Capitolo 11

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Gli saltai addosso, piangendo.
Non avrei mai pensato che il mio migliore amico avrebbe potuto farmi una sorpresa del genere, soprattutto in quel periodo.
E invece l'aveva fatto, da Detroit era riuscito a venire ad Orlando da me.

"Non posso crederci, Cal. Non posso."

Lo sentii ridacchiare sotto il mio fortissimo abbraccio e mi accarezzò la testa.
Mi erano mancate le sue mani scure e morbide a contatto con la mia pelle, la sua voce profonda e roca non pronunciata attraverso gracchianti linee telefoniche distanti e disconnesse.
Mi era mancato il suo profumo amaro che mi inondava la pelle e che mi restava impresso come un adesivo.
Mi era mancato Calum, il mio solo e unico migliore amico.

"Sei così diversa, Tea. Mi sei mancata da morire e sono felicissimo di vederti di nuovo dopo tutto questo tempo. È stato un lungo viaggio, ma finalmente ce l'ho fatta. Ti è piaciuta la sorpresa?"
Mi chiese, mentre lo guardavo negli occhi scuri grandi e scintillanti.

"Certo che mi è piaciuta. Non potevo desiderare sorpresa migliore." Lo strinsi di più nel mio abbraccio e, finalmente, mi sentii a casa.
Dicono tutti che la tua casa si trova dov'è il tuo cuore, e il mio ce l'aveva lui.
La persona più importante della mia vita.

Lo feci entrare in casa, e lui si guardò intorno, sorridendo. Probabilmente si era accorto che non fosse cambiato niente dall'ultima volta che aveva messo piede nella mia casa, ma non c'era da meravigliarsi perché non cambiavamo mai niente.
La nostra dimora era sempre la stessa.

"Quanto tempo ti fermi?" Gli chiesi, curiosa. "Starai qui?"

"Ho già parlato con tua madre," rispose, "sa tutto. Mi fermerò una settimana. Abbiamo così tante cose da raccontarci, Tea!"

"Direi di sì." Gli risposi, ridacchiando, ed iniziai ad immaginare le ultime strane conquiste di Calum.

Lui scoppiò a ridere, così, senza motivo, posò le valigie per terra e mi abbracciò di nuovo.
Ricambiai forte l'abbraccio e risi anche io.

"Scusa, Tea. È che sono troppo felice di rivederti." Mi disse, poggiando la testa sulla mia spalla.

Sospirai, tirandogli lievemente i capelli scuri. "Io non posso credere che ti abbia chiesto di tornare e tu l'hai fatto. Non posso crederci, Cal. Sei il migliore del mondo."

Alzò la testa guardandomi, mi sorrise e andammo insieme in salone, dove ci sedemmo sul divano di tela bianco.

Non era cambiato molto, dall'ultima volta che l'avevo visto.
Probabilmente era solo diventato poco più alto e anche un po' più magro, o forse era l'altezza a darmi quell'impressione.
Le sue braccia mi sembrarono molto più forti, in effetti mi aveva raccontato di essersi iscritto in palestra, di conseguenza l'allenamento che seguiva doveva essere davvero efficace.
Il modo di vestire e di atteggiarsi era sempre lo stesso, non lo avevo mai disprezzato.

Aveva percorso tutti quei chilometri per tornare da me. Calum era il migliore amico migliore del mondo, forse non lo avrei mai ringraziato abbastanza.

Si sdraiò sul divano con me accanto, che toccavo la sua maglietta e ne sentivo il dolce profumo.
"Com'è andato il viaggio?" Gli chiesi, flebilmente.

"Bene. Non è stato così lungo, alla fine. Pensavo sarebbe stato peggio." Sorrise, toccandomi la guancia. "Raccontami qualcosa, Tea."

"Prima tu." Gli dissi, ridacchiando per il leggero solletico che provocavano le sue dita sulla mia guancia arrossata.

"Ma io non ho niente da raccontarti!" Rispose, con un tono tragico. "A parte che prendo ripetizioni private di tedesco con una bomba di ragazza. Solo che è molto più grande di me ed è fidanzata. Bello vero?"

Three || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora