56 - Segreti (III)

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Claire

Non poteva essere successo davvero.

Guardai l'asciugamano accartocciato vicino ai miei piedi scalzi e la maglietta nera che mi sfiorava le cosce, cercando un'alternativa che spiegasse la loro presenza lì, perché non era possibile che Christian mi avesse spogliata senza dire una parola. Ed era ancora più assurdo che io non mi fossi opposta, come se non avessi il pieno controllo sul mio corpo.

Avevo sollevato le braccia come se lui mi conoscesse meglio di me stessa, come se avesse messo in conto che quella sarebbe stata la naturale conseguenza del suo gesto, l'unico possibile risultato di una formula matematica che conosceva a memoria.

Già, perché io lo avevo assecondato ed era successo davvero.

Il calore intrappolato nella sua maglietta, il suo profumo inconfondibile, il piccolo logo dell'università di Boston proprio all'altezza del cuore... erano tutti segnali inconfutabili di ciò che era accaduto solo qualche istante prima.

Inspirai profondamente, cercando di controllare i nervi. Non sapevo quando avevo pensato che andare a casa sua e farmi una doccia nel suo bagno fosse una buona idea, ma era evidente che la mia capacità di giudizio non fosse poi così acuta, ultimamente.

Lanciai un'occhiata alla porta che separava la camera dal salotto, chiedendomi se fingere di andare direttamente a dormire fosse poi un'idea così malvagia. Non mi ci vedevo proprio a tornare in quella stanza e fare finta di niente, ma la realtà era che non mi andava neppure di lasciar cadere completamente il discorso.

Non avevo fatto altro che scappare negli ultimi due anni. Avevo evitato lui, la sua famiglia, i nostri amici. Ero diventata un'isola nel tentativo di proteggermi, ma ero anche diventata arida e distante con tutti. A volte avrei solo voluto indietro la vecchia me, quella che non aveva paura di ferirsi, quella che continuava per la sua strada consapevole che alla fine avrebbe dovuto picchiarci il naso da sola. Non sapevo neppure più dove trovarla, ma mi mancava.

Raccolsi l'asciugamano e lo appoggiai accanto alla maglietta di Logan senza soffermarmi troppo a guardarla. Tenere quella di Christian mi sembrava un tradimento enorme nonostante nella realtà io non dovessi niente a nessuno dei due, qualcosa però m'impediva di cambiarmi.

Quel pensiero mi metteva sufficientemente a disagio da farmi decidere di uscire dal mio nascondiglio, prima di alimentare quelle paranoie. Quando rientrai in salotto, Christian stava armeggiando nella zona cucina. Era ancora a torso nudo e per un attimo mi ritrovai a cincischiare sulla soglia, incapace di proseguire.

No, mi rifiutavo di battere in ritirata, la Claire di qualche anno prima non l'avrebbe mai fatto. Circumnavigai il divano ad angolo e mi fermai poco prima dell'isola, lasciandola tra di noi perché in fondo, forse, avevo comunque bisogno di un diversivo.

Nonostante l'acqua che scorreva nel lavandino Christian doveva avermi sentita arrivare, perché vidi le sue scapole contrarsi e tendersi prima di continuare a sciacquare alcune ciotole della colazione. «Sto scaldando i maccheroni al formaggio» disse in tono piatto, accennando con la testa al microonde incastrato nella colonna forno. «Spero che ti piacciano ancora».

Mi appoggiai al piano in quarzo, continuando a osservare la sua nuca perché lui si ostinava a darmi le spalle. «Cucini spesso?» chiesi, imitando il suo tono disinteressato.

«Solo quando voglio evitare di morire di fame».

Un sorriso s'impossessò delle mie labbra. «Quindi posso sperare di sopravvivere alla cena?».

Christian sollevò le spalle. «Dipende a cosa sei abituata, principessa. Io non garantisco nulla».

Provai a ignorare la pelle d'oca che mi aveva ricoperto la schiena. Christian mi chiamava con uno stupido nomignolo e nella mia testa già m'illudevo che le cose tra di noi fossero tornate normali. Forse, però, "normali" non lo erano mai state.

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