37. Rivelazioni

21 5 11
                                    

Io sono in balia di un essere umano, mezzo Dio, con una forza non umana. È pur sempre un essere sovrannaturale. Le lacrime scorrono veloci, bagnandomi il collo.

Dion non arresta la sua ricerca affannosa di chissà cosa sulla mia pelle, la imporpora strofinando tenace la sua barba appena accennata. Lo spintono, cerco di allontanarlo. Ma riesco solo a moltiplicare i miei lividi. Le sue mani sono carri armati che sconquassano tutto ciò che trovano sul loro cammino. Mi guarda di sottecchi. Il suo viso è contornato da un ghigno che non gli ho visto mai indossare. Gli occhi sono rigati da piccole venuzze che avvampano sulla pupilla, lo rendono bestiale.

Chi è questo ragazzo? Cosa è diventato?

“Lasciami, Dion!” La confusione mi tiene soggiogata. I singhiozzi si fanno strada. Come può violarmi in maniera così meschina? Perché comportarsi come il peggiore tra i perfidi?

“Dioniso!” Urla Apollo, stringendo la mascella.

Il montanaro ha il primo vero fremito, da quando ha posato le mani su di me. Il fratello continua. “Cosa stai facendo? Allontanati da Aura!” Sembra l’unico a cui presta attenzione. Lo allontana di peso. Ora pare più lucido, lo ascolta, alza le mani sgomento. Dion mi libera.

Per la prima volta vedo la sua espressione impaurita. Si è appena destato da un incubo. Crolla a terra sulle ginocchia, stando attento a mantenere entrambe le mani sopra la testa, tormentato. Il suo riso maligno di poco fa si è trasformato in terrore, solo ora si sta rendendo conto di cosa stava accadendo. Con gli occhi sgranati e il respiro convulso fissa Apollo come fosse pazzo. Helena ed Alexis corrono verso di me, mi parlano, credo. Vedo le loro labbra muoversi, ma non riesco ad intendere nulla. Sono completamente fuori dal mio corpo, e non so come rientrarci. Non sono in grado di muovermi. Mi sento strattonare, camminiamo nelle viuzze per qualche minuto. Probabilmente sto tremando, le mani di Alexis mi sistemano una giacca sulle spalle. Tra un respiro affannato e l’altro provo a chiedere alle ragazze di fermarsi. Ho le gambe doloranti, come fossero due tavole di legno. Porto il mio corpo su un gradino sotto di me, mi concentro sul respiro. Sento il cuore rimbombare grave nel petto. La riccia mi accarezza la schiena, non mi lascia un secondo. Piano piano il fischio alle orecchie si attenua, comincio a percepire le loro voci, discutono.

“Non possiamo portarla nella sua stanza, sei pazza! Anche se rimanessimo con lei, dobbiamo proteggerla da Dion!”

“E credi che non trovandola nel suo letto non verrebbe dritto da noi?” Controbatte Helena. “Non sto dicendo di lasciarla sola. A questo punto portiamola in un luogo in cui non la scoverebbe .”

“È di Dion che stiamo parlando… La troverebbe ovunque. Soprattutto nello stato in cui è lui. Io lo avevo avvisato! Maledetto Dio cocciuto.” Si lamenta Alexis.

“Va bene, dai… Andiamo a casa nostra. Almeno siamo vicine. “Vieni.” Helena mi porge la sua mano, i suoi occhi sono dolci. “Ti sorreggiamo noi. Cerchiamo di arrivare presto a casa.”

Io mi lascio guidare dalle ragazze. Solo ora sto cominciando a tornare in me. E mi sento travolgere da profonde fitte di dolore. Salire le scale mi avvilisce ed è l’ultima cosa che riesco a fare. Quando mi accompagnano sul letto chiudo gli occhi bagnati ancora dalle lacrime ed entro in uno stato di totale abbandono.

Finché sento il profumo di caffè che mi culla dolcemente. Provo a stiracchiarmi ma lame affilate mi trafiggono ogni muscolo smosso da tremori. Il freddo mi assale. Il ricordo di Dion torna vivo. Apro gli occhi, con uno scatto mi siedo sul materasso come morsa sul cuore da un serpente avvelenato.

“Co-cosa è successo? Che ha fatto?” Balbetto.

“Ehi! Ci sei… Come ti senti? Vuoi un antidolorifico? Stanotte ti lamentavi, hai certi lividi!” Alexis è sempre dolce.

Nella mia natura Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora