34. Il rituale

25 5 10
                                    


Un macigno mi tiene agganciata a terra. Sono legata da una corda invisibile. Piano piano avverto la consistenza morbida della superficie su cui sono poggiata. Uno scatto in avanti involontario mi riporta in vita. Getto litri d’acqua dalle labbra aperte, sento il flusso caldo che spinge da dentro di me. È lui che chiede di fuggire, come se ci fosse qualcosa da cui scappare. Dolori lancinanti tengono alta la mia soglia di attenzione. Quando tutta l’acqua è riversa nella sabbia i miei polmoni si riempiono d’aria, strappandosi in mille ferite.

Comincio a percepire i suoni, più che altro terribili rumori, accompagnati dalle urla della gente.

Non ho la forza di aprire gli occhi, mi stendo ancora senza forze.

Ascolto parole, senza capirle.

Qualcuno mi tocca, mi accarezza. Mi stringe.

I miei occhi sono pesanti, non voglio sforzarmi ancora. Mi lascio cullare da un abbraccio che non vuole mollarmi. Il suo profumo mi assale, mentre mi chiama ripetutamente.

Adesso riesco a sentire cose sconnesse, senza capire cosa accade realmente. Mi sento trasportare, ma senza nessuna voglia di interagire. Possono fare quello che vogliono di me.

Non so dire quanto tempo passo in questo stato, una semi coscienza che stento a gestire.
Quando sento le gambe e le braccia piene di spilli, apro gli occhi con un profondo respiro. Sento un suono alternato, tipico del battito cardiaco. Sono di nuovo bloccata, stavolta a un letto. Mi guardo intorno, cercando di mettere a fuoco ciò che ho vicino. La mia mano destra è stretta in una morsa.
Provo a divincolarla, ma la sento stringere di più. Si blocca il respiro, ricordo cosa mi teneva soggiogata. Il nero.
La mano viene liberata per un abbraccio affannato. Il profumo di terra, misto a clorofilla fresca lo riconoscerei ovunque

“Sei tornata. Grazie padre, grazie.” Mi dice.
Una mano mi liscia i capelli arruffati ancora salati. La mia voce vorrebbe lanciarsi al suo inseguimento, ma non esce. Sento un pizzicore tormentarmi la gola. Alla fine opto per un sospiro d’aria.
Socchiudo le palpebre, quel poco che basta a far entrare chiarori indefiniti. La luce molesta i miei occhi che pungono, ma mi dà prova che il mio desiderio è realtà: lui è qui. Dion mi accarezza la guancia con degli occhi gonfi e scuri.

“Co-cosa…?” Tento di fare uscire parole che raschiano la gola come artigli affilati.

“Tranquilla, è tutto a posto. Ti stanno tenendo in osservazione, ma stai bene. Appena riuscirai ad alzarti ci diranno se potrai tornare a casa. Tu come ti senti?” Sorride, ma la voce trema.

“Dion, scusa. Non dovevo andare li…” Prendo aria a fatica, dopo averla consumata tutta in un attimo per lo sforzo. “Volevo… tirarmene fuori… giuro.”

Mi stringe le mani e agita la testa, tenendola bassa. “No, Aura, no. Non parliamo di questo. Hai fatto una cosa stupida ma ora non pensiamo a questo. Dimmi cosa hai visto lì, in mare…”

C’è qualcosa che non vuole dire. Prendo coraggio per un altro grosso respiro. Ho un fiume in piena dentro che deve straripare, domande su domande. Ho appena vissuto una situazione fuori dal comune, non è stato un incidente.  Devo capire cosa è accaduto. I polmoni fanno di nuovo male, ma già si stanno svuotando tentando di coinvolgere le corde vocali.

“C’era qualcosa li sotto…” Respiro ancora. “O qualcuno. Ha parlato...” Un altro respiro. Ce la posso fare. “Era tutto nero. Non avevo possibilità di muovermi.”
“Aspetta, aspetta. Calmati.” Mi sorregge la testa per mettermi comoda, con la schiena su. “Aveva ragione!” Stringe i denti, distogliendo qualche secondo lo sguardo. “Mi devi raccontare tutto, ma dall’inizio. Ce la fai?”
“Si.” Rispondo secca. Poi un dubbio mi coglie. “Cosa pensi sia successo? Non ho avuto un malore…”
“Lo so.” Mi interrompe Dion. “Ne ero sicuro.”
“Allora perché non riuscivo a nuotare? Non mi era facile muovermi, avevo la sensazione di essere trattenuta.” Mi sforzo, cercando di ricacciare le lacrime. “Ho visto… Mi sono tuffata e subito il mare è diventato nero come una nuvola, si muoveva veloce. All’improvviso ho sentito una voce che mi parlava, non vedevo nessuno però…” Dico prendendo la rincorsa. Mi blocca Dion con il suo pollice sulle labbra, il palmo mi riscalda la guancia.
“Non devi giustificarti, io ti credo. Capirò cosa è successo. L’importante è che tu stia bene e che possa tornare a casa. Al resto penso io. ” Mi bacia dolcemente, il suo fiato caldo sul mio viso mi rassicura. “Io ed Helena-”

Nella mia natura Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora