Dannatissimo Butler!
Stava diventando un piacevole ritornello inveire contro di lui, in qualche modo mi rimetteva in pace con me stessa, perciò decisi di abusarne senza ritegno, almeno nella mia testa.
«Piccola mia,» mi disse con la sua voce bassa e roca, «ero preoccupato, stai bene?»
Sospirai, sconsolata, come accidenti potevo avere a che fare con un uomo così? Questo, il nonno, non me lo aveva mai spiegato, maledizione. Scossi la testa e misi le mani sui fianchi nel vano tentativo di risultare vagamente intimidatoria, ma seppi di aver fallito ancor prima di iniziare. Nessuno dei miei atteggiamenti belligeranti aveva mai scalfito la sua sicurezza, soprattutto per quanto riguardava il... quel... qualcosa che ci legava.
«Lo sai in che dannato casino mi hai ficcata?» Di nuovo riuscii a risultare più lamentosa che piccata, il che mi fece vergognare immensamente e arrabbiare ancora di più. Odioso di un... Butler!
Il furfante si alzò, aveva le mani legate sul davanti perciò non poté usarle per far leva, ciò nonostante i suoi movimenti non tradirono nessun impaccio, in un attimo era davanti a me, col suo largo torace che spuntava dalla camicia aperta e i capelli troppo lunghi e arruffati che gli scendevano scuri sulle spalle. Mi feci coraggio e finalmente incontrai il suo sguardo che mi sovrastava di una buona spanna. Quegli occhi ferini sondarono il mio viso e in un attimo sentii la maschera di rabbia che stavo faticosamente tenendo addosso, scivolare via per fare posto alla paura e alla preoccupazione.
«Maledetto, Butler!» sibilai frustrata, lui si limitò ad alzare un sopracciglio mentre, per nulla impedito dalle corde che gli serravano i polsi, mi accarezzava la gota con un dito ruvido.
Ero stanca, davvero troppo stanca, chiusi gli occhi e sospirai. «L'ho detto ad alta voce vero?» domandai abbattuta poi tornai a osservarlo, determinata a tenerlo d'occhio ed egli annuì, senza neppure scomodarsi a trattenere il sorriso che gli illuminava gli occhi.
«Lo sai che mi tocca fare adesso, vero? Certo che lo sai!» sbottai, pestando i piedi come una ragazzina viziata.
Abbassò la testa un po' di più, per avvicinarsi ancora, per rosicchiare un altro po' la misera distanza che ci divideva, come se respirare la sua stessa aria non fosse abbastanza per i miei nervi sovraeccitati. Poi parlò e qualcosa nel suo tono fece a pezzi un altro strato della corazza che avevo dovuto indossare due giorni prima, quando legge e dovere erano diventati mattoni sulla mia schiena.
«Stavano per farti a pezzi, pensi che qualunque altra cosa avesse importanza per me?»
«I miei ordini erano chiari! Eri il mio secondo e hai ignorato un ordine diretto per fare di testa tua! Dovevi portare in salvo la Jericho, era quella la tua priorità!»
Butler mi infilò un indice sotto il mento per sollevarmi il viso e incontrare i miei occhi, per inchiodarmi col suo sguardo affilato: potevo anche smettere di nascondermi, non avrebbe funzionato.
Non aveva mai funzionato con lui.
«Sono un mare di cazzate, amor mio. Sei arrabbiata perché sei costretta a essere coerente con te stessa e darmi una punizione esemplare. Sei furiosa perché sai di dover punire tre membri del tuo equipaggio che, consapevolmente, si sono lanciati in tuo soccorso. Ti odi perché devi farlo e hai paura perché non vuoi che nessuno di noi soffra per averti salvata» dichiarò paziente.
In qualche modo mi aveva messo con le spalle al muro, con il suo corpo grande e caldo, che non mi lasciava scampo, tanto quanto le sue parole.
«Piantala di chiamarmi amore e... insomma, piantala, non c'è nessun... amore,» squittii. Sentivo le mie guance andare a fuoco e il sorriso condiscendente che mi rivolse le infiammò ancora di più.
Quella piega indisponente sulle labbra voleva dire che potevo oppormi quanto volevo ma nulla avrebbe negato i fatti. Presuntuoso e arrogante? Certo! Aveva ragione? Sì, dannazione!
«Sei un uomo orribile,» sussurrai un secondo prima che la sua bocca scendesse sulla mia.
Il suo sapore, che mi era mancato così tanto e il suo odore così familiare, inasprito dai giorni in gattabuia, sciolsero ogni possibile negazione. Affondai le dita tra i suoi capelli tirandomelo più vicino e annegai felice nelle sensazioni con cui così abilmente torturava il mio povero corpo di donna.
No, mi dissi distrattamente, non lo avrei slegato! Non era giusto, non sarebbe stato professionale, cercai di convincermi. Annaspai in cerca d'aria, in cerca di un minimo di lucidità: non era per questo che ero scesa lì sotto, anche se era esattamente il motivo principale per cui ero stata lontana fino a quel momento.
Dannato, dannatissimo Butler!
Feci scivolare le mani sul suo petto e lo respinsi provando metterci un po' di convinzione, lui grugnì un dissenso e aderì completamente al mio corpo spingendomi contro la parete, senza lasciarmi altra scelta che circondargli il collo con le braccia e cingergli con le gambe i fianchi snelli. Nessuna scelta eh? Certo, era davvero troppo... forte per me.
Insomma stavo per fargli qualcosa di molto brutto, considerai qualche momento di passione come l'ultimo desiderio di un condannato. Certo, e a forza di ripetermelo forse avrei finito per crederci.
«Così va meglio, amore» sospirò, «lascia che ti baci, ne ho così tanto bisogno, sono quasi morto di paura.»
Le sue parole si infransero sulle mie labbra e la sua lingua tornò a ingaggiare una danza seducente nella mia bocca. Avevo caldo e, in barba a qualsiasi considerazione precedente, desiderai con tutta me stessa che le sue mani fossero libere di correre sul mio corpo, di lenire la tensione, di sciogliere i nodi che lo stringevano.
«Rhys, ti prego, devi smetterla... devi...» balbettai, completamente incoerente mentre mi inarcavo e premevo contro la sua carne così dura.
Galleggiavo come in un sogno, ebbra, ero un conglomerato di desideri e pulsioni, ero fuori di me e non ero mai stata così dentro la mia pelle.
«Tutto quello che vuoi piccola, ti darò ogni cosa, amore,» ronfò a un millimetro dalla mia bocca.
Il mondo attorno a me girò e mi ritrovai schiacciata a terra, sul mucchio di coperte, con le gambe ancora stette attorno a lui e la bocca spalancata dal bacio più brutalmente appassionato che avessi mai sperimentato. Per un minuto pensai di stare sognando perché sentii le sue mani scivolare sui miei fianchi e stringermi le cosce mentre la frizione tra i nostri corpi cominciava a diventare insostenibile. Quando i bottoni del mio soprabito saltarono uno a uno seppi di essere sveglissima, quando la mia corazza si aprì magicamente non mi importava più un accidenti di nulla. Come poteva essersi slegato? Irrilevante.
L'unica cosa davvero importante erano le mani calde e ruvide che si stavano facendo largo tra gli strati di stoffa, che stavano liberando i miei seni dalle costrizioni del tessuto e la carezza rude che mi strappò un gemito appena prima che una bocca calda e vorace scendesse a lenire la tensione.
«Rhysier!» pregai, inarcandomi, così tesa che temetti di spezzarmi.
«Lo so piccola, lo so, fidati di me.» La sua lingua girò intorno alla cima poi le sue labbra risucchiarono il capezzolo levandomi tutto il fiato che avevo in corpo per riempirmi di bisogno. La sua mano si fece strada verso il basso, scomparendo finalmente nei miei pantaloni dove trovarono il grumo pulsante del mio desiderio.
«Oh, amore, piccola, va bene così?» mi sussurrò sulle labbra mentre le sue dita compivano magie e il mondo esplodeva in mille pezzi. Per un po' non sentii più nulla, solo il rombo assordante del mio respiro. Le sue braccia mi strinsero forte e udii distintamente il battere ritmico del suo cuore, avvertii la tensione palpabile nei suoi gesti e capii di essere ingorda, compresi che non sarebbe mai stato abbastanza. Desideravo che fosse dentro di me, lo volevo in quell'istante prezioso, prima che la realtà ci portasse dove era inevitabile.
Sciolsi il nodo delle sue braghe con gesti febbrili, i suoi occhi puntarono nei miei, erano scuri e densi come il tetto fitto di una foresta. Lo presi tra le mai e gemette, accarezzai la sua lunghezza mentre con l'altra mano mi abbassavo i pantaloni in un chiaro invito.
Non ebbi bisogno di insistere.
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La Rosa di Jericho
RomanceSolcare i cieli, sfidare le nuvole come le onde di un mare infinito. Non c'è nulla di meglio per lei. Nulla che possa valere quanto la libertà assoluta di guardare il mondo dalla sua aeronave. Il capitano crede solo nel cielo e nelle sue pistole: ne...