mi piacesse il peyoung e io, sollevato, ti dissi di sì.
Mi invitasti a casa tua e scoprii di abitare nella tua stessa palazzina.
L'ultima confezione, la dividemmo a metà. Metà per te, metà per me. Rimasi da te tutto il pomeriggio e mentirei se dicessi che non è stato il miglior pomeriggio della mia vita.
Quella diventò una sorta di abitudine, ogni volta, ogni cazzo di volta, la dividevamo. Era una cazzo di tradizione, ma adesso chi la porterà avanti? Tu non puoi più mangiare la tua metà, non possiamo più passare i pomeriggi insieme.
E tutto questo perché non sono riuscito a salvarti.
Perché, in fin dei conti, sono solo un codardo che si è illuso di aiutarti, nonostante lui stesso chiedesse disperatamente aiuto.
Vorrei tornare indietro, ricominciare ma da capo, ma, hey, così è la vita no?
Improvvisamente ti senti al settimo cielo e poi non vorresti far altro che finire la tua misera esistenza. Vorrei davvero tornare indietro e sistemare le cose. Tornare indietro e passare più tempo con te. Tornare indietro e salvarti. Tornare indietro e rivederti.
Ma purtroppo non si può fare. Non posso tornare a quando tu c'eri ancora per me.
Le giornate sono diventate monotone senza di te, ripetitive e monotone. Mi manca correggere i tuoi testi e le tue lettere. Mi manca incontrarti. Mi manca fare a botte insieme a te. E, soprattutto, mi manchi tu. Senza di te le scale della palazzina sono vuote e incorniciate da un silenzio assordante, la tua finestra chiusa una rassegnazione.
Vorrei non essere qui, adesso, davanti ad una pietra con inciso a caratteri cubitali il nome del mio migliore amico. Questa cosa non ha senso. Non è lui, ma nonostante ciò porta il suo nome, come se gli fosse sempre appartenuto. Questo non sei tu. Tu sei Baji Keisuke. Sei una persona, il mio migliore amico. Non sei una pietra. Eppure, nonostante tutto, sono qui, davanti a un blocco di roccia che magari neanche mi vede. Ma io non sono qui per lui, sono qui per te. Sono qui nella speranza che tu mi veda e capisca che per te ci sarò sempre; anche se tu non sarai qui per me, io sarò qui per te.
È per questo che mi trovo qui, a scrivere questa lettera per te, nella speranza che tu la possa leggere, un giorno.
Perché la nostra storia è iniziata proprio da una lettera, una promessa.
Ma questa non è una lettera da mandare ad un amico, e neanche una lettera d'addio.
No, io sto scrivendo questa lettera per dirti una cosa che non sono riuscito a dirti quando eri ancora in vita, quando ero certo che potessi sentirla; perché sono un codardo e, pensando che tu avessi tutto il tempo che avevo anche io, non mi decidevo a fare il passo decisivo. Rimanevo lì, incatenato alle mie insicurezze, senza fare nulla per liberarmi. Perché, alla fine, un po' ci stavo anche bene nella mia titubanza, potevo usarla come uno scudo per non affrontare la realtà, una scusa campata in aria.
Già, io ti scrivo per dirti due cazzo di parole che anche adesso, che non ho più scuse, non riesco a dirti.
Quelle due parole mi muoiono in bocca, lasciandomi un retrogusto di amarezza e sdegno, rendendo le mie lacrime acido.
Alla fine, anche adesso che non ci sei più, non riesco a dirti quello che sento, quelle famose due parole, che infestano i miei sogni e uccidono il mio sonno. E forse non solo quello.
Mi sa che, in fin dei conti, quelle due parole non sono fatte per essere pronunciate e che te non le sentirai mai.

Scusa

Chifuyu Matsuno

Una sola lacrima si fa spazio sul volto, bagnando le guance rosee e arrivando ad un timido sorriso, forzato e disperato, per non mostrare il peso che nascondeva.
Chiuse il tappo della bic nera, svuotata per metà. Posò la lettera ai piedi della lapide. Accese l'incenso e allungo la mano, mostrando una confezione di peyoung yakisoba, piena solo per metà.
«Vedi...ho lasciato la tua parte...come ogni volta»
Poggiò la confezione con la mano tremante e, una volta libera, se la portò alla bocca, per soffocare il pianto disperato ed evitare di urlare in preda all'agonia.
Il biondo, a quel punto, si alzò e, titubante, si rimise in piedi.
Fece qualche passo e si fermò. Due parole, impercettibili, pronunciate solo con il movimento delle labbra.

“Ti amo”

Non si voltò e, dopo un attimo di esitazione, riprese a camminare.
Qualche passo più in là e scomparì, lasciando alle sue spalle la persona che gli insegnò il significato della parola "amare" e una lettera incompleta, nonché una promessa infranta.

Letters to Baji || BajifuyuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora