Capitolo 1

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Era mattina presto, ero sola con mia madre in casa, quella casa che dovevo lasciare adesso,quella casa in cui ho vissuto gli anni peggiori, ma anche quelli migliori della mia vita.
Una parte di me non era per niente contenta che mi sarei trasferita, ma una parte di me si.
Avevo passato tanti momenti brutti dentro quella casa, dentro la mia stanza buia e inquietante. Io me ne stavo li, sdraiata sul mio letto ascoltando i miei genitori litigare al piano di sotto,piangevo e quando tornavo giù fingevo semplicemente un sorriso.
La parte non contenta di me era quasi svanita del tutto ricordandomi quei momenti orribili.

Sentii mia madre chiamami al piano di sotto, era pronta la colazione.
Scesi giù e mangiai in fretta, subito dopo presi la valigia, salutai mia madre velocemente e me ne andai a gambe levate all'areoporto.
Era stato un viaggio di circa un quarto d'ora da casa mia all'aeroporto, ma ce l'avevo fatta, finalmente.
Ero scossa. L'idea di andare in una nuova università, senza conoscere nessuno, era abbastanza ansiosa e angosciante.
Le voci nella mia testa gridavano “non sei abbastanza! ” “questa scuola non é per te! ” “ti pentirai, sono tutti più bravi e intelligenti di te! ” e questo mi rendeva ancora più nervosa.
Mi dovetti sedere. Ero in ansia, le persone mi guardavano male, sembravo pazza.
Non volevo che tutti mi guardassero in quel modo, mi facevano sentire a disagio. Decisi di andare a cercare qualcuno che mi potesse aiutare a cercare il check-in.
Trovai un ragazzo che si avvicinò a me di scatto, come se sapesse già cosa volessi chiedergli. Era biondo, occhi verdi come il prato, una corporatura muscolosa e lineamenti del viso scolpiti come pietra.
«ciao» disse.
«ciao» risposi un po' a stento, sentendomi ancora più a disagio.
«hai bisogno di qualcosa?»
«in realtà si, se mi puoi dire dove si fa il check in e poi dove si deve andare per l'aereo per New York. » risposi, nervosa.
«vai anche tu all'università di psicologia?» rimasi in silenzio per un po', poi risposi. «si,vai anche tu?»
«si!» rispose con un sacco di energia, tanto da prestarmene un po'.
«come ti chiami? » disse timido
«mi chiamo Sofia Quinn, tu? »
«mi chiamo leonard» stessi un attimo immobile.Quel nome suonava familiare. lui notò il mio atteggiamento in quel momento.
«Sofia, tutto bene?»
«si, scusa sto bene» risposi con voce tremolante,non so perché quel nome mi abbia fatto questo effetto.
«se vuoi possiamo stare seduti accanto sull'aereo, che dici? »
non ci potevo credere, ma perché a me? Volevo solo andare a new York in pace. Ero una ragazza solitaria, a cui piaceva molto esserlo. Non mi piaceva per niente stare intorno a tante persone, sono sempre stata dell'idea che gli altri non mi avrebbero mai capita.
“non farlo, non ti fidare” le voci nella mia testa continuavano a negare,ma non le ascoltai.
«si, va bene» dopo una lunga attesa andammo sull'aereo e partimmo.

Ciao raga sto scrivendo questa storia, é la prima che scrivo quindi perfavore non insultate, spero vi piaccia. Un bacioo

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