6. Corona di folgore

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Circe. Il Bertoldo ricordava quel nome. Aveva letto di lei nei grandi racconti che gli portava don Ruggero: cose che venivano da un'altra epoca, da un tempo in cui il Signore ancora parlava attraverso le bocche di molti dei e spiriti. La prima stria. Si dice avesse vissuto in molti posti, in molti tempi. Nessuno sapeva bene da dove fosse arrivata. Alcuni narravano che la sete di potere aveva corrotto la sua anima. Altri che aveva spinto talmente in là il suo intelletto da lasciare indietro la sua anima mortale. Altri ancora, che fosse fuggita direttamente dagli Inferi, in cui era stata chiusa o generata prima ancora che agli uomini fosse stata data la parola.

"Ah" grugnì il Bertoldo, mettendosi a sedere.

Al solito, gli doleva qualsiasi cosa, ma il dolore andava scomparendo velocemente. Si sentiva sorprendentemente riposato, come avesse fatto il miglior sonno della sua vita. L'antro era buio, tranne per qualche brace che baluginava nel focolare. Si toccò il corpo, che almeno in superficie sembrava avesse tutto al posto giusto. Era ancora nudo.

Non va bene, pensò.

Si alzò, cercando a tentoni una tenda, una tovaglia o qualsiasi cosa con cui si potesse vestire. Il suo tentativo fece più rumore che altro. Si bloccò, sperando di non aver svegliato la fada. Quando al suo baccano rispose solo il silenzio, allora riprese a cercare in giro. Grugniva e grufolava come un cinghiale che rubasse patate, sbattendo i piedi e la testa, fino quando una luce tenue illuminò uno dei corridoi che davano sulla stanza.

"Cavolo" bisbigliò, "e ora che faccio?"

Con quel buio non sarebbe neppure riuscito a ritrovare il tavolo per distendersi di nuovo.

"Vabbè, al diavolo, non sto facendo niente di male, sto solo cercando dei vestiti!"

Era la Caterina, con una lucetta che brillava sulla punta della coda, tenuta bene alzata. Nel cerchio di luce, il Berto sembrava uscire dalla terra come un verme, nudo e sporco.

"Che stai facendo?" chiese la volpe, piegando la testa.

"Sto cercando dei vestiti. Secondo te, cos'altro potrei fare?"

"Difficile prevedere cosa potrebbe fare uno sciocco" rispose lei. "Forza, visto che sei sveglio, vieni con me. Almeno non rischi di fare danni."

"E i miei vestiti?"

"Hai freddo?"

"No"

"Allora muoviti."

"Ma vorrei vestirmi lo stesso" insistette lui con poca convinzione.

"Come ti pare" e Caterina si voltò.

Visto che il buio tornava a fare la voce grossa via via che la volpe si allontanava, il Bertoldo mise da parte il buon costume.

"Aspettami!"

Inseguì la piccola volpe su e giù per una miriade di cunicoli e gallerie, alcuni aperti sul fianco della collina, altri su torrenti o abissi, che condividevano spazio e acqua con le radici di molti alberi. Infine, una ripida scalinata di pietra si aprì su uno spiazzo erboso, battuto dal vento e nascosto dai mughi. Dai lati, vedeva chiaramente che erano quasi sul cocuzzolo del colle. Davanti a loro, nel buio della notte, delle lucine distanti indicavano la posizione di alcuni piccoli paesi

"Chissà se si vede anche casa mia."

Un tuono brontolò in lontananza, seguito da un lampo.

"Non vedo temporali, però" disse riflettendo a voce alta.

"Perché non ce ne sono. È sua maestà."

"Si stava annoiando?"

"Che sciocco che sei. Una mente come la sua non si annoia mai. No, è tornata a far visita all'Infelice Collegio."

Nel cuore e nella pietraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora