Capitolo Trentadue

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Riuscii a prendere la chiamata all'ultimo squillo.

«Si, sto scendendo!» esclamai afferrando la borsa e subito dopo aprendo la porta. «Ho fatto tardi.»

«Non devi passarmi a prendere...» Arianna lasciò la frase a metà, sentii una voce maschile in sottofondo.

Premetti il tasto dell'ascensore e allontanai il cellulare dall'orecchio. «Si può sapere che stai combinando?»

«Vuoi stare zitto?» la sentii sbraitare. «Non dicevo a te, Cora» precisò. «Quel coglione di Lorenzo è venuto a prendermi e dice che non si schioda da qui finché non salgo in macchina con lui» mi comunicò con un'irritazione finta nella voce. «Ho cercato di spiegargli che questo atteggiamento da maschio Alpha non va più di moda, ma non vuole starmi a sentire.»

Sorrisi tra me. «Immagino quanto sei dispiaciuta» la provocai.

«Poi mi ha corrotta promettendomi un gelato» disse fingendo di non avermi sentita. «Sai che non posso resistere al gelato.»

«Certo, come potresti» risposi con sarcasmo mentre entravo in ascensore. «Ci vediamo al solito locale?»

La voce di Lorenzo arrivò prima di quella di Arianna. «Devi andare a prendere Nardin, ha la moto dal meccanico e la macchina ce l'hanno i suoi genitori.»

Stetti in silenzio qualche istante cercando di elaborare quell'informazione. Io e Damiano in macchina da soli.

Probabilmente non saremmo andati mai al locale.

«Prendetevela comoda» continuò malizioso Lorenzo. «Noi stiamo benissimo da soli.»

«Oh, smettila!» Arianna forse gli strappò il telefono dalle mani. «Ci vediamo al locale, ti do un'ora, rossa» rimarco il nomignolo con cui mi chiamava Damiano. «Poi ti vengo a cercare, non puoi lasciarmi tutta la sera con questo idiota.»

«Vedi che io sono proprio qui, accanto a te» sentii dire a Lorenzo.

«Lo so, altrimenti che piacere ci sarebbe?» ribatté acida la bionda.

«Quindi è un piacere avermi accanto?» la rimbeccò Lorenzo.

Arianna stava per rispondere, ma decisi di lasciarli soli. «Va bene, io vi lascio, ho un biondino da recuperare.»

Ci salutammo mentre uscivo dalla portineria nel fresco della notte.

Mi pentii subito di non essermi messa calze, il vestito nero che indossavo era troppo corto e il cappotto non bastava a ripararmi dal vento.

Entrai subito in macchina e prima di partire guardai il telefono, anche Damiano mi informava che dovessi prenderlo io e mi aveva mandato la posizione.

Misi il GPS e attaccai la musica dei miei amati Måneskin.

Arrivai dopo poco sotto casa di Damiano, ormai sapevo destreggiarmi abbastanza bene per le strade di Roma. Lui abitava in un quartiere un po' più periferico, ma che dava un'aria accogliente, con i palazzi uniti tra loro. Lo avvertii che ero arrivata e dopo cinque minuti lo sportello del passeggero si aprì.

Damiano si accomodò sul sedile. Il giubbotto aperto su una maglietta nera, i jeans che fasciavano le cosce possenti. Sfregò le mani piene di anelli tra loro e poi puntò il suo sguardo scuro e irriverente su di me. I soliti ciuffi biondi gli adombravano il viso, donandogli un'aria più misteriosa.

Le sue iridi percorsero tutto il mio corpo facendomi scaldare il sangue. Si soffermò sulle mie labbra e poi puntò il suo sguardo sul mio. Si avvicinò azzerando le distanze e inebriandomi con il suo profumo virile.

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