Persi mio padre all'età di quattro anni a causa degli anarcotici, non potevo permettere di perdere un altro pilastro della mia vita. Dovevo lottare per farla rimanere accanto a me, avevo bisogno di di lei, delle sue dolcissime mani, per le carezze mattutine. Leggevo negli occhi la sua preoccupazione, nonostante lei mi ripetesse che sarebbe andato tutto bene.
Mi chinai per prendere il telefono e comporre il numero dell'ambulanza, ma per aggitazione questo mi cadeva dalle mani, come se il mio cervello non riusciva più a controllare ogni singolo movimento della mia mano. Mi dovetti ricomporre, lo dovvetti fare per lei, aveva bisogno di me. Ripresi respiro e il telefono da terra e composi il numero dell'ambulanza.
Mi rispose una donna, le spiegai molto confusa, a modo mio cosa era successo.
-" Calmati, rispiegami. Dimmi dove vi trovate? " mi chiese.
-"Sono a casa"le riposi.
-"Ho la mamma a terra, non mi risponde! " le spiegai in lacrime.
-"Non allontanarti da lei, noi stiamo arrivando".
Mi infondeva coraggio quella donna, oltre la cornetta del telefono. Mi avvicinai a mia madre, ricordo quanto strinsi a me, quante volte le ripetei di volerle bene, le chiesi se poteva raccontarmi la mia favola preferita.Lei ancora una volta non mi rispose, anzi sembrò non sentirmi proprio secondo me cercava di ricordare, perché vedevo il suo sguardo assente alla mia presenza. Qualcuno suonò alla porta, mi saltò il cuore fuori dal petto tanto era lo spavento che presi in quel istante.
Entrarono tre persone: una donna e due uomini, portavano uno zaino grande assomigliava a quello degli scout. La donna avanzò verso mia madre e le prese i battiti del cuore, controllo il respiro, gli mise qualcosa al dito, e il macchinario mostrava dei numeri.
-"Portate la barella" disse con voce preoccupante.
I due si mossero con una tale velocità che io non ebbi il tempo di varcare la soglia della porta, per verificare dove era l'ambulanza.La portarono dentro il furgoncino e li segui, non potendo rimanere sola a casa, ma anche se fosse non l'avrei lasciata andare senza di me. Mi diressi, e mi sedetti in un angolo dove potei affermare la mano della mia donna, quella che ogni volta che ce n'era bisogno lei afferrava la mia. Ma sta volta ero io che lo facevo. Arrivammo in ospedale in un batter d'occhio, c'era confusione, a me iniziarono a scendere calde goccioloni d'acqua salata dagli occhi, le lacrime non ero mai stata brava a nasconderlo o ad evitarle. La donna che fino a qualche secondo assistita mia madre, si inginocchiò e mi abbracciò, e mi disse: -" andrà tutto bene. Lei é forte ce la farà"
Mi sentì meglio a sentire quelle parole. Detti un bacio sulla guancia di mia madre, lei ricambiò con un sorriso, quel sorriso così spento ,ma che mi dava tanta serenità.Mi accompagnarono in una sala, ma a me sembrava un corridoio nel quale c'erano delle sedia sparse qua e là. Passarono attimi, o ore, non avevo nessun tipo di notizia, quella porta dove l'avevano portato non si apriva, ed io restavo immobilizzata nea sedia, come se qualcuno me lo imponesse di stare lì seduta nella stessa posizione.
Ma ecco che finalmente la porta si spalanca, un homo forse sulla quarantina, si avvicina a me. Si siede accanto e mi posa un braccio intorno al collo, sapevo cosa voleva dire,o per lo meno immaginavo.
Inizio:-"Sai non vedevo una donna così forte , come la tua mamma, da tanti anni, e preoccuparsi così"Io ebbi una reazione alquanto stara, scesi dalla sedia, e mi misi a correre per tutto il corridoio, mi fermai per aprire la porta e continuai a correre in una direzione sconosciuta a me.
" scusate se ci ho fatto aspettare tanto ,ma ho curato tutto nei minimi dettagli"
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Non ho che te
General Fictionuna bambina affronterà mille problemi con la sola. forza