Capitolo Quarantasei - Parte uno

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Quando i pensieri nella mia testa sono così tanti, non so neanche io come farli smettere e non so come fare a concentrarmi su uno soltanto per volta. La mia mente è un'autostrada di informazioni che si muove in ogni direzione, è caotica e forse ci sarebbe proprio bisogno di qualche semaforo rosso per fermare il tutto.

Io mi sono alzata praticamente all'alba ed Hamilton era ancora in camera sua a dormire. Passando la sua porta, che ha lasciato aperto, l'ho visto rannicchiato sotto le coperte.

Mi sono rilassata nel vederlo così sereno nel sonno profondo. Senza fare rumore sono scesa al pian terreno e mi sono seduta al tavolo della cucina con una tazza di latte e cereali davanti.

Sono così presa a fissare il vuoto che il rimescolio del cucchiaio nella tazza avrà trasformato tutti i cereali in poltiglia ormai. Infatti, è così che ritrovo i cereali quando ritorno nella realtà e punto lo sguardo sul contenuto della tazza.

I cereali ormai sono un tutt'uno sciolto con il latte che da bianco è passato al giallo. Il mio stomaco si rifiuta di mangiare questa roba quindi scanso la tazza di lato e guardo l'orologio. Sono le sei, Hammy sta ancora dormendo e io non so cosa fare perché non ho una macchina per muovermi e neanche un cellulare.

Potrei guardare la tv ma non c'è niente che vorrei vedere. Potrei stendermi sul divano ma mi farebbe solo innervosire il fatto di non riuscire ad addormentarmi. Potrei uscire fuori, farmi una passeggiata nell'immenso giardino di questa magione ma non ho voglia di camminare al freddo con solo il pigiama leggero addosso. Andare a bordo piscina e sedersi su una sdraio lo escludo per lo stesso motivo del giardino.

Potrei svegliare Hamilton, in fondo sono le sei, ma ripenso alla sensazione di calma che mi ha trasmesso quando l'ho visto dormire ed escludo anche questa opzione. L'unica cosa che mi rimane da fare è stare qua seduta al tavolo e continuare a contemplare il nulla, lasciando i miei pensieri vagare a ruota libera.

Se dovessi descriverli, non saprei nemmeno io dire cosa mi passa per la testa. È come un agglomerato di pensieri tutti chiusi insieme, aggrovigliati. Impossibile tirarne fuori uno di senso compiuto senza unirlo ad altri. Perché in questo momento, tra la stanchezza, lo stress e lo shock di ieri sera, tutto ciò che vorrei fare sarebbe spegnermi per qualche ora, e non riesco a fare nemmeno quello.

Il sole sale lentamente, riscaldandomi la schiena grazie alla grande finestra proprio alle mie spalle. Porto il gomito sul tavolo e poggio il mento sulla mano in una posizione non eccessivamente scomoda e attendo.

Attendo per non so quanto tempo che il ragazzo al piano di sopra si svegli. Rimango immobile fino a quando, finalmente, sento dei passi leggeri di piedi scalzi sulle scale di vetro.

Hamilton ha i capelli tutti arruffati, gli occhi gonfi. Indossa dei pantaloncini ed è senza maglietta. La luce diretta del sole gli mette in risalto, sulla pelle diafana, i muscoli definiti e asciutti. Un sorriso sbieco gli adorna il viso chiaramente assonnato.

"Fammi indovinare, non hai dormito..." la sua voce è arrochita e più profonda del solito. Cammina alle mie spalle e accende la macchinetta per farsi il caffè.

"Sono contenta che tu sia riuscito a dormire."

"Kat, non dormire non ti ha aiutato a risolvere nessun problema, anzi, te ne ha creati di altri."

Sbuffo, "Non è stata una scelta volontaria non dormire Ham. Non sono riuscita a chiudere occhio e appena ho visto dalla finestra il primo spiraglio di sole toccare il cielo qualsiasi parvenza di sonno ha abbandonato il mio corpo e mi sono alzata."

Fa una smorfia che mi trasmette tutta la sua disapprovazione ma la ignoro. "Fammi prendere il caffè poi chiamo gli Organizzatori."

"Li chiami? Pensavo li dovessi incontrare di persona," mi volto verso di lui e osservo ogni suo movimento mentre prende una tazza pulita, ci versa dentro il caffè quasi fino all'orlo, per riempirla completamente con un'aggiunta di latte, un bel cucchiaio di zucchero e se la porta alla bocca scuotendo la testa.

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