1-Casa

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Le goccioline sul vetro sembrano lacrime, io ne seguo una con il dito.

Sono stanca ma non prendo sonno, poggio la testa sul sedile, chiudo gli occhi e provo a dormire.

Mia madre continua a guidare, guida ormai da ore: -Siamo quasi arrivate.- Mi dice.

Faccio finta di non sentirla sono ancora arrabbiata con lei, non perché ci stiamo trasferendo di nuovo, a questo ormai sono abituata ma perché avrebbe dovuto dirmelo prima, non quando le cose erano ormai già fatte.

Chissà cosa penserà Naomi di me, non ho fatto in tempo nemmeno a salutarla. Le ho scritto un messaggio in cui le dicevo che la nostra amicizia è più forte di tutto, che supereremo anche questa, che poteva chiamarmi, ha visualizzato, non mi ha risposto ma non la biasimo anche io sarei arrabbiata, delusa, insomma la capisco. Chi non capisco è mia madre sembra non rendersi conto di quanto sia difficile per me ogni volta ricominciare da capo.

Ho vissuto in così tanti posti in diciassette anni della mia vita che ne ho perso il conto, mi sembra di aver sperimentato tante vite, troppe per una ragazzina.

In ogni posto in cui sono stata ho lasciato qualcosa di me e ho preso agli altri qualcosa di loro. Ho lasciato degli amici e ho tenuto stretti a me i loro ricordi, alcuni ho preferito cancellarli, non vorrei però che succedesse la stessa cosa con Naomi, lei non vorrei dimenticarla.

Cerco di non pensarci, sento un groppo in gola e le lacrime sul punto di bagnarmi le guance, inspiro e butto fuori l'aria, non voglio piangere.

Intuisco di essere quasi arrivate quando scorgo un agglomerato di case e quello che dovrebbe essere il nostro quartiere per i prossimi giorni, mesi, anni? Chissà.

La luce tenue di un lampione illumina una casa bianca in mattoni con un ampio giardino costellato di petunie e degli aceri che si innalzano alle estremità dell'abitazione.
Scendo dalla macchina e con gli occhi semichiusi mi trascino verso l'entrata.

Mi siedo sulle scale mentre aspetto mia madre che si appresta a raggiungermi con gli ultimi bagagli.

Quando si avvicina mi passa il mazzo di chiavi.

-Apri tu che io ho le mani impegnate.- Dice alludendo alle valigie ingombranti che ha trascinato fin lì.

Giro quella giusta nella serratura e spingo la porta verso l'interno.
Mi ritrovo di fronte a delle scale che conducono al piano di sopra, a sinistra un ampio soggiorno a cui do solo una rapida occhiata per poi infilarmi su per i gradini di corsa come se fossi stata inseguita da uno sciame di api.

Voglio evitare il dialogo con mia madre, so che cercherebbe di parlarmi e a me non va, sono troppo delusa e amareggiata. In questi momenti ho solo bisogno di chiudere il mondo fuori e rimanere sola con me stessa.

Cerco la mia stanza e individuo la porta con su scritto "Callie" a caratteri cubitali con lettere in legno.
Mi faccio strada con le valigie in mano e noto subito le pareti della stanza tinteggiate di rosa, una scrivania vuota è disposta accanto alla finestra dove l'ultimo spiraglio di luce si appresta ad imbrunire, un abat-jour a forma di fiore è poggiata sul comodino accanto al letto.

Mi ci sento subito a mio agio mentre il profumo delle rose sul davanzale della finestra mi avvolge in un abbraccio aromatico familiare.

Mi butto sul letto, tiro fuori dallo zaino il mio taccuino e inizio a tracciare linee che pian piano prendono la forma del volto di Naomi, mi si stringe il petto e una lacrima bagna il foglio. Non riesco a continuare, rotolo su me stessa e fisso il soffitto ripensando ai bei momenti passati assieme.

Naomi non era un'amica, era una sorella, la sorella che non ho mai avuto.
E ora da un giorno all'altro non ci divertiremo più durante i nostri pigiama party, non riderò più di lei quando si sporcherà il naso con il gelato al pistacchio, non mi si scalderà più il cuore tra le sue braccia accoglienti, quegli abbracci di Naomi che valevano più di mille parole, che erano il mio posto sicuro, la mia casa...casa.

Come Stelle Cadute dal Cielo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora