Capitolo Trentanove

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Il buio che ci circonda mi fa ritornare in mente il buco nero che mi ha risucchiata nei primi mesi dopo la morte dei miei genitori, quello stesso buco nero che si è cibato della mia solitudine e del mio dolore per più di cinque mesi. Quello stesso buco nero che, dopo il prima bacio di Trevor, ho iniziato a lasciarmi alle spalle, ho iniziato a dimenticare della sua esistenza, non mi ha più tormentato.

Questa oscurità non mi riserva brutti scherzi. Chiudo gli occhi e non vedo i miei genitori stesi su quei lettini sterili in quella candida stanza d'ospedale. Le labbra di Trevor, proprio in quel punto sensibile leggermente sotto l'orecchio mi fanno vedere delle scintille dietro le palpebre. La musica assordante non mi fa estraniare dal presente ma amplifica il tocco delle dita di Trevor sulla mia pancia nuda.

Non vedo nessun buco bianco in lontananza, forse ancora non sono arrivata a meritarmelo, a meritarmi la luce e la felicità, ma ciò che importa è che l'oscurità sta lentamente allentando la sua presa su di me.

Tray è la mia cura, io sono la sua. Ci risaniamo le nostre anime a vicenda, dal dolore, dalle delusioni, dai problemi. Se c'è lui, e sta bene, a me non importa d'altro. Per questo tengo gli occhi chiusi così che gli altri quattro sensi possano essere amplificati e, dopo aver buttato la sua maschera a terra, immergo una mano tra i suoi capelli morbidi. Gli sfioro le ciocche con le dita, glieli scosto dagli occhi, gli accarezzo la tempia, la guancia, la mascella, le labbra, il collo e lui me lo lascia fare mentre le sue mani non si fermano un attimo, lui rimane di fronte a me, sussurra il mio nome.

Inspiro, mi inebrio del suo profumo dolce. Mi lascio cullare dalla sua presenza, il suo calore mi riscalda. I suoi respiri sono tanto forti quanto la musica. Mi posa una mano sulla schiena, mi attira a sé e io sfrutto il senso che ancora non ho utilizzato, il gusto. In punta di piedi, elimino la distanza tra i nostri corpi, e parto a leccargli il collo, per tutta la sua lunghezza, fino alla mascella. Lo sento trattenere il respiro.

La sua mano lascia la mia schiena per farsi strada verso la guancia, mi costringe ad alzare il mento verso l'alto, scendo verso il collo con la presa e sento le sue labbra sulle mie, possessive, aggressive. Mi attaccano come se stessero marcando il territorio, come se non sapessero che questo territorio è già loro, lo è da settimane ormai.

Gli porto entrambe le mani sulle guance e lo attiro a me. Non credo avrò mai abbastanza di lui, più siamo vicini più voglio stringerlo a me. Più ci baciamo più voglio assaporare ogni angolo della sua pelle. Non potrò mai fare a meno della sua voce suadente che sussurra nel mio orecchio, né delle sue dita esperte che si fanno strada dentro di me.

Mi sono riempita di lui, ogni mio senso inebriato dal suo essere. Decido di aprire gli occhi, di godermi i suoi lineamenti anche se i miei occhi potranno percepire poco e niente.

Non vedo molto, ma basta il verde dei suoi occhi per farmi sentire a casa. Le sue labbra carnose sulle mie per farmi sentire al sicuro. Le sue braccia intorno al mio corpo per farmi sentire voluta bene.

Mi sento come in una bolla. Non so cosa stia succedendo intorno a noi e non me ne importa nemmeno. Ciò di cui mi importa è proprio davanti a me.

"Kat..." sussurra. "Vorrei poter non dovermi mai staccare da te." Da voce ai miei pensieri. "Sei scomparsa dalla mia vita per tre anni, avevo iniziato a sopravvivere senza di te. Sei tornata come un tornado e adesso non voglio più vivere senza di te. Sei sempre stata l'unica cosa bella della mia vita. A volte mi ritrovo a ringraziare la sorte che hanno subito i miei genitori perché quello mi ha portato dai King, mi ha portato da te. È un pensiero brutto da avere lo so, ma tu, mia Imperatrice, non hai idea della luce che hai portato nella mia vita. Mi hai risucchiato nel tuo mondo e, più cercavo di allontanarti, più mi attiravi a te," il suo buco bianco. "Mi dispiace averti attirato in questo mio mondo brutto e cattivo, ne avrei davvero fatto a meno, ma sono stato egoista, non sono riuscito a rinunciare a te." Rafforzo la mia presa sul suo viso senza volerlo, come a trasmettergli un messaggio. Ormai che ci siamo trovati non ho intenzione di lasciarlo. "Ti amo," le sue labbra sono di nuovo sulle mie, non mi dà la possibilità di rispondere, non mi da neanche la possibilità di respirare.

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