Da quando mi sono trasferita qui, ogni sera mi concedo una passeggiata in questo nuovo quartiere in cui mi sento a mio agio. Sono rilassata e assorta nei miei pensieri quando, affiancando un vicolo, dei rumori attirano la mia attenzione. Assottiglio gli occhi per mettere meglio a fuoco le ombre e distinguo una ragazza mezza nuda tra due uomini. Mi blocco all’istante perché credo che abbia bisogno d’aiuto, sto per urlare qualcosa quando vedo chiaramente che non è in pericolo, anzi, si sta strusciando sui due corpi che la stanno toccando ovunque. Avvampo per la vergogna e stringo nella mano il crocefisso. Resto imbambolata a fissare i loro movimenti e mi ritrovo a pensare di voler essere al suo posto. Scuoto la testa per scacciare questi pensieri impuri e corro via da lì, devo pregare nostro Signore, ho bisogno di calmare il battito del mio cuore tra i banchi di una chiesa. Entro che ho il fiatone, mi guardo attorno, c’è una suora, vado da lei, deglutisco un paio di volte e le chiedo: “Buonasera sorella, ho bisogno di confessarmi.” Lei mi guarda con cipliglio severo e percorre la mia figura e questo mi infastidisce e non ne capisco il motivo.
“Non è orario di confessioni e poi Padre Lucian non è in sacrestia!”
Il modo perentorio con cui ha risposto mi fa desistere da qualunque proposito avessi, mi giro per tornare sui miei passi quando, una voce profonda mi blocca sul posto. “Sorella Annette può andare adesso.” Ruoto su me stessa e spalanco la bocca per la sorpresa, di fronte c’è il Dio dell’olimpo in persona vestito di nero stringendo la Bibbia tra le mani: è biondo, alto con un fisico longilineo, naso dritto labbra leggermente carnose e gli occhi grigi.
“Buonasera, a quanto pare mi è parso di capire che hai bisogno di parlare con me. Andiamo nel mio ufficio. Seguimi!” dice con tono imperioso, io abbasso la testa e lo seguo.
Faccio come dice senza proferire parola. Attraverso una porta, ci ritroviamo in uno stretto corridoio poco illuminato, osservo i quadri appesi alla parete che rappresentano la via Crucis e non mi accorgo che padre Lucian si è fermato fino a quando non vado a sbattergli contro. Si volta, mi fissa, avvampo. “Mi scusi Padre”. Mi sorride e apre una porta chiusa a chiave e mi fa segno di entrare. Titubante osservo l’ambiente. Al centro del suo ufficio è posizionata una grande scrivania di legno da cui spunta lo schienale di con una poltrona in pelle nera mentre, davanti, sono sistemate due poltroncine più piccole. Padre Lucian fa il giro e si accomoda, sempre più in imbarazzo resto impalata davanti alla porta e mi torturo le mani guardando il pavimento.
“Accomodati, dimmi, cosa ci fa una delicata farfallina come te a quest’ora in una chiesa a cercare un padre confessore?” Lecco le labbra secche e sollevo lo sguardo su di lui che ha uno strano luccichio negli occhi, istintivamente mi fa stringo le gambe.
“Padre, sono venuta qui perché ho avuto pensieri impuri.” Non riesco a parlare, ho la gola secca, e il cuore in tumulto.
“Descrivimi questi pensieri…impuri” chiede con voce bassa e roca.
“Fare sesso con due uomini” sto tremando, e ripenso alla scena che ho visto in quel vicolo e mi eccito ancora di più.
“Non sono pensieri adatti a una giovane donna come te, dovrai fare penitenza.” Spalanco gli occhi dinanzi alla sua affermazione.
“Penitenza?” la mia voce trema.
“Non ti ho dato il permesso di parlare”, abbasso gli occhi sulle mie mani.
“Come ti chiami ragazzina?” domanda severo.
“Lilith”
“Bene Lilith, vieni da me”, non so perché ma eseguo il suo ordine.
“Inginocchiati”, lo faccio.
“Devi espiare il tuo peccato. Metti le mani con i palmi rivolti verso l’alto” eseguo il comando non oso alzare lo sguardo da terra, i miei sensi sono in allerta, cercando di capire cosa stia per succedere. Il tonfo del cassetto che si chiude mi fa sobbalzare leggermente, ma mantengo la posizione nonostante lo stomaco stretto in una morsa.
“Sollevati e poggia il petto sulla scrivania rivolgendo il tuo meraviglioso culo verso di me.” La sua voce roca mi entra dentro facendomi tremare, non per la paura ma per l'eccitazione. Mi sollevo lentamente e
eseguo il suo ordine, quando sono in posizione, sento la sua presenza alle mie spalle. Abbassa la zip della gonna e la fa scivolare a terra, lasciandomi esposta ai suoi occhi. La sua mano percorre leggera il mio fondoschiena.
Mi sfugge un gemito dalle labbra e lui in risposta mi assesta una forte sculacciata che mi fa sussultare per il dolore. La sua punizione continua, sempre più forte senza tregua, il dolore e il piacere si mescolano in un mix micidiale facendomi bagnare come non mai. Non so per quanto tempo si sia accanito sul mio povero sedere, ma tiro un sospiro di sollievo quando l'aria fresca allevia un po' il bruciore. Infila una mano tra le mie gambe, so cosa troverà ma invece di provare imbarazzo, mi sento potente e finalmente libera.
“Sei fradicia Lilith, non vedo l’ora di immergermi nel tuo calore bagnato” ha il fiato grosso, mi afferra per i capelli e mi fa sollevare. “Ora il tuo culo è ancora più bello”.
Lo guardo negli occhi che adesso sembrano mercurio liquido. Con la mano libera inizia a sbottonarmi la camicia bianca, con un tagliacarte mi divide in due il reggiseno e afferra in bocca un capezzolo, mordendolo. Inclino la testa e gemo per il piacere.
“Inginocchiati, e prendilo in bocca”
Mi inginocchio, allungo le mani verso i suoi pantaloni glieli sbottono e li abbasso con i boxer. Il suo membro è duro e grosso, mi lecco le labbra e inizio a leccarlo lentamente, lo prendo in bocca piano succhiando avidamente, sento i suoi gemiti e mi faccio più audace cercando di prenderlo tutto.
“Basta!” mi prende di peso e mi fa sedere sulla scrivania, sussulto per il dolore, mi allarga le gambe con brutale bramosia ansimo più forte quando mi strappa definitivamente gli slip.
“Lo vuoi?” il suo cazzo scorre tra le mie labbra bagnate facendomi rabbrividire, annuisco mordendomi il labbro inferiore.
“E allora prendilo fino infondo”, con una spinta mi penetra, urlo dal dolore e dal piacere, inizia a martellare dentro di me come una furia. Infila una mano tra le gambe stimolandomi, non ne posso più, sento l’orgasmo salire sempre di più. Lui aumenta il ritmo delle spinte e preme più forte sul mio clitoride, avverto un calore insostenibile salire nel mio corpo fino a raggiungere l'orgasmo che tanto rincorrevo, mi accascio sulla scrivania come una bambola di pezza, mentre Lucian con un ultima spinta si libera dentro di me.
Sono sudata, affannata distrutta ma soddisfatta.
Si sfila da me e nel farlo mi sfiora il ventre con le labbra, provocandomi un brivido.
“Lilith, dobbiamo andare prima che il vero padre arrivi. Dai vestiti così possiamo continuare a casa”.
Scendo dalla scrivania, e inizio a vestirmi.
“Come hai fatto ad ingannare la suora?”
“Mi è bastato indossare questo collarino”. Sorride trionfante lo stronzo del mio ragazzo. Quando siamo pronti usciamo dall’ufficio e poi dal retro della chiesa. Arrivati in strada lui si avvicina alla Ducati parcheggiata, mi passa il casco e monto sulla moto dietro di lui che parte ridendo come un matto. Chissà la prossima volta cosa si inventerà penso mentre con la mente torno a quella ragazza in quel vicolo. Stasera ci siamo divertite entrambe.
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Only For One Night
ChickLitQuesto racconto è nato per caso in una serata dove tutto sarebbe potuto succedere, dove non vi sono limiti di alcun genere, e dove la libertà la faceva da padrone. In una notte può succedere di tutto, i santi diventano diavoli e la lussuria e il pe...