Capitolo 33

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Pov di Newt
Continuai a prendere a pugni le porte e a gridare il suo nome, pur sapendo fosse inutile.
Perché lo ha fatto? Le avevo detto che avremmo risolto tutto insieme...perché ha commesso lo stesso l'errore che commisi io?
Ormai le mie mani grondavano di sangue e Minho non era messo meglio. Il sudore aveva bagnato la sua maglia azzurra e con i piedi continuava a dare calci al muro.
<<È inutile Minho...non si aprirà. Sono morti ormai.>>
<<No, non possono morire.>>
Sicuramente Minho sarebbe stato colui che più avrebbe risentito della morte del fagiolino, dato che trascorrevano le giornate insieme a correre.
<<Mettiti l'anima in pace >> dissi freddo.
<<Mettiti l'anima in pace?! Dovresti essere tu il più disperato qui! Liz è entrata nel labirinto, seguita da George!>>
<<CREDI CHE NON L'ABBIA CAPITO?!>>
Mi alzai in piedi e gli andai a pochi centimetri dal viso, facendolo sussultare.
<<L'unica mia ancora di salvezza si è appena suicidata. Ora dimmi, credi che io non sia disperato?! Sto cercando di non dare di matto anche se è evidente il fatto che io non ci stia riuscendo. Ti devo forse ricordare cos'è successo l'ultima volta in cui mi sono sentito così? Eh?! Te lo devo ricordare?! O forse preferisci una dimostrazione pratica? Perché sarei felice di unirmi a quei due pazzi suicidi!!>>
Una terza voce ci interruppe. Quella ferma e rauca di Alby.
<<Smettetela subito! Adunanza d'emergenza.>>

Pov di Elisabeth
Io e George stavamo camminando da circa un'ora.
Lui era arrivato da poco e non sapeva praticamente nulla del labirinto, nonostante fosse un velocista.
La nostra arma era un pugnale che nessuno dei due sapeva usare e l'unica idea che avevamo elaborato era quella di stare vicino all'entrata.
Il labirinto si faceva sempre più buio e stavamo per addormentarci, sperando per lo meno di essere uccisi in modo indolore durante il sonno.
Era chiedere troppo.

Sentimmo un urlo che ormai conoscevo troppo bene: quello di un Dolente.
<<Dobbiamo correre!>>
George mi afferrò il polso e ci lanciammo in una serie di svolte che cercai di memorizzare. Perché? Non lo so.
Destra, sinistra, sinistra, destra, sinistra, destra.

Il dolente era dietro di noi.
Ci nascondemmo dietro ad un muro, pronti a scappare se ce ne fosse stato bisogno.
Eravamo immobili. Non sentivo neanche il nostro respiro; l'unica cosa che sentivo erano gli stridori metallici che sfregavano tra loro come coltelli, un ronzio regolare e un odore di bruciato che sarebbe riuscito a carbonizzarmi tutti i peli del naso se lo avessi inalato con troppa foga.
Quando la figura ci fu davanti vedemmo lunghe punte che uscivano fuori dal suo gigantesco corpo viscido, coperto da una strana peluria.
Era la cosa più orripilante che avessi mai visto, un esperimento mal riuscito, un insieme di ferro e carne putrida.
Ero come paralizzata davanti al Dolente anch'esso fermo.
Fa che sia cieco. Fa che sia cieco. Fa che sia cieco...

Ci sperai fino all'ultimo, poi George mi afferrò il braccio e ricominciò a correre sempre più lontano dall'entrata.
Il dolente ci seguiva e sembrava essere sempre più veloce, ma George si muoveva con scatti rapidi che ci fecero prendere vantaggio.
<<Okay, ora ci arrampichiamo>>
Annunciò il ragazzo, col fiatone.

Usammo l'edera come corda, anche se ci logorava lentamente le mani, e salimmo sui muri più bassi.
Con mio enorme terrore (andiamo, me lo sarei dovuto aspettare) scoprimmo che i Dolenti erano degli abili arrampicatori.
Passammo di muro in muro facendo salti di cui non mi reputavo in grado...infatti ad un certo punto le mie gambe cedettero, ed io caddi.
<<Liz, ti prego riprenditi!!>>
George era davanti a me, pallido e fuori di sé dalla paura.
Mi aveva appoggiata alla fredda pietra. I miei pantaloni squarciati rivelarono ferite sanguinolente che iniziarono subito a bruciare.
Non ho tempo per pensare a questo. Dobbiamo correre.

Il Labirinto iniziò ad essere meno buio e per George fu più facile orientarsi.
Naturalmente non potevamo essere così fortunati.
Svoltato l'ennesimo angolo ci ritrovammo il Dolente davanti, che si avventò sul mio amico.
Agii d'istinto.
Con entrambe le mani tenni il pugnale ben stretto e saltai sopra al dolente, affondandoci l'arma con tutte le mie forze.
Il mostro gemette e mi scaraventò a terra con una delle sue appendici.
Battei la testa, ma questo  non mi impedì di ripartire alla carica.
Il povero George urlava, mentre il dolente lo teneva arpionato a terra e si preparava a traffiggerlo con una lama lunga quanto me.
Non posso permettere che George diventi uno spiedino solo perché è stato così stupido da entrare nel labirinto per salvarmi la vita. Non è giusto.

Perciò mi lanciai davanti a lui, facendogli da scudo.
Sentii la punta del dolente scavare nella mia schiena, ma almeno riuscii ad evitare quella tortura al poveretto sotto di me.
<<Scappa! Dì a Newt che lo amo anche io e a Minho che gli voglio bene. Dì la stessa cosa a Clint e ordina a Jeff di non stressare troppo quel ragazzo. Hai capi->>
Il Dolente scavò sempre più in profondità. Cacciai un urlo e pensai seriamente che sarei stata trapassata da parte a parte, come quei polli arrosto che si trovavano nei supermercati.
Poveri polli...ora si che li capisco, ma io sono mai entrata in un supermercato?
George sgusciò via dalla stretta del Dolente e corse fuori dal mio campo visivo.
Io mi girai e guardai il mostro dritto in "faccia".
Non sapendo dove colpire, affondai il pugnale in un punto a caso.
Sentii la mia pelle entrare in contatto con la carne viscida dell'essere, e non appena vidi che aveva iniziato a gemere e a mollare la presa, iniziai a correre.

Non avevo una direzione, ma in compenso avevo la faccia coperta di sangue. Sapevo di essere stata ferita in pieno volto ma non mi importava.
Ignorai il dolore, ignorai la puzza, ignorai i crampi, ignorai la stanchezza; l'unica cosa che non ignorai fu il desiderio di tornare da Newt

C.A.T.T.I.V.O. non è buonaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora