Capitolo 6 ~ Grida e lampi

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∆ RATRI ∆
Una settimana dopo.

Una linea biancastra era tutto ciò che mi lasciavo alle spalle a tracciare il mio incedere. Mi spiego: mi trovavo in aeroplano, diretto verso Milano Malpensa, in un economico volo nell'orario più scomodo concepito dall'essere umano. Quantomeno, avevo il posto vicino al finestrino e potevo ammirare il nascere del nuovo giorno, dall'apice del cielo terso al mare blu metallico, chilometri più in basso.

Scoccai un'occhiata invidiosa al mio vicino di posto, un uomo sulla quarantina il cui suino russare mi teneva compagnia da due ore.

La turbolenza di quel volo era situata solo nei pensieri che mi impedivano di assopirmi.
Serrai gli occhi, cercando di allontanare il ciclo di immagini che lampeggiavano dietro le palpebre.
La tempesta di fulmini che si era scatenata senza preavviso. La scia di distruzione che aveva lasciato dietro di sé, marcando un percorso che non poteva essere spiegato dai venti. Le vittime, i paramedici che si affollavano attorno alla macerie di edifici e monumenti distrutti, per salvare i feriti che ne i soccorsi riuscivano a estrarre.
L'incantesimo di mia nonna, che avevo imparato quando avevo sette anni.

Lui. Hjörtur. Lo sconvolgente contatto con il suo corpo da dio nordico...

L'inspiegabile ondata formicolante che mi aveva attraversata, riversandosi nel suo petto. Ero certa di non essere impazzita... Il suo sussulto mi aveva provato che anche lui aveva percepito qualcosa.

Non riuscivo a capacitarmi di essere stata tanto stupida da scendere dalla macchina per invitare all'interno quell'ingrato energumeno, che coerentemente mi aveva aggredita. Assecondarlo nella sua follia e ripetere l'incantesimo, in quella situazione di vita e di morte, mi era sembrata l'unica soluzione per levarmelo di dosso...

Non mi sarei sognata, neppure dopo un'indigestione all'All-you-can-eat, che la tempesta si placasse veramente.
Non potevo essere veramente stata io... vero? Chi era quell'uomo!? Come diamine aveva fatto sparire nel nulla così!?

Nulla di quanto era successo aveva senso... Lydia aveva avuto ragione a dare di matto, ma io non avevo una spiegazione per lei. L'intera Los Angeles era piuttosto scossa dopo l'accaduto, a dirla tutta, e alcuni membri del cast erano rimasti feriti dopo che una tettoia gli era crollata in testa.

Le ragioni per cui avevo due settimane libere per andare a trovare la mia famiglia erano dunque tutto fuorché allegre, ma al momento riabbracciare i miei genitori e quei rompiscatole dei miei fratelli e cugini era la sola cosa che potesse farmi sentire meglio.

Il viaggio sarebbe durato ancora due ore e mezza, però, e la spirale negativa dei miei pensieri stava già grattando il nucleo terrestre. Conoscendomi, ero in grado di farla scendere oltre, finché non avrebbe fatto capolino dal Giappone, ai piedi di un samurai.

Determinata a distrarmi, estrassi il mio tablet dalla custodia in pelle sintetica bianca. Prima di realizzare pienamente dove le mie dita mi portavano, mi ritrovai a far indugiare l'indice su un particolare PDF.
La scritta "Grimorio" pareva lampeggiare davanti ai miei occhi.

Si trattava della copia digitale del mattone che mia nonna mi aveva regalato per il mio quattordicesimo compleanno. Un libro quasi totalmente in bianco, ma che mi aveva sempre messo i brividi. In copertina avevo posto una foto.

 In copertina avevo posto una foto

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