13.34. Ora di pranzo. Se n'è appena andato, è per questo che ho ritardato. Ero in piedi. E solo, ma sentivo lo stesso delle voci. Non sono chiare, non riesco a riconoscere. A volte strillano, altre volte si placano. Ora sento uno stridore. È soffocato dai sussurri che, mano mano, diventano urla. Urla di dolore, presumo, che molto probabilmente si sarebbero trasformate in gridi di gioia, se avessero visto ciò che mi si porgeva davanti. Di fatto, mamma è un'ottima osservatrice, e ci tiene a fare le cose per bene. A me però non entusiasmava la vista. Ho dimenticato gli occhiali nell'altra stanza. Vedo sfocato. Chiazze verdi si alternavano a chiazze grigie, ma il colore che più risalta è il rosso. Mi chino per controllare cosa rappresentasse, ma perdo l'equilibrio. D'un tratto mi sento come se mi stessi liberando, come se tutti i liquidi stessero uscendo dal mio corpo ed è, proprio qui, che mi sento vivo.
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Una tavola, un suicidio
Short StoryScrivere ci da la possibilità di aprire la mente e immaginare, in un certo contesto, una storia che più rappresenti il nostro modo di pensare. Che ognuno svaghi con la mente ed immagini la propria versione della storia che ho scritto di seguito!