35. Nascondino 🌶

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Ciao a tutti!
Raccomando la lettura ad un pubblico maturo.
Dovete comprendere i piccioncini... sono giovani. Oddio... giovani più o meno. Va be', Dioniso ha il fuoco dentro.
(E io non sono di parte...)🤥


Il profumo che accompagna i nostri passi al tramonto si diffonde per le viuzze carico di aromi freschi. Il basilico dalla fragranza balsamica è lo sfondo che accomuna ogni angolo che voltiamo. Mano nella mano il mio dio mi guida fiero attraverso vie meno illuminate in direzione del nostro obiettivo: casa di Helena.

“Perché ce l’ha chiesto?” La mia curiosità si mette a nudo dopo pochi passi.

“Lo sai com’è Helena… ma tranquilla, facciamo presto.” Taglia corto Dion.  Mi stringe la mano passando il suo pollice per accarezzarla.

“Ma faremo tardi!” Mi lamento come una bimba.

“Cosa t’importa? Non ci corre dietro nessuno.” Sorride sornione mentre infila la chiave nel portone di casa di Helena e Alexis.

Il solito Dion. Il menefreghista. Il faccio-quello-che-mi-pare… il mio amore.
Sì, penso proprio che sia amore. Perché niente mi fa sfrigolare lo stomaco più del pensare a lui, mi crea brividi di piacere più del suo tocco delicato. O la sua presa salda, come quella sui miei fianchi l’altra notte, nella mia stanza. Non ho mai provato un desiderio così intenso. Il mio corpo voleva fare l’amore con lui, la mia mente voleva fare l’amore con lui, il mio cuore ha sempre voluto lui.
Sentire le sue mani accarezzarmi, il calore del suo sesso dentro di me e i movimenti secchi hanno reso quel momento indimenticabile. Le sensazioni sono ancora vive sulla mia pelle…

“Ehi, Aura?” I suoi occhi mi scrutano interrogativi vedendomi pensierosa.

“Ehm, si?” Lo guardo spaurita. Avrà notato quanto sono accaldata? Oh no, sarò in fiamme!

“Eri in viaggio…” Mi rimprovera stringendomi la mano, mi guarda di sottecchi.

“No, sono qui.” Affermo sicura.

Mi attrae verso il suo petto, chinando appena il capo verso di me, e sospira lievemente. “Il tuo colore camaleontico mi dice il contrario.” Si apre in un sorriso beffardo. “Tanto lo so a cosa pensi.” Mi denigra bonariamente.

Non ho il coraggio di negare l’evidenza e abbasso lo sguardo, mi becca sempre.

“Non ti nascondere… quello è il colore che preferisco. Se avessi sempre quella tonalità ti terrei tutto il tempo nuda, lo sai questo?” Se la ride di gusto lo stronzo.

Gli rispondo ammiccando, sto per prenderlo in giro quando lo spingo con le mani sul petto e un brivido mi attraversa la schiena. Lui non si muove di un millimetro ma dalla sua espressione capisco a cosa sta pensando: niente di pudico. Le mie gambe scattano come una molla nella sua direzione.
Le labbra incontrano le sue, così calde, un instante prima che il mio ventre si poggi sui suoi bermuda già gonfi. Mi assaggia la lingua poco alla volta spingendomi contro il muro. Mi stringe le mani che blocca ai lati dei fianchi, palmo contro palmo, le accarezza facendo accrescere il desiderio di sentire il contatto della nostra pelle.

Fa correre le dita sulle mie braccia, risalendo la parte interna che accoglie percezioni intense. I nostri respiri si fanno profondi, accennati dalla vicinanza che ci attrae sempre di più. Poggia le mani sul mio bacino, intenzionato a sfilarmi la maglia facendole scorrere delicatamente. Delle leggere scosse si propagano lungo tutta l’epidermide che sfiora.

Mi permette di fare la stessa cosa su di lui, rimanendo a torso nudo davanti a me e suscitandomi desideri tenuti celati con grande sforzo. Le fibre muscolari tese in vita delineano l’itinerario che scende verso il piacere, primeggiano definiti al di sopra del pube villoso, il quale si intravede dalla cinta dei pantaloncini come uno sfacciato. Dion riprende a baciarmi mentre lo stringo a me e continua lungo il collo succhiando piano, coprendo le clavicole di saliva. Mi afferra i glutei portandomi alla sua altezza e preme la mia schiena contro il muro. Le dita solleticano intorno all’elastico delle mutandine, che sento bagnarsi con il mio liquido caldo.

Gioca pericolosamente alternando movimenti col bacino, simulando la passione che arde fra di noi. I suoni rimangono esclusi dai nostri sensi finché entrambi sentiamo una chiave che fa scattare la serratura.

La voce di Alexis mi gela il sangue. Guardo Dion mezzo nudo, che non sembra essere a disagio quanto me. Senza mettermi giù si guarda intorno e io mi stringo al suo busto per non cadere mentre cerco di fargli capire a gesti e velate imprecazioni di lasciarmi scendere… ma ovviamente non lo fa. Lui preferisce aprire l’anta della piccola cabina armadio inondata di robe sparse ovunque. Si infila senza indugiare e si chiude la porticina dietro. Mi guarda finalmente e con un cenno del suo sopracciglio scostumato prova a rasserenarmi. Gli leggo il labiale: è tutto ok.

Ma no che non è tutto ok! Gli rispondo col mio labiale: mettimi giù! Corredato di doppio sopracciglio impazzito. Scuote il capo, sorridendo anche coi suoi occhi color cioccolato.
Ed ecco che la voce di Alexis si fa più vicina, seguita da quella di un ragazzo che mi sembra di conoscere già. Il respiro si fa più profondo, il cuore spreme il mio sangue con una forza tale da far vibrare le mie membra.
Dion mi posa il dito indice sulle labbra. Dopo qualche secondo di attesa le voci sembrano cambiare stanza e lui avvicina la bocca al mio orecchio.

“Dove eravamo rimasti?” Il respiro caldo, la sua voce suadente.

Stringo le mie gambe attorno a lui, strofinandomi in cerca di un contatto con la sua pelle. Qui dentro è così stretto che non riesco a muovermi, mi aggrappo con una mano al bastone dell’appendiabiti. Dion scosta di lato le grucce per farsi largo verso di me e nonostante la poca luce riesco ad accorgermi delle sue labbra schiuse ormai gonfie.
Dimentico di non essere sola in casa, dimentico di essere in un armadio, dimentico di essere Aura appena sento le sue mani sui glutei attirarmi a sé e la sua erezione premere.

Mi assaggia le guance muovendo impercettibilmente la sua lingua sulla pelle arrossata. Mi sfugge un gemito di piacere ed è il richiamo che Dion aspettava. Due dita si sollevano dalle mie cosce per spostare nuovamente l’elastico delle mutandine. Accarezza la vulva madida che freme sopra di esse e le introduce lentamente, mantiene un ritmo calmo, permettendo al mio succo di colare giù.
Quando le toglie via mi afferra entrambe le cosce saldamente.
Allontana il suo viso dal mio, mi osserva concentrato. Quando si insinua tra le piccole labbra comprendo: vuole avere tutta per sé la mia espressione di godimento mentre mi penetra e la ottiene. Mi solleva e mi preme sul suo ventre dopo avermi adagiata con le spalle al muro. I suoi movimenti incalzano e si intensificano, sono totalmente in balia dell’orgasmo che cresce senza pudore, senza freni.

“Non ti fermare.” Lo ammonisco tra l’affanno, stringendo le braccia al collo per non farlo andare via.

“Non ne ho alcuna intenzione.” Sorride, dandomi gli ultimi affondi così vigorosi da mandarmi in estasi e lasciarmi senza fiato.

Rimane così, poggiato a me, mentre riprendiamo lucidità entrambi. Gli passo la mano tra i capelli, un po' scossa, tirandoli appena per sollevargli la testa e guardarlo negli occhi, profondi. In quelle pupille cosi dilatate mi ci potrei perdere ancora. Lo bacio piano, assaporando con la lingua ogni millimetro della sua. Altre scosse di piacere mi arrivano in fondo quando mi mette giù.

Il silenzio della casa ci fa capire, ormai, di essere di nuovo soli. Ci rivestiamo lesti e mi prende la mano per uscire dalla cabina armadio con circospezione.
Mi tira appena per avvicinarsi al tavolo su cui è poggiata la pochette che ha richiesto Helena e me la porge senza indugi.

“Tienila tu, io non sarei credibile con questa in mano.” Sogghigna facendomi strada.

Agito la testa ridendo. I nostri passi lenti e incerti ci accompagnano in strada, coi palmi stretti e gli sguardi sognanti.
Cosa ho appena combinato?! Ho fatto l’amore nascosta in un armadio, potevano scoprirci! Un altro tassello si aggiunge ai tanti crimini alla mia buona creanza, che va a farsi benedire… Ma, dèi dell’Olimpo, sono così felice. È così, con questo animo, che iniziamo a correre fra le stradine tornando verso Helena.
Apriamo la porta della taverna ancora ebbri di gioia, come una valanga. Le nostre risate risuonano nel locale e sovrastano la musica di sottofondo. Helena ci studia con un sorrisetto impertinente da dietro il bancone finché Dion batte la mano sul piano lucido.

“È fatta! Abbiamo il bottino.” Sorride ammaliante.

“Lo avete ‘rubato’ da casa mia?” Ci guarda senza capire il senso di ciò che ha appena chiesto.

“Ehm, qualcosa del genere.” Diciamo in coro. Ci scambiamo un'occhiata furtiva, ma troppo eloquente.

“Ragazzi, cosa avete combinato? Non mi piacciono quegli sguardi.” La sua espressione sembra in continuo mutamento, seguendo un filo conduttore che la porta a ipotizzare scenari apocalittici.

Dion mi avvicina con una mano baciandomi, tenero, parte un suono fastidioso proveniente dalla direzione di Helena. Ci separiamo per guardarla ma scoppiamo a ridere: si è bloccata con l’asciugamano agganciato al bordo del bicchiere che sta asciugando, con gli occhi strabuzzati e le labbra spalancate.

Provo a chiederle con voce artificiosa cosa le stia succedendo quando il trillo dell’ingresso attrae l’attenzione di tutti. Non riesco a mettere a fuoco la coppia che sta arrivando, o forse sono i miei neuroni a dare di matto. Quei due che si stanno avvicinando... sono sul serio Alexis e il tipo di poco fa? Mi aggrappo al braccio del mio ragazzo con foga cercando il suo sguardo, che ovviamente non ha perso la sua imperturbabilità.

“Ciao ragazzi! Siete appena arrivati?” Ci chiede euforica la nostra amica. “Vi ricordate di Ilias?” Ci indica il ragazzo alla sua sinistra con occhi sognanti.

Ecco svelato il ragazzo misterioso con cui stava uscendo Alexis!

Dion si affretta a rispondere. “Oh sì, Ilias. Il ragazzo che stavo per prendere a calci nel culo l’altra sera alle dionisie sul lato ovest. Cosa cazzo ci fai con la mia amica? Ti tengo d’occhio!” Inarca un sopracciglio, terminando il suo monologo senza accennare ad alcun sorriso.

“Dion!” Parte il coro tutto al femminile in difesa del ragazzo che ci osserva un po' imbarazzato.

Helena è pronta a spostare subito l’attenzione su di lui per ripicca. “Lui, comunque, è appena arrivato… l’ho mandato con Aura a casa a prendermi la pochette che avevo scordato.”

“Davvero? Anche noi veniamo proprio ora da casa. Non vi abbiamo visti.” Osserva Alexis pensierosa.

In un guizzo improvviso tento di sviare. “Non credo, ci siamo andati prima…”

“Ma se vi ho mandati poco fa?!” Helena ci tiene a mettere dei maledetti puntini sulle “I”.

“Si, è vero. Vi abbiamo sentiti.” Non ci credo che il mio dio da strapazzo lo abbia detto davvero…

“Dion, adesso basta!” La mia voce esce quasi come uno squittio e tutti mi fissano stralunati. “Cioè… è tardi… dobbiamo andare…” Cerco di mettere qualche toppa al mio discorso incerto.

“Eh no, signorina. Quando ti conviene spifferi i fatti miei, in caso contrario li tieni gelosamente per te?” Quello sguardo furbo non promette nulla di buono, lo rende un dio pericoloso.

“Ma no, cosa dici?” Cresce l’agitazione nel mio petto. Mi guardo intorno per cercare un appiglio, a qualunque cosa, pur di evitare il discorso ‘armadio’. Gli altri ci fissano interessati.

Si avvicina al mio viso, Dion, con voce melliflua. “Cosa potremmo raccontare… vediamo.” Rimane pochissimi istanti assorto nei suoi pensieri, ma poi continua. “Dobbiamo ancora cominciare e tu hai già cambiato colore?” lo blocco all’istante con una mano sulle labbra, cercando di fare forza per bloccargli la mascella. Gliela incollo! Guardo le ragazze ridendo nervosamente. Tiro un respiro profondo, spaventata, quando sento qualcosa di caldo muoversi sul mio palmo. Gli occhi palesemente sorridenti di Dion mi fanno capire che sta facendo ciò che penso: mi sta leccando la mano.
Millenni sulla terra e lui rimarrà per sempre un bambino!
Ritraggo la mano e lo schiaffeggio, facendo liberare la sua risata. Mi afferra i polsi tenendoli bassi ai miei fianchi e mi sfiora dolcemente le labbra con le sue.

“Dai, forestiera. Vieni con me! Andiamo a procacciare un po' di cibo, prima che chiudano le cucine di tutta Arachova…” Lo seguo fuori lanciando occhiate di scuse ai presenti, senza dire una parola. Quando finalmente si volta a guardarmi di nuovo mi cinge le spalle stringendomi. “Che ne dici di tornare a casa delle ragazze?!”

“Che ne dici se ci torni con Federica?” Lo rimbecco con una cantilena.

“E chi sarebbe? La conosco? È sexy?” Mi interroga molto interessato, voltandosi. “Se poi avesse la tua pelle chiara….” Mugola senza ritegno.

“Oh, guarda, piuttosto coriacea. Ma credimi: ti conosce più di chiunque altro… da millenni! Credo che vi siate visti qualche volta… tu e Federica, la mano amica!” Ammicco candidamente nella sua direzione mentre continuo a camminare. Non posso dargliela vinta, questo è poco ma sicuro!

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