Capitolo 8

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Michael's pov

Un pensiero fisso.
Quella ragazzina era un fottuto pensiero fisso nella mia mente.
Non riuscivo a pensare ad altro se non al momento in cui le sue labbra morbide avevano toccato la mia guancia per lasciarci sopra un bacio leggero.

«Coglione, a cosa stai pensando mh?» sentii ridacchiare David che, per farmi tornare alla realtà, mi aveva delicatamente dato uno schiaffo sulla nuca sudata, provocando nella stanza un rumore che per le mie orecchie era osceno.
«Sta pensando alla migliore amica della sorellina. Non è vero Michael?» mi sbeffeggiò il fratello di David, Leo, ridacchiando anche lui.
«Non siete divertenti» dissi solo, spostandomi dal lato opposto della palestra.

A volte erano troppo impegnati a prendere in giro me, che dimenticavano la ragione per cui eravamo qui in palestra: allenarci.
«Si è offeso Michael, l'abbiamo zittito finalmente!» rise David, che venne seguito subito dal fratello.
Quelle parole non fecero altro che farmi ricordare quella ragazzina, al corpicino minuscolo che aveva, alle sue parole che mi aveva detto in macchina.
«Non ti sarai per caso offeso, Michael? O mio dio, sono riuscita ad offendere il piccolo Michael Anderson!» mi disse, facendo risuonare la sua risata nell'abitacolo della macchina.
Al pensiero di due sere fa, sorrisi come un ragazzino alla sua prima cotta.

Tornai all realtà quando sentii il mio coach battere le mani per avvisarci di tornare a casa poiché si era fatto tardi.
Mi sollevai da terra, alzando la maglietta che indossavo verso la mia fronte così da asciugare il sudore.
Ricevetti molte occhiate da ragazze che si allenavano nella mia stessa società di cui non sapevo nemmeno i loro nomi, e francamente poco mi importava.
«Anderson, continua così e potrai finalmente andare ai campionati italiani con il tuo tempo record!» mi informò il coach, entusiasta. Feci cenno con la testa troppo stanco per rispondere e mi diressi verso gli spogliatoi.
Feci una rapida doccia, indossai i vestiti puliti ed uscì dallo spogliatoio, stanco più che mai.
In questo momento avrei voluto solamente tornare a casa e dormire fino alla mattina successiva, se non fosse per la festa di compleanno di una cara amica di famiglia.
Avrei potuto non andarci, d'altronde sono grande abbastanza da non andarci e quindi non sorbirmi le loro fastidiose domande, ma non avrei detto mai di no al buon cibo di un ristorante di lusso.

Salii in macchina, guidando verso casa mentre risuonava alla radio "Sunflower" di Post Malone. Iniziai a canticchiarla, battendo la mano sul volante a tempo con i beat della canzone.
Una volta arrivato a casa, lasciai il mio borsone in veranda e andai al piano di sopra per avvisare mia sorella del mio ritorno.
Entrai nella sua stanza come sempre senza bussare ma con mia grande sorpresa era da sola.
«Ehi sono tornato, sorellina» dissi, girando lo sguardo su di lei distesa sul letto a leggere uno dei suoi libri d'amore.
«Per una volta nella tua vita Michael prova a bussare queste maledette porte!» urlò Nicole, chiudendo subito il libro.
Riuscì ad intravedere però una copertina blu con delle scritte argento.

«Ehi signorina, calma. Sono più grande di te, porta rispetto» la rimproverai scherzoso, lanciandole un cuscino contro.
Iniziammo così una lotta con i cuscini che terminò solo perché le suonò il cellulare, annunciando così l'arrivo di un messaggio.
«Chi è mh?» la guardai incuriosito, cercando di sbirciare dal suo cellulare.
Lei si portò il telefono al petto, così da non farmi vedere nulla.
«Nicole, chi è?» chiesi sospettoso sul chi possa essere.
Le alternative erano poche, Grace o probabilmente Leo.
«È Grace, perché ti importa tanto, mh?» mi domandò, con le braccia incrociate al petto.
«Non mi importa. Facevi così tanto la misteriosa, mi sono incuriosito» scrollai le spalle con sufficienza.
Come se non mi importasse di cosa stessero parlando pochi secondi fa.
«Ora trova qualcosa da mettere o arriveremo tardi alla festa» le dissi, uscendo poi dalla sua stanza con un pensiero fisso nella mente: scoprire di cosa stavano parlando.

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