Punto.
Fay Adcock tirò un sospiro di sollievo: aveva appena finito di scrivere un articolo noiosissimo su chi avesse il miglior giardino della città.
E lei che pensava che avrebbe scritto di intrighi internazionali e misteri irrisolti, o che con i suoi reportage avrebbe svelato grandi verità nascoste. E invece eccola, seduta sulla sua sgangheratissima sedia davanti all'ancor più sgangherata scrivania del Nassau Daily Telegraph a parlare di fiori, stupidi gnomi da giardino e siepi dalle forme improbabili. D'altronde, questa era l'unica cosa che ci si potesse aspettare da Nassau. E no, non quella Nassau, immersa nel blu dei Caraibi, terra di contrabbandieri e grandi avventurieri. No, lei abitava nell'altra Nassau, la contea confinante con il Queens, quindi vicina a New York ma non abbastanza per potersi vantare di farne parte.
Se New York era piena di vita, di luci scintillanti e attività di ogni genere, Nassau era l'esatto opposto: completamente piatta, senza neanche un grattacielo, con cittadine che trovavano la loro massima realizzazione in stupide gare di quartiere. E lei, come se non bastasse, viveva nella zona nord orientale di Nassau, quella meno popolata, la più rurale e con ancor meno vita sociale e opportunità lavorative. Per questo Fay, per realizzare il suo sogno di diventare una giornalista affermata a livello mondiale, si era dovuta accontentare di un posto nella redazione del Nassau Daily Telegraph, che raggiungeva ogni giorno guidando per un'ora in mezzo alle stradine tortuose dei boschi che separavano casa sua dalla cittadina di Hempstead.
« Adcock, a che punto siamo con l'articolo? » La voce nasale di Mark Smith riempì la stanza e costrinse Fay ad alzare la testa dallo schermo del portatile su cui stava lavorando. Quanto lo detestava, soprattutto quando la chiamava per cognome - cioè, sempre.
« Ho appena finito l'ultima entusiasmante descrizione dello gnomo dal cappello blu della signora Suki. » rispose Fay senza curarsi di nascondere la sua mancanza di entusiasmo per l'incarico ricevuto. Ma poi, a chi interessava leggere quella roba? Solo uno come Mark Smith poteva assegnarle un articolo del genere, quando a due passi, nella vicina New York, c'erano storie molto più interessanti su cui indagare.
Come ad esempio quella del Sette Bello e dei suoi rampolli che riempivano le pagine dei rotocalchi un giorno sì e l'altro anche.
« Non usare questo tono sarcastico con me, signorina. » la riprese subito Smith « Ne hai ancora di gnomi di cui scrivere prima di poterti forse definire "giornalista". » e così dicendo mimò con le dita il gesto delle virgolette, a sottolineare quanto poco credesse in lei.
"Quanto vorrei spaccargli la faccia, a questo deficiente!" pensò Fay, ma ad alta voce disse soltanto « Sì, signor Smith. » con tono sommesso.
Mark Smith annuì con la sua solita aria soddisfatta e le disse che voleva l'articolo definitivo corretto e stampato poggiato sulla sua scrivania prima che se ne andasse, così Fay si rimise con il naso sulla tastiera a fare le ultime revisioni, odiando la sua vita più che mai.
Sulla strada del ritorno continuò a domandarsi per tutto il tragitto come avesse fatto la sua vita a diventare così monotona dopo solo diciotto anni di sogni distrutti: fin da quando aveva imparato a leggere e scrivere non aveva desiderato altro che lasciare Nassau per raccontare il mondo e le sue meraviglie, ed era sempre stata sicura che avrebbe iniziato a farlo una volta arrivata al college. Ma la vita le aveva riservato altri piani: sua madre era morta un anno prima, lasciando lei e le sue sorelle, Ness ed Eleanor, sole con il padre e in mezzo a un mare di debiti. Era lei, infatti, che aveva sempre portato i soldi a casa, responsabilità che dopo la sua morte era ricaduta su Fay. Lei non era la più grande, ma di sicuro era la più responsabile delle tre: Eleanor si guadagnava qualche dollaro facendo la manicure a domicilio, mentre Ness figurarsi se si sarebbe mai abbassata a fare qualche lavoro che non considerasse alla sua altezza, lei che si sentiva superiore persino a una regina. E loro padre... Fay non voleva neanche iniziare a pensare a tutto quello che non andava in suo padre, un uomo incapace di mantenere la sua famiglia, che aveva sperperato tutti i soldi, che sarebbero dovuto essere destinati a pagarle il college, in modi che a Fay non erano ancora del tutto chiari.
Senza neanche accorgersene era arrivata davanti casa, un edificio che aveva bisogno di più di un intervento di manutenzione. Fay sospirò afflitta mentre lo guardava, desiderando che fosse migliore ma ringraziando comunque di avere ancora un tetto sopra la testa, cosa che vista la loro attuale situazione economica non era proprio così scontata.
Aprì la porta e si trascinò dentro, stanca dopo un'intera giornata di lavoro, e per poco non finì faccia a terra quando urtò con il piede il cesto dei panni bagnati e lasciati a muffire nel bel mezzo del corridoio.
« Ness, Eleanor! » urlò rabbiosa, gettando con foga la borsa in un angolo e battendo il piede a terra. « Vi costava tanto stendere questi maledetti panni?! »
Nessuna risposta.
Almeno non quella che si aspettava.
« Fay, sei tornata? »
Ecco, ci mancava solo suo padre.
« Certo che sono tornata, ti sto parlando! » sbottò lei, sempre più esasperata. « Dove sei? »
« Corri, sono in salotto! » le rispose.
Ovviamente, dove altro poteva mai essere se non in quello che un tempo era il salotto e che ormai era diventato il suo studio personale, pericolosamente simile all'ufficio di un detective. Cosa che, chiaramente, lui non era.
Fay lo raggiunse e, come ogni volta che metteva piede in quella stanza, le venne voglia di scappare via urlando: come poteva un solo uomo produrre tanto disordine senza muovere un dito? I suoi occhi si posarono inevitabilmente sulle pile di documenti che decoravano malamente la stanza, sui fogli che ricoprivano il pavimento come un orribile tappeto di qualità scadente. E quella parete.... Quella povera parete! Non si vedeva più neanche un solo centimetro di muro, tanto era ricoperta di foto, ritagli di giornale, appunti incomprensibili, tutto collegato da fili dai colori più disparati e che si muovevano tra i vari documenti senza un apparente filo logico.
« Non ti sei mosso da qui neanche oggi, suppongo. » gli disse, come faceva ogni giorno.
« Ho scoperto delle cose importantissime, Fay! » le rispose lui con entusiasmo.
« Avresti potuto almeno stendere i panni o preparare la cena. »
« Non ho avuto tempo, Fay! » esclamò, gli occhi che brillavano di eccitazione febbrile. A guardarlo, Fay aveva quasi paura.
« Dove sono Ness ed Eleanor? » domandò, ignorando il suo entusiasmo.
« Cosa vuoi che ne sappia, ti dico che ho scoperto una cosa incredibile! Non mi chiedi di che si tratta? » Le sorrise. E lei, esasperata, si arrese; non aveva proprio voglia di lottare con lui anche quel giorno, dopo aver combattuto contro gli gnomi da giardino e Mark Smith.
« Okay, sentiamo: di cosa si tratta?»
« Sai quella piccola ricerca di cui mi sto occupando? Quella che riguarda il Sette Bello? » le rispose, il sorriso che si allargava sul suo viso. Fay sentì un brivido gelido correrle lungo la spina dorsale. No, sapeva già dove suo padre stesse per andare a parare e non voleva sentirselo dire. Tutto, ma non quello. Ma lui riuscì a sorprenderla comunque, e non in positivo.
« Hai voglia di passare un po' di tempo a Staten Island? » le domandò, con fare retorico « Perché sei appena stata assunta dalla famiglia Rollins. »
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La Fiera degli Inganni e delle Vanità
FanfictionLa Fiera degli Inganni e delle Vanità nasce come fanfiction della saga di ACOTAR scritta da Sarah J. Maas e al grido di "NIENTE È MAI TOO MUCH!". Partendo dalla base del primo romanzo, Una Corte di Rose e Spine, viene raccontata la storia di Fay Ad...