CAPITOLO 17

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Tornati in albergo ci siamo riuniti tutti nell'area ristoro, riservata esclusivamente alla squadra. Un tavolo lungo, posizionato a ferro di cavallo, è apparecchiato in maniera accurata in una zona dell'ampia sala rivestita di marmo sui toni aranciati.
Quando faccio il mio ingresso nell'ambiente, lancio un'occhiata alla tavola per trovare un posto libero, possibilmente lontano dagli occhi indiscreti di Giovanni e della sua "fidanzata".
<<È troppo se ti chiedo di sederti accanto a me?>>
La voce di Pierluigi mi sovrasta da dietro e istintivamente sorrido, senza sapere perché.
<<No, va bene>>
Mi volto nella sua direzione e vengo inaspettatamente travolta da un profumo buonissimo, anche se non riesco a decifrarne la fragranza.
Gollini poggia una braccio sulle mie spalle e insieme raggiungiamo un'estremità del tavolo. Ci sediamo ad un posto di distanza dal capotavola, posto che sicuro sarà occupato da mio padre e, sentendomi leggermente in imbarazzo, inizio a guardarmi intorno.
<<Piaciuta la partita?>>
La voce del portiere cattura la mia attenzione e le labbra mi si asciugano quando mi accorgo del modo in cui mi sta guardando.
<<Si, siete stati grandi>>
Rispondo, facendo comparire sul mio volto un'espressione compiaciuta, anche se in realtà la partita non l'ho minimamente vista, lui però sembra credere alle mie parole e continua a guardarmi negli occhi senza dire nulla, limitandosi semplicemente a sorridere.
<<Sono occupati questi posti?>>
Alzo lo sguardo e incrocio per una frazione di secondo gli occhi di Giovanni.
<<No, sono liberi, accomodatevi pure>>
Risponde prontamente Pierluigi, spostando di poco la sedia per fare sedere Clarissa accanto a lui mentre il posto a capotavola viene occupato dal capitano della squadra. Cerco di non guardare alla mia destra, nella direzione del numero 22, guardo davanti a me e quasi mi spavento quando al mio fianco si siede Alessio.
Guardo il biondo e gli sorrido in maniera gentile, come per salutarlo e sussulto quando sento il calore della mano del ragazzo seduto alla mia destra sulla mia coscia. Guardo prima la sua mano e poi i suoi occhi, non so cosa dire, resto pietrificata e mi immobilizzo ancora di più quando alzo lo sguardo su Giovanni e noto che anche lui si è accorto del gesto appena compiuto da Pierluigi.
<<I...io vado un attimo a cercare mio padre, scusatemi>>
Dico nervosa pur di liberarmi da questa situazione imbarazzante, poi faccio scivolare la sedia all'indietro e mi alzo tirando un sospiro di sollievo.

Raggiungo il giardino dell'albergo per prendere una boccata d'aria, ma stare da sola e avere un po' di tranquillità è davvero difficile, soprattutto quando, al di là dei cancelli che circondano l'intera struttura, ci sono numerosi tifosi intenti a dare sfogo alla loro felicità.
Faccio per tornare indietro, ma nel voltarmi finisco addosso a qualcuno.
<<Scusa non ti avevo vi...>>
Alzo gli occhi da terra e incrocio lo sguardo sereno e brillante di Gollini.
<<Oh, sei tu>>
Continuo, quasi rincuorata dal fatto che fossi andata a sbattere addosso a lui e non addosso a qualcuno altro. Le sue mani finiscono sulle mie spalle mentre i suoi occhi continuano a scrutarmi curiosi e attenti.
<<Qualcosa non va, non è così?>>
Era così evidente?
<<So che non ci conosciamo bene e che forse non dovrei essere così invadente, ma se c'è qualcosa che non va, puoi parlarmene>>
Il suo tono di voce si addolcisce sempre di più, non avrei mai pensato di dirlo, ma questo suo lato premuroso e gentile non mi dispiace affatto.
<<Gollini!>>
Alcuni tifosi lo chiamano da lontano e poco dopo danno vita ad un coro dedicato totalmente a lui.
<<Torno subito>>
Mi dice, prima di avviarsi verso i sostenitori della squadra, lasciandomi da sola in un angolino. Inizio a sentire lievemente freddo lungo le braccia, così torno all'interno dell'albergo, dirigendomi nuovamente nella sala ristoro.
Lancio un'occhiata al mio posto a sedere e dopo essermi resa conto che la felice coppietta formata da Giovanni e Clarissa non è più seduta a tavola, torno a sedermi. Passo alcuni minuti a scrollare lungo la bacheca di Instagram e quando alzo gli occhi dal display mi rendo conto che i festeggiamenti si sono spostati dalla parte opposta della sala, dove i calciatori hanno appena iniziato a comporre un simpatico trenino, uno di quelli che si formano anche la sera di Capodanno e il capotreno è proprio Giovanni.
Focalizzo la mia attenzione su di lui, la maglia bianca del Napoli gli fascia alla perfezione l'intero busto, la parte bassa di quest'ultimo è stretta da una cintura blu, che richiama i colori della squadra e il modo in cui si muove e i suoi occhi mi mandano fuori di testa, ma purtroppo quello che fino a qualche giorno fa credevo potesse essere l'inizio di una presunta conoscenza, ora mi si è frantumato sotto i piedi.
Dopo un giro di sala fatto di schiamazzi e gioia, il capitano sale in piedi sulla sedia su cui era seduto fino a qualche minuto fa, dando inizio ad un discorso da vincitore del premio oscar.
<<Vorrei dire una cosa>>
Inizia a parlare portando il dito alle labbra e guardando i suoi compagni uno ad uno.
<<Ad inizio anno nessuno credeva in noi, nessuno!>>
Continua accompagnando le parole con un movimento circolare della mano.
<<Ma attraverso il lavoro e il sacrificio siamo riusciti a raggiungere un risultato incredibile>>
Nel parlare si guarda intorno e d'un tratto sposta lo sguardo anche su di me, mandandomi in tilt totale.
<<Nel calcio si sa può succedere di tutto, chi va via chi resta, ma questo successo ci unirà per sempre>>
Si ferma e prima di andare avanti lancia uno sguardo verso mio padre, intento ad ascoltare con attenzione le parole del capitano.
<<Forza Napoli!!!>>
Urla alla fine del discorso, venendo seguito da tutti gli altri

PASSO A DUE - Giovanni Di LorenzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora